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    UN PECHINO DI RITORSIONI – XI JINPING È PRONTO A SOSPENDERE LA VENDITA AGLI STATI UNITI DI 17 MINERALI, INDISPENSABILI PER LA FABBRICAZIONE DEGLI ARMAMENTI PIÙ SOFISTICATI, DEI QUALI LA CINA HA IL MONOPOLIO – UNA RAPPRESAGLIA ARRIVATA DOPO L’ANNUNCIO DI WASHINGTON DI UNA FORNITURA DA 620 MILIONI DI DOLLARI DI MISSILI PATRIOT A TAIWAN – E ADESSO TRUMP VALUTA DI VIETARE L’INGRESSO NEGLI STATES A 92 MILIONI DI COMUNISTI…


     
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    Michelangelo Cocco per "Il Messaggero"

     

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    Pechino è pronta a sospendere la vendita agli Stati Uniti di terre rare, 17 minerali - indispensabili nella fabbricazione degli armamenti più sofisticati - dei quali la Cina possiede il monopolio.

     

    Dopo che, la settimana scorsa, Washington aveva annunciato una fornitura da 620 milioni di dollari di missili Patriot a Taiwan, il governo guidato da Xi Jinping aveva minacciato un'imprecisata rappresaglia contro Lockheed Martin, il simbolo di quello che l'ex presidente Eisenhower definì il «complesso militare-industriale» della superpotenza americana.

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    Ieri è stato il Global Times a illustrare la ritorsione cinese, che potrebbe far salire alle stelle la tensione tra le due potenze nucleari, già altissima dopo la convocazione dell'ambasciatore Usa a Pechino, per protestare contro i provvedimenti dell'amministrazione Trump su Hong Kong, che Xi e compagni giudicano «interferenze negli affari interni della Cina».

     

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    Il giornale governativo ha ricordato che all'interno dei confini della Repubblica popolare viene estratto circa il 70% e lavorato oltre il 95% di questi preziosissimi minerali impiegati nell'hi-tech, dagli smartphone ai missili. Anche i caccia F-35 hanno componenti per i quali sono indispensabili le terre rare, che gli Stati Uniti importano attraverso intermediari per l'80% dalla Cina. Impegnata in un braccio di ferro commerciale-tecnologico e politico sempre più duro con gli Stati Uniti, la Cina di Xi Jinping sfoggia i muscoli.

     

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     LA RISPOSTA Ma da Washington non stanno a guardare, in un crescendo di sanzioni e rappresaglie che si intreccia con la campagna elettorale per le presidenziali Usa del 3 novembre prossimo. Secondo il New York Times l'Amministrazione Trump sta valutando di vietare l'ingresso negli Stati Uniti a tutti gli iscritti al Partito comunista cinese: circa 92 milioni di persone.

     

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    Un'indiscrezione che ieri il ministero degli Esteri di Pechino ha bollato come «patetica». «Se è vero, è completamente patetico ha dichiarato la portavoce Hua Chunying - In quanto stato sovrano e indipendente, la Cina deve rispondere a queste manifestazioni di bullismo».

     

    Una mossa come quella rivelata dal New York Times susciterebbe una reazione uguale e contraria da parte di Pechino, che potrebbe colpire decine di migliaia di americani che ogni anno visitano la Cina per studio o lavoro.

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