Alberto Mattioli per “la Stampa”
BAGLIONI RAFFAELE BISIO
L'attuale Sanremo dà ragione all'antica saggezza popolare (milanese, in questo caso): offelee, fa el tò mestee. Invece all'Ariston tutti fanno tutto, tranne appunto il loro mestiere. Il Baglioni II sembra il Conti I, pieno di gente che non fa quel che sa, ammesso che qualcuno che sa qualcosa ci sia, e che fa quel che non sa, in nome di un eclettismo che è pericoloso in politica, ma nello spettacolo perfino di più. Anche in questo caso, uno non vale uno. Prendete il signore e padrone del Festival.
Claudio magno canta benissimo e tantissimo, sia le canzoni sue che quelle altrui, ma quando deve fare il bravo presentatore con tutte le relative stucchevoli liturgie sembra quasi annoiato (e figuriamoci noi dall' altra parte dello schermo). L'altro Claudio, Bisio, è bloccato nella sua comicità modello «Zelig», sottodimensionata rispetto alle esigenze del baraccone sanremese: una spalla cui manca il primattore.
baglioni bisio virginia raffaele
Perfino l'arcidivinissima Virginia Raffaele è fuori ruolo. Lei un Sanremone potrebbe tranquillamente farlo anche da sola, da quanto è brava, bella, versatile, elegante: sa fare tutto e fa tutto benissimo.
Il problema è che quando le serate sono inzeppate di canzoni viene vallettizzata nella lettura del gobbo, ecco a voi il brano di Tizio, canta Caio e dirige Sempronio. Quando invece lo spazio per fare qualcosa di divertente ci sarebbe stato, come giovedì (ieri c' erano da cantare ventiquattro duetti e non restava posto per altro) si è scontrata con testi che risulterebbero mosci per una recita scolastica (e qui, un appello a Macron: quando ci invaderà, mandi a Sant' Elena tutti gli autori tivù).
Ne risulta uno show pachidermico e moscio, con qualche sprazzo di divertimento annegato nella noia diffusa e poi spesso, chissà perché, con il meglio confinato in orari da insonni o da licantropi.
famiglia addams bisio raffaele baglioni
Di più. La forza e la debolezza del Sanremone, la ragione che ne fa allo stesso tempo una macchina da ascolti e l'oggetto di tutti i sarcasmi, è la sua ripetitività e ritualità, il suo risultare sempre uguale a se stesso, dunque magari sbadigliante ma rassicurante. L'assenza di sorprese lo rende prevedibile, però gli evita di deludere. E' come la messa: quella è e quella i fedeli si aspettano.
Mettere i chierichetti a fare la predica o il sagrestano a suonare l'organo magari può anche funzionare, ma è rischioso. Nessuno vuole tornare al bravo presentatore e alla valletta bionda e alla valletta bruna, anche perché poi allora toccherebbe riesumare pure Al Bano e Toto Cutugno, e davvero non ce la potremmo fare.
CLAUDIO BAGLIONI - CLAUDIO BISIO - VIRGINIA RAFFAELE A SANREMO 2019
Però è curioso che proprio un' edizione così identitaria del Festivalone, italiana al cento per cento, autarchico-sovranista, da vestali della patria canzonetta, si permetta di essere così eterodossa. Dunque i cantanti cantino, i presentatori presentino, i comici facciano ridere, il pubblico faccia il bell' applauso, le bellone si facciano guardare e così in saecula saeculorum (e i giornalisti? Non rompano le scatole con conflitti d' interesse e simili).