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    UN PASSO AVANTI E UNO CAPORALATO - È STATA ACCOLTA LA RICHIESTA DI REVOCARE IL COMMISSARIAMENTO DI UBER ITALY – L'AZIENDA DI FOOD DELIVERY HA MIGLIORATO LE CONDIZIONI DI LAVORO DEI RIDER. ORA VENGONO GARANTITI UN’ATTESTAZIONE DI IDONEITÀ DEI CICLOFATTORINI, CASCO DI SICUREZZA E LUCI PER LE BICI, GIACCA E PANTALONI ANTIPIOGGIA AD ALTA VISIBILITÀ, POLIZZA INTEGRATIVA CON MALATTIA, SPESE MEDICHE E UN COMPENSO DI MINIMO...


     
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    Luigi Ferrarella per www.corriere.it

     

    UBER EATS UBER EATS

    La Procura di Milano ha chiesto alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale la revoca del commissariamento di Uber Italy srl, disposto il 29 maggio 2020 nell’inchiesta sul caporalato (da 3 euro a consegna) dei ciclofattorini del cibo da asporto: nell’udienza di ieri, infatti, la relazione dei tre amministratori giudiziari ha dato atto che in questi 10 mesi «la collaborazione prestata da Uber è stata ragguardevole», e anzi ha guardato all’intervento del Tribunale presieduto da Fabio Roia «non come ad una compressione del diritto di impresa, ma come ad una preziosa opportunità di miglioramento della propria organizzazione» in chiave di «prevenzione della devianza imprenditoriale», raggiungendo «un nuovo equilibrio tra attività di impresa e presidi di controllo».

     

    rider di uber eats rider di uber eats

    E il Tribunale oggi ha già depositato la decisione con la quale accoglie la richiesta della Procura e dispone la revoca immediata dell’amministrazione giudiziaria di Uber. «Ritiene il Tribunale», scrivono i giudici Roia-Tallarida-Pontani, «che tale vicenda sia stata l’occasione, vissuta con grande collaborazione da parte delle istituzioni (Prefetto di Milano, Organizzazioni di categoria), dell’ufficio di amministrazione giudiziaria, dei difensori della società, per intervenire in un settore di mercato di grande sfruttamento e fragilità soggettiva al fine di tracciare una strada virtuosa dove logica del servizio, del rispetto di diritti fondamentali dei singoli e del necessario profitto d’impresa possano trovare una sintesi necessaria nel legame di legalità che caratterizza il normale vivere sociale».

     

    DANIEL IBRAHM - RIDER DI UBER EATS DANIEL IBRAHM - RIDER DI UBER EATS

    Il commento di Uber Italy: «La decisione odierna è il risultato di diversi mesi di duro lavoro nei quali ci siamo impegnati per fornire ai corrieri un ambiente di lavoro sicuro, gratificante e flessibile. La relazione dell’Amministratore Giudiziario ha confermato gli ottimi risultati ottenuti e che abbiamo lavorato nella giusta direzione. Continueremo a collaborare con le autorità per far sì che Uber sia sempre un passo avanti in termini di conformità ai più elevati standard nel settore del food delivery in Italia».

     

    rider uber eats 1 rider uber eats 1

    Sembra dunque aver funzionato il bagno di legalità, imposto un anno fa dall’inchiesta del pm Paolo Storari sulla «sopraffazione retributiva e trattamentale» dei rider alla quale «Uber, almeno in alcuni dipendenti/manager», per il pm «non era certo estranea quantomeno sotto un profilo di omesso controllo o grave deficienza organizzativa».

     

    L’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale, Cesare Meroni, segnala che Uber si è dotata di un modello organizzativo «valido ed efficace», ha ora controlli «in grado di intercettare progressivamente focolai di illegalità», ha vietato il ricorso a subappaltatori (come le coop alla base dell’indagine), e ha eseguito tutte le prescrizioni impartitele.

     

    rider uber eats rider uber eats

    Nel percorso seguito dagli avvocati Francesco Sbisà e Nicola Motta, Alessandro Musella e Oliviero Formenti, Uber introduce ad esempio un’attestazione di idoneità del rider, fornisce casco di sicurezza e luci per bici, giacca e pantaloni antipioggia ad alta visibilità, in una polizza integrativa con Axa include (in aggiunta alla copertura Inail) malattia, spese mediche e ricoveri per infortuni; quanto ai compensi, un «minimo di 10 euro lordi» (soglia nazionale) più integrazioni sulle «condizioni avverse».

     

    «È evidente — conclude il commissario — il notevole sforzo economico e culturale compiuto da Uber per posizionarsi a impresa ad alto grado di connotazione etica».

     

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    La richiesta della Procura — revocare il commissariamento di Uber visto che si è messa in regola — può apparire schizofrenica a distanza di 6 giorni dalla comunicazione della Procura dell’attività amministrativa (coordinata dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Maura Ripamonti) di carabinieri Tutela lavoro, Ats, polizia locale, Inps e Ispettorato del lavoro nei confronti di Just Eat, Glovo-Foodinho, Uber Eats e Deliveroo, a partire dallo status lavorativo di un campione di 1.000 lavoratori «intervistati» per strada il 29 maggio 2020.

     

    just eat deliveroo uber eats just eat deliveroo uber eats

    «Diciamo al datore di lavoro di applicare per quel tipo di mansione dei 60.000 riders i contratti adeguati, e quindi ci devono essere quelle assunzioni», aveva annunciato mercoledì scorso il procuratore Francesco Greco, con espressione per la verità corrispondente ai verbali amministrativi (senza dirette efficacia esecutiva e sanzioni) con i quali Inps e Ispettorato del lavoro imponevano alle aziende la riqualificazione (ai fini dei contributi previdenziali e assicurativi) della posizione lavorativa dei ciclofattorini nel primo comma dell’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015: e cioè nella «prestazione organizzata dal committente» già additata dalla Cassazione nella sentenza 1663 del 2020 (non «prestazione di tipo coordinato e continuativo», come imprecisamente indicato nel comunicato della Procura).

     

    Rider DI Just eat Rider DI Just eat

    Questa attività di grande impatto sociale — certo idonea a rafforzare la posizione di quei rider che in futuro decidessero di avviare specifiche cause di lavoro, e oltretutto combinata a 773 milioni di sanzioni inflitte invece entro 90 giorni per le passate violazioni di norme penali su salute e sicurezza sul lavoro — ha riguardato ciclofattorini impegnati dalle quattro compagnie (tra cui Uber) dal gennaio 2017 all’ottobre 2020.

     

    una manifestazione di rider una manifestazione di rider

    Uber, però, dal 29 maggio 2020 era stata commissariata appunto a seguito dell’altra e precedente inchiesta sul caporalato, sicché ieri si è intuito che la «fotografia» diramata mercoledì scorso fondasse prescrizioni alle quali in realtà Uber nella procedura conclusasi ieri si era intanto già adeguata nei mesi scorsi.

     

    protesta dei rider protesta dei rider

    E ieri l’amministratore giudiziario ha motivato la revoca del commissariamento anche per «evitare fraintendimenti» attorno alla «permanenza della misura spesso distorta dagli organi di stampa e, di riflesso, da alcuni clienti che hanno interrotto le attività negoziali con Uber nell’erroneo presupposto che la misura ne avesse acclarato l’insolvenza o la commissione di illeciti penali incompatibili con la prosecuzione di ogni scambio commerciale».

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