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    "UN CONCERTO DEGLI STONES È UN VACCINO CONTRO LA MORTE. E PER VEDERE SE FUNZIONA BISOGNA PROVARLO"- ASSANTE SUL RITORNO DELLA BAND IN EUROPA PER LA PRIMA VOLTA SENZA CHARLIE WATTS - LA COSA PIÙ INTERESSANTE DELLA CELEBRAZIONE LIVE DI SESSANTA GLORIOSI ANNI DI CARRIERA È CHE AL FESTEGGIAMENTO NON CI SONO ARRIVATI DA SOLI, MA INSIEME ALLA MEGLIO GIOVENTÙ DELLA LORO EPOCA, CHE FORSE INTONA ANCORA "SATISFACTION" PERCHÉ CI CREDE. IL LORO SPETTACOLO E' UN CANTO ALLA VITA... - FOTO E VIDEO


     
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    Ernesto Assante per "la Repubblica"
     

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    Della band originale che salì sul palco del Marquee di Londra il 12 luglio del 1962 ne sono rimasti solo due, Mick Jagger e Keith Richards.
     
    Ma è bellissimo vedere proprio loro due, infinitamente più vecchi avendo ognuno di loro vissuto più vite di quante ne possa immaginare una persona normale, calcare l'enorme palco piazzato davanti a una delle curve del Wanda Metropolitano, lo stadio dell'Atletico Madrid, con i volti sorridenti e divertiti sui maxischermi, instancabili e arzilli, per aprire il nuovo tour della band, lo "Stone Sixty Tour", in cui celebrano il sessantesimo anniversario della loro incredibile vicenda artistica.
     

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    Loro due sempre insieme, amici, nemici, fratelli, in pista per riportare in Europa gli Stones per la prima volta senza Charlie Watts, scomparso nell'agosto dello scorso anno. Loro due circondati da un fratello acquisito, Ron Wood, e da tanti altri partner, per sostenere il loro circo rock' n'roll.
     
    L'inizio è tutto per Charlie Watts, con i tre schermi che mandano foto e filmati di tutte le epoche, sul ritmo inconfondibile della sua batteria. Partono a razzo, con Street Fighting Man e 19 Nervous Breakdown, Sad Sad Sad, Tumbling Dice. Jagger come sempre corre da una parte all'altra dei 55 metri del palco, e il pubblico gli va dietro, balla, dondola, canta, salta, urla come è giusto che sia.
     

     

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    Steve Jordan, il batterista che ha preso il posto di Watts, quando gli Stones hanno esordito aveva 5 anni. Di certo non era nato John Byron Jagger, oggi trentottenne, figlio del fratello di Mick, Chris Jagger, che si toglie lo sfizio di "giocare in casa" con la band blues rock di Javier Vargas, musicista madrileno con il quale collabora da qualche tempo, e aprire il concerto dello zio nel tripudio del pubblico.
     

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    Di certo non era nato almeno un terzo dei quasi 50 mila che affollano lo stadio, ragazzi che gli Stones li hanno scoperti nel nuovo millennio, quando Jagger e Richard erano morti e rinati almeno quattro o cinque volte. Giovani che non sembrano avere alcuna "sympathy for the devil", che del lato oscuro delle pietre rotolanti non ne hanno saputo granché se non qualche riga su Wikipedia, ma che amano la loro musica senza se e senza ma: fanno la fila per comprare magliette e sticker, si cuociono allegri sotto al sole aspettando di entrare, fianco a fianco con fratelli maggiori, zii, genitori, in alcuni casi anche nonni.
     

     

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    Perché la cosa più interessante della celebrazione live di sessanta gloriosi anni di carriera è che al festeggiamento non ci sono arrivati da soli, ma insieme alla meglio gioventù della loro epoca, che forse intona ancora Satisfaction perché ci crede.
     
    Ottantenni in fila? Sì, e non pochi quelli che avevano vent'anni nel '62 e ancora il rock' n'roll che scorre nelle vene. Si potrebbe sorridere dei rock' n'rollers della terza età che sono sugli spalti ma sarebbe un'errore: sono a Madrid, al primo concerto dell'ennesimo tour europeo degli Stones, perché non hanno mai mollato, perché quelle note suonate dalla chitarra di Richards negli anni Sessanta e in quelli successivi sono servite sempre per trovare la strada di casa e non smarrirsi.
     

     

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    Davvero si può essere "too old to rock' n'roll" come recitava una famosa canzone? A Madrid - ma sarà lo stesso anche nelle altre date, e a Milano, San Siro, il 21 di giugno - ci è sembrato di no, vedendo accanto a noi degli anziani, che non facevano finta di essere giovani, sfoggiare con orgoglio i capelli bianchi, certi di essere nel giusto, di aver fatto una scelta di campo: con gli Stones, non da un'altra parte.
     
    Lo stadio esulta e fibrilla, anche se i "glimmer twins" non hanno lo smalto dell'era che hanno contribuito a definire. Ma poco importa, perché né loro né il pubblico sono venuti a giocare con la nostalgia.
     

     

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    Piuttosto a ribadire che, per quello che si può in un momento storico come quello che attraversiamo, un concerto degli Stones è un vaccino contro la morte, una straordinaria affermazione di vita, l'antidoto contro il veleno. E per vedere se funziona bisogna provarlo.
     

     

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