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Uomini accovacciati intorno al fuoco, intenti a colpire la brace con un bastone. Scalzi e quasi interamente nudi, si girano pipe di tabacco. Il petto è ricoperto di tatuaggi. Le macchie di inchiostro simboleggiano trofei, il numero di teste umane sgozzate. E ogni decapitazione nemica viene festeggiata con un mese di feste e banchetti, a base di carne di cane.
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Questo quadro esotico non proviene da dove ci aspetteremmo, dalle montagne del nord delle Filippine, dove la tribù è nata. Tutto questo accade a Coney Island. E dall’altra parte di un alto recinto di bambù c’è una folla acclamante di americani, che con il miglior vestito della domenica strepita per accaparrarsi un posto. Siamo nel 1905 e gli “Igorrotes” vengono esposti al pubblico, nello zoo umano del Luna Park più antico del mondo.
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Il nuovo libro di Claire Prentice, “The lost tribe of Coney Island”, scopre la verità sul viaggio della tribù verso l’America. Una storia torbida fatta di rapimenti, crudeltà e sfruttamento.
Nel 1898 l’America aveva vinto il controllo delle Filippine, dove entrò in contatto con le tribù “selvagge” che abitavano le isole. Gli Igorrotes, con il loro acuto senso dell'umorismo, le attitudini nudiste, la caccia alle teste e l’alimentazione a base di carne canina, catturarono l'attenzione dei primi visitatori americani nelle Filippine.
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Nel 1904, il governo americano spese 1,5 milioni di dollari per farsi spedire milletrecento filippini da una dozzina di diverse tribù. La motivazione era politica: esibendo la “quasi bestia”, il “selvaggio”, il governo sperava di aumentare l’appoggio della popolazione alle politiche imperialiste. Così verso la fine del 1800 e l’inizio del 1900, gli zoo umani erano una forma molto popolare di intrattenimento in tutta l'America, il Regno Unito, l’Europa e ilGiappone.
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E gli Igorrotes furono tra quelli che attirarono le più grandi folle di tutti. Come mai non se ne parlò più? Fu forse un episodio troppo imbarazzate per gli americani? Non appena sbarcò in America, la tribù fu costretta ad abbandonare le proprie tradizioni e compromettersi per affascinare il pubblico, tra feste, riti e danze. Anche se c’era ben poco da festeggiare. Nel libro viene finalmente narrata la loro storia, dallo sbarco fino al successo. Alla fine resta un grande domanda priva di risposa. Chi erano i veri selvaggi