Gianluca Marziani per Dagospia
contemporary cluster cenciarelli furia 7
Roma città di politici, santi e peccatori. Capitale che giammai capitola, archeologia suturata che mescola case e chiese, dolcevita e malavita, carne rossa e anime nere. Roma città eterna che decade ma non cade, terra di conquiste ma solo per conquistatori a tempo, una suburra dello spirito per una gomorra del coattame più selvatico. Roma è lo spin-off ideale del Nuovo Testamento, un Vangelo di metallo urlante in cui l’anima hip hop dei Colle der Fomento grida al cielo la rabbia del pulp generazionale, dell’antagonismo mai allineato, della potente creatività dal basso, dell’arte come valvola di detonazione collettiva.
Gianluca Marziani
Roma riparte dai luoghi in cui venne ucciso Giulio Cesare, uno che qualcosa dell’indole romana l’aveva capita benissimo, uno che oggi trasformerebbe il caos municipale in un caso magistrale. Siamo davanti alla fossa maestosa presso Largo di Torre Argentina, da qui attraversate i binari del tram e varcate via dei Barbieri, fermandovi davanti alla porticina del civico 7. Vi ricordate quel mitico negozio di design – Spazio Sette - dove ogni romano de Roma è entrato almeno una volta, quantomeno per un regalo su qualche lista di nozze? Al suo posto è nato un luogo che celebra l’intelligenza delle connessioni. Il suo nome è Contemporary Cluster e il fondatore risponde al nome di Giacomo Guidi: uno che chiama sempre all-in nei suoi progetti, uno che spinge le fiches al centro col rischio rumoroso di sbagliare ma con la qualità armonica dei visionari volanti.
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Il nuovo viaggio curatoriale, intitolato FURIA, è un intreccio narrativo tra arte, moda, design, musica, gioielli e comunicazione editoriale. Per Guidi il diktat è avere un tema centrale che connetta diversi linguaggi, elaborando geografie installative in cui il luogo incarna una cosa che nei rioni piace un sacco, ovvero, mescolare alto e basso, sacro e profano, noto e ignoto. D’altronde, a Roma le diversità si parlano da sempre senza distanze, la paura del “diverso” è pura invenzione politica, qui tutti contano qualcosa per poi, alla fine dei conti, non contare un cazzo e rientrare nel formicaio del tempo che scorre. Il provincialismo non tocca l’anima profonda della Capitale, Roma è l’unica città in cui gatti e topi convivono a indebita distanza, archetipo anomalo che rende quasi impossibile l’allineamento ai regolamenti civici delle altri capitali europee.
contemporary cluster furia
FURIA come un grido nella notte, uno squarcio sulla pietra antica, una passione o la voglia di fare giustizia. FURIA come un sentimento che a Roma diventa solido, percorribile, ampiamente condiviso. FURIA come un progetto che traccia visioni, collega idee, allarga sguardi, interpreta il presente. Sui muri di Contemporary Cluster la furia fotografica si ingrandisce su carta blueback, vere affissioni da interni che ingigantiscono le immagini di VANGELO, titolo di un libro (edito da DRAGO, editore che merita un futuro focus del sottoscritto) a firma PAOLO CENCIARELLI. Il volume (stampato con qualità da medaglia d’oro) racconta Roma con un bianconero di puro acciaio, un setting fotografico che mescola i riflessi luccicanti delle lame con il nero pesto della notte lungo il fiume. Anni Novanta d.C. per una Roma di musicisti, skaters, nottambuli, pischelli da crew, tra tasso alcolemico sballato, facce sfatte, tag multiple, chitarre e armi, tatuaggi che mandano in amplesso il sacro col profano.
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Tutto è molto raw, clima rozzo e cattivo senza un minimo di sentore posticcio, le furbate fashion non riguardano l’anima animalesca di questa Roma dove tutti appaiono tra l’incazzato e l’ombroso, dove le teste somigliano ai busti romani dei musei Capitolini, dove il truce e il greve sono all’ordine del giorno e della notte, dove la pietra urla come un Munch dalla voce roca.
La senti l’aria densa che Cenciarelli ha respirato fino al catarro, senti la vita col countdown di tanti soggetti fotografati, senti l’adrenalina che pompa negli sguardi, nei corpi sfasciati, nei muri e sull’asfalto maciullato. Capisci che questa Roma, come direbbero in molti, è “robba che spacca”. Una Roma che secondo alcuni è ormai cambiata, una Roma che in realtà è sempre esistita e sempre pomperà la sua coattaggine sotto il rosso incendiario dei tramonti. Se tutto cambia affinché tutto resti come prima, qui tutto cambia molto lentamente affinché tutto resti come dopo. Roma, città dove i santi non diventano puttane ma dove le puttane, non solo per caso, diventano spesso le “sante” di una metropoli che partorisce continue rinascite.
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gloria, gianluca marziani e abbate
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