DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”
Barbara Alberti, 78 anni, autrice di oltre trenta romanzi e di altrettante sceneggiature, ha appena fatto il vaccino e non sta nella pelle. Dice: «Sto come un fiore, è stato meraviglioso».
Che c'era di così meraviglioso?
«Quando sono uscita, ho fatto a piedi un'ora, con un'energia in corpo da pazza: il vaccino è stato un esorcismo. Una cosa che, prima, ti senti un miserabile, non sai che fine farai, e poi fai il vaccino, ti hanno battezzata, sei grata. Sei fra i salvati, anche se è un'illusione, ma chi se ne frega: io vivo di illusioni».
Prima del vaccino, la sua era paura di morire o paura della malattia?
«Era? È. La morte fa paura a tutti. Nessuno vuole morire, neanche i suicidi. Io mi devo solo rallegrare perché ci sono ancora. Mi viene pure da ridere perché sono clandestina, una che statisticamente non ci dovrebbe stare. Sono nell'età in cui vorresti vivere in eterno, ma sai bene che non ti conviene».
Ha confessato d'aver avuto, in gioventù, pensieri suicidi.
barbara alberti e il marito amedeo pagani
«Per me, la vecchiaia è stato un male della gioventù: fra i 20 e i 30 anni ne ero sconvolta. A 24 anni, un amico mi fa: come sei invecchiata. Da quel momento, ho progettato il suicidio a 28 anni, poi l'ho spostato a 38. Poi, ho scritto un libro apotropaico che si chiamava Delirio e che è la storia di due ragazzi in collegio dove, a metà, si scopre che hanno 80 anni. È stato il mio esorcismo contro la vecchiaia: dopo, non ne ho avuto più paura, ero come risanata».
Come avrebbe voluto suicidarsi?
«Mi trastullavo con l'idea di avere una via d'uscita, ma non l'ho mai pensato seriamente. Mi resta la convinzione che l'eutanasia sia una cosa civilissima. Vorrei morire nel sonno, ma se le cose si mettessero male credo che userei l'ultima lucidità per eliminare il male peggiore.
Ma perché parlarne? La bella notizia della mia vecchiaia è che ci sono arrivata con un dono: ridere. Ridere della condizione umana e soprattutto di me. Se intuisci dentro di te il ridicolo, se vedi che sei irreparabile, sorridi, ti vuoi perfino bene e il tempo prende un senso mistico, magico. Questa tenerezza è stata una conquista, una cosa vista da piccola nei nonni anarchici».
Ha avuto, però, anche nonni borghesi. Nella sua biografia, si dice grata alla pessima educazione cattolica che ha ricevuto. Perché?
«Perché è un grande argomento letterario. E perché, quando percepisci la prigionia, se hai coraggio, fai in modo di diventare una persona libera e tutte le proibizioni, i castighi, diventano la geografia di quello che vorrai fare».
Quali erano le sue proibizioni?
«Il corpo era peccato, tutto era peccato. Una volta giocavo a travestirmi con mio fratello. Lui aveva tre anni, io sei, ci troviamo nudi, arriva mia nonna e fa una scenata di una violenza assurda. Eppure, era una personcina mite, diceva sempre il rosario, ma ha visto il peccato».
BARBARA ALBERTI MEMORIE MALVAGE
Sulla sua infanzia e i suoi avi ha scritto «Memorie malvage», lei che bimba è stata? «Un'educazione così restrittiva è un privilegio: diventi ribelle ed è una grande soddisfazione. In quelle condizioni, ti viene ansia di libertà e desideri vivere lietamente. Devi guadagnarti ogni cosa ed è un grande divertimento perché la vita diventa un'avventura».
Come ha trasmesso questo senso di libertà ai suoi due figli?
«Essendo. E sono stata una madre clown, li ho sempre fatti molto ridere, gli ho raccontato storie, e non mi sono mai trattenuta dal fare nulla mi piacesse. Poi, gli ho voluto bene, che a me pare sia tutto. Però, chi sa gli sbagli che ho fatto...
Ogni tanto me ne rinfacciano qualcuno. Una volta ho scritto: figliare è errare. Adesso la ricerca della perfezione nel rapporto con i figli ha un sacerdote laico che è lo psicologo: senza, non sappiamo fare più niente. Quello, invece, era un tempo in cui si poteva coltivare il libero arbitrio, l'unica ricchezza che hai finché non sei rimbambito con l'Alzheimer».
Che tipo di giovane ribelle è stata?
barbara alberti e il figlio malcon pagani
«La ribellione è quando capisci cosa vuoi essere e vorresti che ti lasciassero diventare quello che vuoi in pace. Ci trovavo gusto a ribellarmi... Tornavi a casa tardi e ti pigliavano a schiaffi: eri un ribelle, era uno che veniva punito. Eravamo piccoli sbruffoni. Il '68 era fatto tutto di piccoli sbruffoni, in senso tenero».
Quando ha iniziato a scrivere?
«Subito. Appena mi hanno insegnato, a cinque anni, ho detto: è fatta, c'è una strada».
Ha scritto di peccatori come se fossero santi e di santi come se fossero peccatori. Che idea di mondo ha voluto raccontare?
«Ma che ne so. Tutto viene per grazia. Una cosa che m' interessa è l'epigrafe del mio Vangelo secondo Maria , c'è scritto: fuori dell'eresia non c'è santità. Già seguire il proprio cammino liberamente è un'eresia. Ho scritto di questo e poi libri e biografie umoristiche. Ridere è il riscatto della mia miseria umana».
Perché si attribuisce miseria umana?
«Perché so che morirò stupida, ho sviluppato il cinque per cento di ciò che mi è stato dato, perché sono un'edonista assoluta, sono una spensierata e mi piace la vita di casa. Pulire e riordinare, a me, pare una creazione».
vangelo secondo maria barbara alberti
Nei suoi libri, c'è la madonna che abortisce e ci sono anche undicenni che fanno sesso. Che gusto le dà rompere sempre i tabù?
«La mia madonna abortisce e non in nome del femminismo, ma del libero arbitrio. Per il resto anche, ho scritto cose impopolari, lo so. Non lo faccio apposta, mi arrivano».
Come arriva l'ispirazione?
«Se lo sapessi, sarei ispirata sempre. Invece no, aspetto questo riscatto ogni tanto. Sono scriteriata, non ho tenuta cara la mia vita, l'ho dispersa, la prova è la mia mancanza di memoria. Poi, però, vengono i libri e lì sono più intelligente, ho un senso delle cose, però devo aspettare: l'ispirazione, quando arriva arriva. E quando viene, ormai, il libro c'è e sarà scritto».
Ora sta scrivendo?
«Scrivo sempre, come un maniaco, ma ora non qualcosa a cui affezionarmi. Sono così incredula di esserci ancora che, ormai, scrivere o fare un minestrone mi dà uguale piacere: sono perfette, bellissime, cose della vita».
Partecipare al «Grande Fratello» è stata una delle bellissime cose della vita?
«Non può immaginare la pace e la bellezza di un posto dove nessuno ti raggiungerà, i problemi sono alle spalle, ti pagano per giocare, per non fare niente, solo per essere. E puoi stare in mezzo a un'umanità varia e a me il prossimo piace: le persone sono storie».
barbara alberti e il marito Amedeo pagani
Convive ancora con il suo ex marito, lo sceneggiatore e produttore Amedeo Pagani?
«Certamente. Siamo come due gentiluomini che dividono una casa. A un certo punto, ci siamo separati ma non abbiamo mai visto un avvocato: abbiamo fatto le cose all'onesta, era padrone di venire quando gli girava. Le pare di dover dire ai figli: puoi vedere papà giovedì? E poi, è tornato, come un parente».
barbara alberti parla di wanda nara 1
Che amore è stato il vostro?
«Un amore che ha preso tante forme, con molti momenti di assenza, con altri amori. Lui veniva da una famiglia alto borghese, io piccolo borghese. A casa sua, si sarebbero ammazzati pur di non farci sposare, ma mentre io ero un'insicura che vuole ribellarsi clamorosamente, lui dichiarava la sua volontà e la seguiva, sereno, determinato».
vittorio sgarbi barbara alberti
Sul perché vi siete lasciati ci sono due versioni: che lui se ne andò innamorato di un'altra e che lei lo lasciò perché si era innamorata di un omosessuale.
«Ma che ne so, boh, mica sono Belèn».
Entrambe le cose le ha raccontate lei, ricordando anche un periodo lesbico.
«Mi sarà scappato: ho un senso sacro dell'intimità».
Con Vittorio Sgarbi, sul quale ha scritto «Il promesso sposo», ha avuto una storia?
samuela pagani, figlia di barbara alberti
«Se intende di letto, no. Ma seguirlo per tre anni è stata una delle esperienze più deliziose della mia vita. Mi ha regalato di nuovo la prima infanzia: vita, poesia, inafferrabilità».
Per decenni, ha tenuto una posta del cuore, come sono messi gli italiani con l'amore?
«Fanno di tutto per essere infelici, per ostacolarsi e non seguire se stessi. Tre quarti del dolore amoroso è colpevole».
Lei, per amore, ha sofferto?
«Come si ama, già si soffre. Appena lo sguardo dell'amato ti sembra un po' spento, ti senti morire. Quando ami, dipendi da quello sguardo, però, in te, tutto vive».
Ha scritto tante sceneggiature, come «Il maestro e Margherita» di Alexander Petrovic, «Il portiere di notte» di Liliana Cavani, ma anche «Monella» di Tinto Brass. Spesso l'hanno chiamata a scrivere di sesso.
«Però Monella è la storia meno erotica che ho scritto, Brass è un esteta del sesso ma è il contrario del desiderio, ha una visione gioiosa, ma per noi il sesso si fonda sulla morbosità».
Ferzan Ozpetek l'ha voluta nella «Dea della Fortuna». Com' è stato recitare?
«Credo che lui ancora se ne penta: come attrice, sono una cagna». Nel 1998 ha scritto «La donna è un animale», 80 ritratti di donne viventi, molti al veleno. La cattiveria non la spaventa? «Ma io non sono stata cattiva. Anzi, sono stata buona: ti faccio il ritratto, ti fisso nella pagina, ti faccio un favore Non mi pento».
Al Grande Fratello, ha confessato di essere ricorsa alla chirurgia estetica, ma non ha detto per cosa. Può dire almeno perché?
«Mi sentivo disgraziata e ho capito il valore terapeutico di correggere il corpo. La faccia non la toccherei, ma ho rifatto il seno dopo l'allattamento».
Rimpianti ne ha?
«Tanti. Uno soprattutto: potrei capire il mondo mille volte meglio, se mi fossi coltivata, invece, ho danzato».
barbara alberti amedeo pagani 2
barbara alberti 2barbara alberti amore e' il mese piu crudele barbara alberti.
barbara alberti al grande fratello vip 1ivan gonzales e barbara alberti 2barbara albertivittorio sgarbi, barbara alberti e alessio poeta 1barbara albertibarbara albertiMONELLA TINTO BRASS barbara alberti 1barbara alberti e morgan
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