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    UN FALLIMENTO SU 3 CONDANNA CHI HA COME CLIENTE LO STATO


     
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    Valentina Conte per "La Repubblica"

    CHIUSOCHIUSO


    Imprese fallite per crediti. Imprenditori suicidi. Altri disperati a caccia di prestiti per pagare il fisco. La crisi sta uccidendo le piccole e medie aziende italiane, fiaccando le grandi, mettendo a dura prova chi esporta e ancora resiste allo tsunami.

    Il calo del fatturato, la contrazione degli ordini, l'aumento vertiginoso delle tasse, ma anche il credit crunch, i rubinetti sempre più chiusi delle banche, hanno costretto al fallimento 52 mila e 539 imprese dall'inizio della crisi, nel disastroso quinquennio 2008-2012. Di queste 15 mila e 170, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, sono morte a causa di pagamenti
    mancati o ritardati. E dunque fallite per crediti, soprattutto dello Stato, lasciando senza posto 60 mila persone.

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    IL PARADOSSO
    La linfa del credito non scorre. La Pubblica amministrazione non onora le fatture. Il sistema inceppato ora rischia il collasso. Per Bankitalia lo Stato deve 91 miliardi alle aziende italiane per lavori eseguiti e mai remunerati, di cui 21 nel solo comparto delle costruzioni, ormai devastato dalla crisi. Secondo l'Ance i disoccupati del settore sono 550 mila con l'indotto.

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    Un conto già vecchio, questo dei crediti della P.a., perché fermo al 31 dicembre 2011, forse salito nel frattempo già a 100 miliardi. Se in Europa, calcola Intrum Justitia, un quarto delle imprese fallite chiude proprio a causa dei ritardi nei pagamenti, per l'Italia questa soglia era al 30% tra 2008 e 2010, salita al 31% nel biennio successivo. Quasi un terzo dunque delle aziende non sopravvive perché ha lavorato gratis. Un fallimento su tre condanna chi ha come cliente lo Stato. Un paradosso.

    I SUICIDI
    L'ultimo suicidio, due giorni fa a Lipari. Edoardo Bongiorno, 60 anni, figlio del partigiano che fece innamorare Edda Ciano, la figlia di Mussolini, si è sparato nel
    furgoncino con cui andava a prendere i clienti al traghetto per portarli al suo albergo, il celebre Hotel Oriente.

    MONTI GRILLIMONTI GRILLI

    Nel biglietto lasciato sul sedile parla dei debiti che lo hanno distrutto «fisicamente, moralmente psicologicamente». Nello stesso giorno altri due alberghi storici delle Eolie, Le Sables Noires e l'Eolian Hotel a Vulcano, annunciano la chiusura. Più a Nord, un altro imprenditore sessantenne ferrarese decide pure lui di farla finita: «Senza lavoro non c'è speranza, senza speranza non c'è voglia di vivere». Nel 2012 ben 89 imprenditori, sull'orlo del fallimento, schiacciati dai debiti, arresi, hanno scelto il suicidio. Quasi 8 al mese.

    GIORGIO SQUINZIGIORGIO SQUINZI

    I DISPERATI
    «Molti stanno perdendo il lume della ragione, lo sconforto e l'esasperazione li stanno spingendo a gesti sconsiderati », ammette Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre. «Moltissimi piccoli imprenditori stanno chiedendo soldi per pagare le tasse e i contributi, perché i committenti non li pagano o lo fanno con ritardi spaventosi. Una situazione che sta degenerando di settimana in settimana, spingendo verso il fallimento moltissime imprese, non per debiti ma per crediti».

    Sono gli «imprenditori disperati» di cui ieri ha parlato anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Allarmato per il ritardo con cui il governo Monti cerca di mettere una toppa alla falla dell'inevaso della Pubblica amministrazione. Gli imprenditori e le imprese muoiono, il Consiglio dei ministri salta e il decreto con i soldi non arriva.

     

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