Michela Allegri per “Il Messaggero”
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Per cercare di tenere legato a sé l'uomo che amava, e che aveva deciso di lasciarla, era arrivata a inventare la più grande delle bugie: aveva raccontato di essere incinta e, quando la menzogna si era accumulata per mesi, aveva addirittura finto di avere partorito. Ma non è tutto: avrebbe anche molestato il giovane con telefonate continue, messaggi assillanti, appostamenti sotto casa e in ufficio. È successo a Roma.
Lui era talmente spaventato da avere preso l'abitudine di indossare un casco integrale per percorrere a piedi il tragitto tra la sua auto parcheggiata accanto al marciapiede e il portone del palazzo dove abitava. Estenuata, la vittima aveva anche cambiato Comune di residenza.
L'ACCUSA Ora la donna, una trentacinquenne romana, rischia di finire a processo con l'accusa di stalking aggravato, per avere reso la vita letteralmente impossibile all'ex fidanzato, per più di un anno, dal gennaio 2018 alla fine di agosto del 2019. Il pubblico ministero Stefania Stefanìa ha chiesto il rinvio a giudizio dell'imputata, nel corso della prima udienza preliminare.
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Tutto è iniziato nel 2018, quando l'uomo ha deciso di interrompere la relazione. L'imputata aveva detto all'ex di essere incinta, prima in gennaio e poi in maggio. Aveva ribadito quella versione anche nel settembre dello stesso anno. I mesi passavano e la bugia era sempre più difficile da contenere. Nel 2019, si era addirittura ingigantita: la donna aveva detto all'ex compagno di avere partorito il loro bambino.
Una menzogna che non era stato difficile scoprire. Ma l'incubo era appena iniziato. Le telefonate e i messaggi della trentacinquenne erano continui e assillanti: quando l'ex ha smesso di rispondere, lei ha iniziato a usare utenze intestate ad altre persone e a fare chiamate anonime. Più volte, per restare al centro delle attenzioni di lui, ha finto malori e svenimenti, «inducendo la vittima a lasciare il luogo di lavoro per soccorrerla», si legge nel capo di imputazione firmato dal magistrato.
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GLI APPOSTAMENTI L'ossessione della donna, per l'accusa, sarebbe proseguita per più di un anno, rendendo le giornate della vittima impossibili da sopportare. L'imputata avrebbe seguito l'ex in ufficio e si sarebbe appostata più volte nei luoghi da lui frequentati, nella speranza di incontrarlo e braccarlo. Il 21 maggio 2019, la donna lo avrebbe aspettato, avvicinandolo e poi facendo una piazzata: quando lui si era rifiutato di scendere dalla macchina, lei si sarebbe aggrappata con le mani allo specchietto e alla maniglia dello sportello anteriore, urlando. Per gli inquirenti, questi atteggiamenti pressanti e assillanti hanno provocato al giovane uno stato di ansia costante, portandolo anche a temere per la propria incolumità.
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L'uomo era stato costretto a stravolgere le sue abitudini: prima aveva iniziato a frequentare luoghi diversi e a variare i tragitti per andare al lavoro. Poi, aveva deciso di traslocare, cambiando addirittura Comune di residenza. Per timore di incontrare la donna, è rimasto chiuso per ore in auto, perlustrando il marciapiede davanti a casa prima di scendere ed entrare dal portone.
Addirittura, nel tragitto a piedi dalla macchina all'ingresso, si era abituato a indossare un casco da motociclista, per proteggersi. Il giovane non rispondeva praticamente più al telefono: dietro ogni squillo proveniente da numeri sconosciuti o da utenze anonime temeva si nascondesse la ex. «Il mio assisto è soddisfatto della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura - ha dichiarato il legale della vittima, l'avvocato Emanuele Fierimonte - Era terrorizzato. Questa richiesta è indubbiamente un primo passo verso l'accertamento della verità». La decisione del gup è prevista in ottobre.
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