Luigi Ferrarella per www.corriere.it
labrador
Il cane da perquisizione che scova impianti di intercettazione ancora non l’hanno addestrato, ma il «finanziere» a quattro zampe che fiuta le banconote sì, questo è già in forza alle Fiamme Gialle. E — a giudicare dalla piccola caverna di Ali Babà che ha trovato due settimane fa in provincia di Bergamo — ha davvero naso per i contanti e i dobloni: quasi 5 milioni di euro, per metà in fruscianti banconote e per l’altra metà in una montagna di monete di argento, decine di orologi di gran lusso e una manciata di valuta estera, tutto un tesoro scoperto dalla Procura di Milano dentro un caveau blindato con codice segreto di accesso, murato dentro la parete di un appartamento di due coniugi in provincia di Bergamo. Accanto appunto — sorpresa nella sorpresa — ad attrezzature per intercettare, ma anche a un sistema che al contrario serve invece a scoprire se si sia intercettati da un captatore informatico.
i soldi dell imprenditore roberto polese
Da mesi il «pool crisi d’impresa» coordinato dal pm Roberto Fontana con il Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano cerca di intervenire in anticipo, anche attraverso protocolli con Inps e Agenzie delle Entrate, sulle cooperative «farlocche» prima che falliscano lasciando solo macerie fumanti di debiti fiscali e contributi evasi. E in una di queste indagini, nella logistica alimentare del caffè, ecco che un giorno le intercettazioni captano un cenno a «borse» da «spostare».
Non essendoci indizi per pensare si tratti di droga, gli inquirenti immaginano sia contabilità in nero, e il 16 giugno ordinano la perquisizione della casa a Martinengo (Bergamo) di due coniugi indagati per ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistenti: Roberto Polese, 49 anni, ritenuto amministratore di fatto della Prime srl di Argelato (Bologna) e manager della Profal srl di Monza (con una sede anche a Milano in Foro Bonaparte), e sua moglie Lara Seghezzi.
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La perquisizione, fatta e rifatta dagli inquirenti, non trova però granché oltre a 64.000 euro tenuti in casa. Fin quando a «stracciare» invece i colleghi umani arriva dalle unità cinofile della Gdf un «cash-dog»: cioè uno di quei cani, per lo più labrador, allenati (sull’odore delle banconote man mano ritirate da Banca d’Italia) a fiutare appunto i contanti, e perciò in prevalenza assegnati a valichi di frontiera e aeroporti. L’inquisitore a quattro zampe comincia a scodinzolare in giro per casa, e poi di colpo si agita vicino a una parete di legno: dietro, la Gdf scopre così nel muro un caveau blindato, che si aprirebbe solo con un codice di accesso.
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E che, una volta forzato, svela — stando al decreto con il quale il 21 giugno la gip Sara Cipolla ha convalidato il sequestro preventivo operato dal pm Fontana — quattro valigette nere con 2 milioni e 585.000 euro in contanti, altri 740.000 euro in controvalore di monete d’argento, ulteriori 813.000 euro al valore asettico di listino di 40 orologi di lusso (appena il 5,6% — nota la Gdf — dei redditi lordi denunciati dalla coppia in un decennio).
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Ma anche quattro microfoni per intercettazioni ambientali, un sistema di localizzazione Gps, e un sistema per scoprire e neutralizzare intercettazioni condotte dai trojan, cioè dai captatori informatici inoculati come virus nei computer o nei telefoni cellulari. Un ben strano connubio, quei denari e questi apparati, il cui contesto la Procura e la Gdf ora puntano a chiarire.