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    UN PAESE A MISURA D’ODIO – CARLO VERDELLI AUSPICA “UN VACCINO A COPERTURA TOTALE CONTRO L'ODIO. L'OMOFOBIA, UNA VOCE PER TUTTE, È UNA PAURA TRASFORMATA IN AGGRESSIONE. UNA FEROCE PAURA VERSO CHI È ALTRO: GAY, LESBO, TRANSGENDER, BISEX, DISABILE. ANDREA CAMILLERI AVEVA TROVATO UNA BUONA FORMULA PER DISARMARLA: NON BISOGNA MAI TEMERE L'ALTRO, PERCHÉ TU RISPETTO ALL'ALTRO SEI L'ALTRO''


     
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    Carlo Verdelli per il “Corriere della Sera”

     

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    Le metafore vanno tutte in direzione bellica. Guerra al virus. Battaglia sulle ripartenze. E mettiamoci pure la lotta nel fango per un diritto civile che renderebbe meno facile prendersela con chi ha l'unica colpa di non essere eterosessuale, e quindi non «normale», oppure disabile, e quindi «anormale».

     

    Questo principio è contenuto in un disegno di legge, che si chiama Zan dal cognome del suo relatore e che è rimasto impigliato nel passaggio di governo tra Conte e Draghi.

     

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    Sul suo contenuto si sta consumando una tensione sotterranea ma crescente nella maggioranza, un braccio di ferro sull'identità dell'esecutivo non così trascurabile. Non è un tempo di pace quello che stiamo faticosamente vivendo. I partiti stentano a resistere alle sirene elettorali, per quanto lontane, e non perdono occasione per marcare il territorio. Eppure è proprio in questa stagione delicatissima che si stabilirà come saremo tra qualche mese, nei prossimi anni. In gioco ci sono decisioni cruciali.

     

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    La più strategica riguarda i fondi attesi dall'Europa: a vantaggio di quale idea dell'Italia verranno ripartiti? Si punterà ad accorciare le distanze sociali, divaricate dalla pandemia, oppure si investirà di più sulle potenziali locomotive, sperando che trascinino il resto del treno?

     

    Due strade opposte, un bivio fatale per la politica, e per i cittadini. Che diritto hanno i diritti umani per infilarsi in una congiuntura tanto complessa? È l'argomento usato da Giorgia Meloni, leader del principale partito d'opposizione, quando dice che il Parlamento dovrebbe occuparsi di cose più importanti dell'omofobia.

     

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    Sulla stessa linea, anche se con altri argomenti, Matteo Salvini, leader del principale partito di maggioranza (per i sondaggi, non per i voti del 2018): «Ognuno è libero di amare chi vuole e chi aggredisce va punito con forza, come già prevede il codice penale. La legge Zan è solo una battaglia ideologica che rischia di limitare la libertà di parola e di pensiero».

     

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    Vero, e ci mancherebbe, che ognuno è libero di amare chi vuole, anche se rischia di fare la fine del cinquantenne picchiato ad Augusta perché gay, dei due ragazzi presi a schiaffi a Roma mentre si baciavano, della ventiduenne Malika di Castelfiorentino cacciata di casa quando ha confessato di essere lesbica («fai schifo, sei la rovina della famiglia»).

     

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    Meno vero che una norma contro l'intolleranza possa limitare qualsivoglia libertà. Il deputato Alessandro Zan è del Pd. Il neosegretario del partito Enrico Letta gli ha appena ribadito il pieno sostegno, garantito anche dai 5 Stelle e dalle forze che sostenevano il Conte bis, durante il quale la legge era già passata alla Camera il 4 novembre 2020.

     

    Da allora aspetta di approdare al Senato. Ma nel frattempo il governo è cambiato, con la Lega dentro è un'altra cosa, e il caso Zan ha le caratteristiche per diventare una simbolica e insidiosa pietra d'inciampo. In un Paese che ha saputo imboccare strade molto più divisive, per le singole coscienze e per il clima generale dell'epoca (divorzio 1970, aborto 1978), sembrerebbe scontato offrire maggiori protezioni a chi viene emarginato, vuoi per inclinazione o scelta sessuale vuoi per fragilità fisica e psicologica.

     

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    Paesi come la Francia ci sono arrivati nel 2004 (e governava la destra di Chirac), gli Stati Uniti nel 1974. Secondo uno studio di Vox, Osservatorio italiano sui diritti, le categorie più bersagliate dall'odio sono sei. Prima le donne (che meriterebbero un voluminoso corpo di tutele a parte); a seguire, ebrei e musulmani, migranti, omo e transessuali, disabili. Le minoranze religiose hanno lo scudo, almeno teorico, della legge Mancino del 1993; i migranti neanche quello, tolleranza sotto zero, per quelli che vengono dal mare come per i residenti senza l'onore della residenza.

     

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    Quanto alle tre ultime fasce, ad altissimo tasso di vulnerabilità, le garanzie di incolumità e di pari trattamento sono generiche e in sostanza assenti, quasi che la relazione tipo, maschio-femmina-eventuali figli (e tutti in salute), fosse l'unica opzione prevista, lecita e benedetta.

     

    Nella vita reale non è più così da decenni, ma per il legislatore lo è ancora, con le diversità relegate a storture da sopportare con fastidio, o meglio da correggere, invece di considerarle come differenze da accogliere e rispettare. Il lodo Zan, il disegno di legge rimasto sospeso a metà, prevede più o meno questo: riconoscere l'esistenza di queste differenze, prendere atto della loro condizione di maggiore fragilità, e applicare delle aggravanti a chi ne attenti alla dignità.

     

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    In aggiunta, consentirebbe un po' di educazione civica al rispetto, cominciando dalle scuole, rimettendo sulla via della tolleranza un Paese che al momento è al 35° posto in Europa per accettazione della vasta e variegata comunità non eterosessuale, cinque posizioni davanti alla Polonia di Duda, che ha appena vietato l'aborto, o all'Ungheria medievale di Orban.

     

    Il Rinascimento da tanti invocato, da ultimo proprio da Salvini («Stiamo lavorando a un'estate da boom economico, post bellica, l'inizio di un Rinascimento sociale e mentale»), non passa né da Budapest né da Varsavia. Ne siamo stati culla una volta. Peccato sarebbe lasciarlo sbocciare altrove. Del tunnel della pandemia si intravede la fine.

     

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    Che però non è domani. Siamo terz' ultimi in Europa per vaccinazioni ai settantenni (peggio di Grecia e Portogallo) e con una media di più di 3 mila morti a settimana (contro i 200 della Gran Bretagna). Ma il Paese preme, la parte più rumorosa ha deciso che basta così, la parte più responsabile è angosciata dal dopo che verrà.

     

    E il dopo, l'Italia da ricostruire quando il fantasma del Covid sarà davvero alle spalle, passa anche dall'applicazione concreta, e adeguata ai tempi, dell'articolo 3 della nostra Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali».

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    Un vaccino a copertura totale contro l'odio. L'omofobia, una voce per tutte, è una paura trasformata in aggressione. Una feroce paura verso chi è altro: gay, lesbo, transgender, bisex, disabile. Andrea Camilleri aveva trovato una buona formula per disarmarla: non bisogna mai temere l'altro, perché tu rispetto all'altro sei l'altro.

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