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    E COSÌ SIA(E) – UN TERZO DEL PATRIMONIO DELL’ENTE DEI DIRITTI D’AUTORE È OGGETTO DI UNA CONTESA, CON CONTORNO DI SEGNALAZIONI ALL’ANTIRICICLAGGIO, ALLA PROCURA DI ROMA E ALLE AUTORITÀ DI CONTROLLO. SI TRATTA DI UN INVESTIMENTO DI 472 MILIONI BLOCCATO DA MESI IN LUSSEMBURGO – LA SMENTITA: "NESSUN FONDO È BLOCCATO IN LUSSEMBURGO. PURTROPPO, È VERO CHE BANCA PROFILO AVEVA INCOMPRENSIBILMENTE EFFETTUATO OPERAZIONI GRAVEMENTE ERRATE CHE SIAE HA DOVUTO CONTESTARE"


     
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    LA SMENTITA DI SIAE

     

    Con riguardo all’articolo apparso su La Stampa “Guerra tra fondi sul tesoro della Siae bloccati in Lussemburgo 470 milioni” è doveroso precisare come lo stesso sia destituito di fondamento. Nessun fondo è bloccato in Lussemburgo e l’operazione di fusione deliberata da SIAE è stata perfettamente approvata dalla CSSF.

     

    Purtroppo, è vero che Banca Profilo aveva incomprensibilmente effettuato operazioni gravemente errate (censurate anche da Credit Suisse e Valeur) che SIAE ha dovuto contestare. Si tratta però di questioni ormai superate per effetto della già richiamata operazione di fusione. Nessun contrasto invece con Valeur con la quale si è trovato un accordo soddisfacente per tutte le parti (evidentemente non noto all’articolista che ben avrebbe potuto chiedere a SIAE) e che appunto è sfociato nella già richiamata fusione.

     

    Gianluca Paolucci per “La Stampa”

     

    SIAE SIAE

    Un investimento di 472 milioni bloccato da mesi in Lussemburgo. Con contorno di segnalazioni all'Uif - l'antiriciclaggio di Bankitalia -, alla procura di Roma, alle autorità di controllo. E scambi di accuse tra i vari attori coinvolti. Oggetto della contesa, una fetta consistente del patrimonio di Siae, ovvero l'ente che incassa i diritti d'autore e li distribuisce tra gli artisti associati.

     

     

    Soldi che in tempi di pandemia, tra l'altro, assicurano introiti agli artisti altrimenti fermi. Il problema è che dopo mesi di richieste e scambi di carte sempre più infuocate tra le varie parti coinvolte la situazione si è complicata sempre di più e i soldi sono ancora fermi. Si parla, per capirsi, di circa un terzo del patrimonio di Siae, che è investito in un fondo lussemburghese denominato Indaco Pentagramma, dedicato appunto alla Siae.

    GAETANO BLANDINI GAETANO BLANDINI

     

    Operazione nata nel 2015 e mantenuta con serenità fino alla fine scorso anno. Quando il presidente di Valeur, lascia la sgr e come di prassi nel settore del private banking si porta via i suoi clienti, tra i quali la Siae, appunto. Solo che la Siae non è un cliente qualunque ma un ente pubblico economico, sottoposto a vigilanza di Presidenza del consiglio, Mef e Mibact e controllato dalla Corte dei Conti.

     

    Così, quando il 21 dicembre scorso alla banca depositaria delle quote di Siae (Banca Profilo) arriva, dal dg Gaetano Blandini di Siae, la richiesta di fondere le quote di Pentagramma in un nuovo fondo - gestito questo da Kairos -, la banca depositaria - il cui ruolo è in pratica quello di un vigile che regola il traffico - chiede di poter verificare che tutte le procedure siano state rispettate.

     

    SIAE SIAE

    Inizia così il lungo confronto-scontro che va avanti fino a qualche giorno fa, che La Stampa ha potuto ricostruire grazie a una serie di documenti. Salta fuori così che le delibere dei consigli di gestione e di sorveglianza di Siae per dare il via libera al trasferimento sono successive alla richiesta iniziale: la prima è dell'8 gennaio, la seconda del 13 gennaio.

     

    Ed è già abbastanza per far scattare tutti gli allarmi. Inoltre, su quel fondo esiste un accordo di lock-up fino al 2028, che rende impossibile il trasferimento senza un accordo formale tra le parti. Tant' è che dopo Profilo è Bnp Paribas - il transfer agent - che si oppone al trasferimento. E dopo Bnp si oppone anche Mps, banca depositaria del nuovo conto, che fa sapere di non poter ricevere le quote.

     

    MOGOL MOGOL

    Infine, anche Credit Suisse, partner di Valeur in Lussemburgo per i fondi Indaco, vuole vederci chiaro e, quando tutto sembrava sistemato, blocca a sua volta il trasferimento. Che a tutt' oggi risulta fermo. Nel frattempo succede un po' di tutto. Il 12 marzo tutte le parti coinvolte - compreso Credit Suisse - ricevevano una lettera di Siae che accusava Valeur di aver agito in conflitto d'interesse e in danno degli investitori, segnalando una serie di operazioni compiute dal fondo.

     

    Siae chiedeva quindi di bloccare l'operatività con Valeur delle controparti e minacciava di rivolgersi alle autorità di controllo di Gran Bretagna (Fca), Svizzera (Finma) e Lussemburgo (Cssf). Blandini e Giulio Repetti - cioè Mogol, presidente di Siae - presentano un esposto contro ignoti con l'accusa di appropriazione indebita. Tre giorni dopo lo scenario cambia completamente e Siae manda una nuova lettera dove chiede di ignorare la comunicazione precedente.

     

    MOGOL E GAETANO BLANDINI MOGOL E GAETANO BLANDINI

    Era successo che nel frattempo Siae e Valeur avevano trovato un accordo. Tutto bene, dunque. No, ancora non ci siamo perché a questo punto vogliono tutti vederci più chiaro. E chiedono più documenti e più chiarimenti. Le richieste di trasferimento hanno anche innescato l'Uif, che ha chiesto a sua volta chiarimenti alle banche interessate. In tutto questo, il fondo Pentagramma qualche problemino ce l'ha.

     

    Il 30% del patrimonio a fine 2019 era infatti investito in fondi promossi da Valeur. Parte della famiglia Indaco, dichiarati in bilancio. E parte (20%) in un'altra famiglia di fondi della stessa sgr (Anteo, anche questa in partnership con Credit Suisse), non dichiarati come parte correlata. Tant' è che proprio Credit Suisse, che fino a inizio aprile spingeva per chiudere, si mette di mezzo per chiedere chiarezza.

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