Paolo Conti per il “Corriere della Sera”
IL POMPEIANO TROVATO ALLA CASA DEL FABBRO
Pompei non finisce di stupire, lo dicono in tanti. E produce una novità che apre orizzonti ancora ignoti: per la prima volta è stato possibile leggere il Dna di una delle vittime dell'eruzione del 79 dopo Cristo. Fino ad oggi erano stati analizzati solo frammenti del Dna mitocondriale, cioè non contenuto nel nucleo delle cellule.
Stavolta è diverso e c'è anche un identikit del pompeiano ritrovato nella Casa del Fabbro: un uomo di 35-40 anni, soffriva di una malattia affine alla tubercolosi, quasi certamente di spondilite tubercolare, ovvero il morbo di Pott, e probabilmente era originario dell'Italia centrale.
CASA DEL FABBRO A POMPEI
Lo studio è frutto del lavoro di un gruppo intercontinentale coordinato da Gabriele Scorrano, giovane professore di genetica che insegna sia all'università di Copenaghen che a Roma Tor Vergata: con lui hanno collaborato Serena Viva, dell'Università del Salento a Lecce, ma anche la Irvine University della California e l'università Federale di Minas Gerais a Belo Horizonte in Brasile.
IL POMPEIANO TROVATO ALLA CASA DEL FABBRO
Il Dna, spiegato Scorrano, era molto degradato ma è stato possibile comunque estrarlo perché lo scheletro si trovava in un ambiente privo di ossigeno (che catalizza le reazioni) grazie alla cenere lavica. Ancora Scorrano: «Le informazioni genetiche non ci permettono di descrivere l'uomo fisicamente, ma le informazioni forniscono elementi scientifici utili a comprendere che in quell'epoca in Italia potrebbero esserci stati alti livelli di diversità genetica». L'Impero romano era per sua natura inclusivo e multietnico, e il Dna dello sconosciuto pompeiano malato di spondilite tubercolare lo confermerebbe.
IL POMPEIANO TROVATO ALLA CASA DEL FABBRO