Laura Tedesco per www.corrieredelveneto.corriere.it
PRETE GENITORE
Ha 4 anni e il suo papà biologico è un uomo di Chiesa: lui è un parroco e non nega di averla messa al mondo, tuttavia si rifiuta di riconoscerla, limitandosi a corrispondere alla madre della piccola un contributo mensile per le spese materiali. Alla donna però non basta: da lui, vorrebbe di più. Soprattutto, vorrebbe un «padre vero» per la «loro» bambina.
La denuncia
Così, dopo che anche l’esame del Dna ha confermato al 100% che il padre della bimba è proprio il sacerdote, non solo gli ha fatto causa civilmente (contenzioso, questo, tuttora aperto davanti al Tribunale di Verona) ma lo ha anche denunciato recandosi alla caserma dei carabinieri a sporgere querela contro il parroco-amante.
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Giovedì mattina, a palazzo di giustizia, è andato in scena l’epilogo della vicenda penale, con il proscioglimento del prete indagato per «violazione degli obblighi di assistenza familiare».
Cade dunque nei confronti del sacerdote l’accusa di aver violato l’articolo 570 del codice penale: «Non si rinvengono profili di rilevanza penale nel fatto denunciato», ha sancito la giudice per le indagini preliminari Paola Vacca, accogliendo la richiesta di archiviazione formulata al termine dell’inchiesta dalla pm Valeria Ardito.
PRETE
La vicenda
Quella finita 24 ore fa in tribunale è una storia partita nel 2015, quando un parroco veronese ora 45enne ha avviato una relazione sentimentale e sessuale con una 43enne di origini tedesche residente nel Gardesano. Da quel loro inconfessabile legame segreto, nel 2017, è venuta al mondo una bimba di cui il sacerdote, all’epoca guida spirituale di una comunità nell’Ovest Veronese, non ha mai negato di essere il padre biologico.
Alla nascita, però, la piccola è stata riconosciuta dalla sola madre, con cui è cresciuta e tuttora vive: secondo la donna, il prete-papà le avrebbe a suo tempo promesso di voler fare il genitore, le avrebbe espresso il desiderio di diventare padre, le avrebbe detto che avrebbero cresciuto «insieme» la nascitura.
PRETE SESSO
Lei sostiene di poter documentare tutto ciò, di possedere chat e messaggi che lo confermerebbero. Invece, nei fatti, una volta venuta al mondo la bimba, a detta della madre il sacerdote-padre si sarebbe rifiutato sin dalla nascita sia di svolgere le funzioni genitoriali sia di riconoscere il proprio status di padre, «abbandonandole entrambe dopo 5 settimane dal parto».
La condizione clericale
Davanti al Tribunale scaligero per il riconoscimento della potestà genitoriale, il prete nel 2020 ha ammesso di essere il padre biologico aggiungendo però di non poter «fare il papà» a causa della condizione clericale.
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Infatti, nel 2017, il religioso ha fatto presente alla Chiesa la situazione e «confessato» l’accaduto ma, dopo aver effettuato «un percorso di presa di coscienza ed autoesame», è stato autorizzato a continuare il suo ministero.
È stato trasferito dalla parrocchia che guidava nel Veronese, e ora esercita il sacerdozio in Friuli. Secondo il gip, dal momento che il prete ha deciso di continuare il ministero di sacerdote cattolico ed è stato autorizzato dalla commissione clericale, non può essere forzato ad avere un atteggiamento paterno.
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Del resto, ai preti non è consentito avere una famiglia e quindi essere fisicamente presenti come «padri di prole». Per la magistratura, le uniche pretese che la donna può avanzare nei confronti del religioso sono di natura materiale, come quella degli alimenti, laddove quanto il sacerdote già versa non fosse ritenuto congruo.
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Non può essere obbligato a instaurare una relazione ex novo con la figlia naturale: è invece tenuto a dare il suo contributo nel caso in cui alla figlia servisse una donazione di sangue o di un organo se lui fosse compatibile. Inoltre, se il contributo che lui già versa non fosse abbastanza, l'importo può essere aumentato d’autorità dal Tribunale. Penalmente, però, non ha colpe.