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    UN PAESE G7 PUO’ VEDER ZOMPARE TRE GOVERNI IN 5 ANNI? - COME DAGO-ANTICIPATO, MATTARELLA NON VUOLE LA CRISI, E, SE C'È ANCHE UNA SOLA POSSIBILITÀ DI TENERE DRAGHI A PALAZZO CHIGI, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CI PROVERÀ FINO ALLA FINE - MAGARI RIMANDANDO IL PREMIER IN AULA, PER VERIFICARE SE C'È ANCORA LA FIDUCIA (MAGARI MARTEDÌ 19 LUGLIO) - CON LA GUERRA IN UCRAINA, IL CAROVITA CHE STA IMPOVERENDO GLI ITALIANI, E GLI OBIETTIVI DEL PNRR ANCORA DA COMPLETARE, IL COLLE VUOLE STABILITÀ - EPPURE GIA’ CIRCOLA UNA DATA PER IL VOTO ANTICIPATO: IL 10 OTTOBRE…


     
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    Ilario Lombardo per “la Stampa”

     

    CONTE DRAGHI CONTE DRAGHI

    Al telefono con Giuseppe Conte, Mario Draghi ha spiegato quella che secondo lui è la migliore ragione per rimanere al governo: «Gli obiettivi che il M5S pone si possono raggiungere più facilmente restando dentro la maggioranza che andando fuori». Questa frase, adesso, il premier potrebbe doverla girare a se stesso.

     

    Perché quando a sera, poco dopo le 22, ascolta in streaming Conte confermare davanti all'assemblea degli eletti che oggi in Senato il M5S uscirà dall'Aula per non votare la fiducia al decreto Aiuti, il premier si trova catapultato di fronte a una scelta. È la scelta più difficile da quando è presidente del Consiglio e dovrà prenderla nelle prossime ore: restare al governo e con il governo cercare di raggiungere gli obiettivi in programma?

    GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI

     

    Oppure mollare, com' è tentato di fare, chiudersi forse per sempre la porta di Palazzo Chigi alle spalle, assumendosi il rischio di portare l'Italia al voto perché, come ha detto l'altro ieri, non si può governare «con gli ultimatum» e con chi «minaccia sfracelli»?

    Prima di prendere una decisione, però, Draghi sa che dovrà tenere in conto una variante che in momenti di incertezza come questo entra in gioco e diventa decisiva.

     

    GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

    Sergio Mattarella non vuole la crisi, e, se c'è anche una sola possibilità di andare avanti, il presidente della Repubblica farà di tutto per esplorarla fino alla fine. Magari, come ieri spiegavano dal Pd e come fino a 24 ore fa confermavano anche a Palazzo Chigi, rimandando il premier in Aula, per verificare se c'è ancora la fiducia, e se è vero, come ieri assicurava Conte, che il M5S è pronto a dare il via libera per dimostrare che realmente il voto di oggi è un voto contro un testo di legge e non contro l'esecutivo.

     

    mattarella draghi mattarella draghi

    In un momento come questo, con la guerra in Ucraina, il carovita che sta impoverendo gli italiani, e gli obiettivi del Pnrr ancora da completare, la strategia del Capo dello Stato punta a conservare la stabilità, a evitare la terza caduta di un governo in meno di cinque anni. Soprattutto se ci sono i numeri. E i numeri, dopo il voto di oggi, dimostreranno che la maggioranza esiste anche se ha bisogno di una verifica. Argomento che Mattarella potrebbe usare per appellarsi al pragmatismo di Draghi.

     

    mario draghi e sergio mattarella all altare della patria mario draghi e sergio mattarella all altare della patria

    Ieri tra i partiti di maggioranza circolava già il giorno più probabile: martedì 19 luglio. Sempre che davvero Draghi non passi al gran rifiuto. Le telefonate tra il Quirinale e Palazzo Chigi sono quotidiane. Sanno su al Colle quali sono le condizioni poste da Draghi, le hanno sentite, durante la conferenza stampa di martedì. E sanno che il premier potrebbe metterle sul tavolo di Mattarella quando salirà nel suo studio, come sembra scontato farà dopo il voto in Senato.

     

    Ieri, a sera, nelle stanze attigue a quella del presidente del Consiglio l'ottimismo era a terra. Le frasi prima del capo della Lega Matteo Salvini che ha dichiarato morta la maggioranza, uccisa dall'astensione del Movimento, e poi del segretario Pd Enrico Letta, hanno disarmato Draghi. A Conte era stata offerta un'alternativa. Se ne era fatto portavoce il vertice dem. Il M5S si sarebbe ufficialmente espresso a favore del decreto (contenente il contestato inceneritore di Roma), una parte dei senatori, anche piccola, sarebbe rimasta in Aula, gli altri avrebbero disertato. L'atto avrebbe avuto un altro valore politico agli occhi di Draghi, consapevole che c'è un precedente, perché lo scorso settembre la Lega si spaccò sul decreto Green Pass, e più di una quarantina di parlamentari, i più fedeli ala linea di Salvini, lasciarono i banchi di Montecitorio.

    conte draghi grillo 4 conte draghi grillo 4

     

    Conte, però, non aveva margini per arrivare a questo compromesso. Il dramma del leader pentastellato è diventato ancora più chiaro a Draghi durante la telefonata. L'avvocato gli ha illustrato la situazione in Parlamento, i senatori irriducibili che non avrebbero mai votato il provvedimento. Draghi gli ha ribadito la disponibilità sui nove punti del documento, sulle emergenze sociali da affrontare, dal salario minimo alle misure a difesa delle famiglie piegate dalla crisi dei prezzi.

     

    sergio mattarella mario draghi sergio mattarella mario draghi

    E lo ha rimandato a fine luglio, quando saranno riconvocati sindacati. Nel decreto Aiuti è prevista una norma sull'inceneritore che il M5S aveva chiesto di stralciare. Non è stato fatto, e alla Camera, al momento di votare il testo, i 5 Stelle hanno abbandonato l'Aula, ma solo dopo aver garantito la fiducia al governo tre giorni prima. Un voto disgiunto che al Senato i regolamenti non permettono.

     

    La mossa del M5S, dunque, era attesa, e nei giorni scorsi avevano ampiamente preparato il governo e il Quirinale a questo epilogo. Erano state anche preparate le possibili contromisure per evitare il collasso della maggioranza, lasciando a Conte la responsabilità di garantire lealtà al governo, anche in caso di una verifica e di una nuova fiducia. Eppure, ieri, qualcosa nei toni delle reazioni attorno a Draghi è sembrato cambiare.

     

    sergio mattarella e mario draghi sergio mattarella e mario draghi

    Si è cominciato a parlare esplicitamente di dimissioni, e qualcuno ha messo in guardia i leader sulle reali intenzioni del banchiere. Al punto che nell'impazzimento generale di voci dai partiti è spuntata persino una data, il 10 ottobre, in caso si andasse al voto anticipato.

     

    Si racconta di un premier che si è via via irrigidito, soprattutto alla luce del blitz Salvini. È proprio questo che intendeva due giorni fa Draghi davanti ai giornalisti, al termine del confronto con i sindacati: non vuole infilarsi in una tempesta di distinguo, su una nave che non è più in grado di controllare.

     

     

     

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