Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
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Già la sua nomina, a inizio settembre, aveva suscitato qualche perplessità: una ministra della Salute amante dei sigari, delle bevute e decisamente con qualche chilo di troppo. E lei stessa, Thérèse Coffey, aveva ammesso di «non essere un modello»: ma tant' è, lei è amica di vecchia data della premier Liz Truss, che se la tiene stretta al fianco e le ha dato pure il rango di vicepremier.
Ma adesso l'improbabile ministra è finita nel mirino delle critiche non per le sue scelte di vita personali, bensì per le decisioni politiche sulla salute di tutti: ha mandato in soffitta la campagna anti-fumo del governo britannico, rifiutandosi di raccomandare l'innalzamento dell'età per acquistare tabacco di un anno ogni anno e di stanziare altri 125 milioni di sterline (poco meno di 150 milioni di euro) per incoraggiare la gente a smettere di fumare.
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Interrogata alla radio sui progressi verso l'obiettivo governativo di rendere la Gran Bretagna un Paese «no smoking» entro il 2030 (ossia di scendere sotto il 5% di fumatori), la Coffey ha risposto di non saperne nulla «perché non mi sono occupata di questa specifica politica di prevenzione»: e ha aggiunto che le sue priorità sono piuttosto le ambulanze e le liste d'attesa che affliggono il sistema sanitario nazionale.
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Ma in realtà, al di là dei toni evasivi, si sa benissimo dove batte il suo cuore: in passato l'attuale ministra della Salute ha votato contro il bando al fumo nei luoghi chiusi, contro l'obbligo di vendere sigarette in pacchetti anonimi e perfino contro la messa fuorilegge del fumo nelle macchine quando ci sono bambini.
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In quest' ultimo caso, ha spiegato ieri di non pensare che la cosa giusta da fare sia «dire ai genitori come gestire la situazione»: a suo avviso, non si tratta di imporre misure di salute pubblica «prescrittive», ma piuttosto di preferire «un programma positivo di prevenzione».
Sono posizioni radicate in un credo libertario condiviso da Liz Truss, che nel suo recente discorso al congresso conservatore ha affermato che non è compito del governo «dire alla gente come condurre la loro vita». E infatti anche la premier, quando era una semplice parlamentare, aveva votato contro le misure antifumo e a favore di un allentamento dei divieti nei pub.
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È un atteggiamento che va contro le stesse politiche perseguite dai governi conservatori negli ultimi dieci anni, che tramite aumenti delle tasse e restrizioni alla pubblicità sono riusciti a far scendere i fumatori al 14% della popolazione. Un piano di lungo termine di riduzione dell'uso del tabacco che non solo allenta la pressione sul servizio sanitario, ma contribuisce a raggiungere l'obiettivo governativo di allungare di 5 anni l'aspettativa di vita entro il 2035: il fumo è infatti considerato responsabile di 78 mila decessi l'anno in Gran Bretagna.
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Il problema in più è che il lockdown ha indotto molte persone a rimettere mano alle sigarette: ed è anche per questo che, in un editoriale, il Times ha bollato l'atteggiamenrto di Thérèse Coffey come «deludente e sbagliato». Perché, fa notare, nel caso del fumo la discussione è andata oltre la tensione fra libertà personale e salute pubblica.
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