Francesco De Dominicis per "Libero"
coca colaCi sono le grandi aziende italiane che preferiscono gli Usa (come Fiat Industrial che sta per quotarsi a Wall Street). E poi (per fortuna) ci sono i colossi americani che sull'Italia continuano a scommettere. È il caso della CocaCola, che ha appena «sponsorizzato» un dettagliato studio sulla presenza delle imprese estere in Italia. Uno studio realizzato dalla Camera di commercio Usa in Italia per spiegare quali sono le difficoltà degli investitori stranieri dentro i nostri confini. E nel quale si suggeriscono alcune ricette per attirare e non far fuggire le imprese estere.
COCA COLALa major delle bevande è particolarmente radicata nella Penisola con 7 stabilimenti e 3mila lavoratori, ma quotidianamente deve fare i conti con zavorre e ostacoli noti da tempo anche agli imprenditori "locali": il rapporto, realizzato col contributo del professor Fabrizio Onida della Bocconi, indica, tra i maggiori freni, l'inefficienza della pubblica amministrazione, le gravi carenze del sistema giudiziario, l'eccessivo carico fiscale, l'inadeguatezza delle infrastrutture di trasporto ma anche della rete, costi e scarsa flessibilità del lavoro, incentivi di attrazione degli investimenti inesistenti. Due le novità rispetto a precedenti, analoghi studi: la criminalità organizzata e i costi dell'energia fuori mercato.
Mario Monti e Elsa ForneroLe regole del mercato del lavoro rappresentano un peso enorme. E qui lo studio boccia senza mezzi termini la «riforma Fornero sulla flessibilità in entrata e in uscita»: gli «effetti» del provvedimento varato dal Governo di Mario Monti sono «alquanto controversi». Ciò perché ha ridotto la «gamma dei contratti atipici» e ha «aumentato la discrezionalità dei giudici in materia di licenziamenti economici».
E il «risultato si presta a molte critiche da parte datoriale e sindacale». Insomma, un pasticcio. Da risolvere con nuove misure, chiedono gli esperti americani, che favoriscano sia la flessibilità in ingresso sia quella in uscita. E servono pure norme volte a rendere più malleabili i sistemi retributivi, in modo da slegare le buste paga dai vincoli contrattuali.
ENRICO LETTA - copyright PizziMa è chiaramente il fisco la vera nota dolente per lo zio Sam. Il report evidenzia l'incertezza normativa del sistema tributario italiano e il fatto che mancando una «magistratura specializzata» con le imprese costrette «molto spesso a ingenti esborsi finanziari e a fenomeni di doppia imposizione».
MARCHIONNE FIATDi qui la proposta di introdurre il sistema della «consultazione preventiva» che funziona già in Francia ed è in via di sviluppo in Gran Bretagna. Si tratta della creazione di un comitato - di cui fanno parte magistrati, professionisti, rappresentanti degli imprenditori, autorità fiscali nazionali - a cui i contribuenti possono bussare per evitare di commettere errori e ottenere il disco verde sul pagamento delle imposte.
Sta di fatto che nonostante le zavorre e le critiche, non manca la fiducia nell'Italia e nel Governo delle larghe intese guidato da Enrico Letta. La pensa così, in effetti, una larga fetta dei manager che lavorano in imprese estere in Italia: per il 64% il nostro Paese sta compiendo passi in avanti sui conti pubblici, ma appena il 27% de ritiene validi gli sforzi per la lotta all'evasione. Infrastrutture e criminalità, invece, sono due macigni che solo il 12% ritiene alleggeriti. Del resto, serve tempo. E negli Stati Uniti probabilmente sono abituati ad altre velocità.