Michela Allegri e Valentina Errante per il ''Corriere della Sera''
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«Si stanno attizzà a rompere gli equilibri». Il sospetto del clan rivale era che il gruppo di narcotrafficanti capeggiato da Fabrizio Piscitelli e Fabrizio Fabietti volesse espandersi, rubando le piazze di spaccio e gli affiliati. E non si trattava di un clan qualunque, ma di una delle organizzazioni criminali più potenti di Ostia, capeggiata da Marco Esposito, detto Barboncino, e da Fabio Di Francesco, collegati alla famiglia Triassi. La stessa banda era già finita al centro di un' altra inchiesta l' operazione Maverick, e poco più di un anno fa era interessata a «mantenere la pace globale» tra gruppi di criminali per non attirare l' attenzione delle forze dell' ordine.
Un accordo che, però, Diabolik avrebbe violato. È quanto emerge dagli atti del Gico della Guardia di Finanza, che tre giorni fa, su richiesta del pm Nadia Plastina, ha arrestato 51 persone, sodali e gregari del Diablo nel business del narcotraffico. Piscitelli è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa lo scorso agosto, stava aspettando qualcuno al parco degli Acquedotti, a Roma.
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Un omicidio maturato senza dubbio nel contesto criminale legato al mercato della droga nella capitale, nel quale, già un anno fa, c' era chi covava risentimenti nei confronti del capo ultrà laziale e del suo braccio destro Fabrizio Fabietti.
IL PIANO
Due esponenti di spicco dell' associazione di Ostia erano convinti che Diabolik e Fabietti stessero tramando per «creare dissidi» interni alla loro organizzazione «per indebolirla e impossessarsi delle piazze di spaccio», annota il Gico in un' informativa. Il pretesto la guerra tra bande sarebbe stato un debito - da circa 40mila euro - contratto da Esposito con i rivali. È l' aprile dello scorso anno: a raccontare dell' ascesa criminale del duo Diabolik-Fabietti e del piano per sgominare la concorrenza sono le intercettazioni. A parlare sono Fabio Di Francesco e Natale Perrulli, considerato il capo di un' articolazione territoriale del gruppo di Ostia legato ai Triassi, che operava nella zona di Casal Bernocchi.
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Uno dei picchiatori dell' organizzazione di Diabolik, il pugile Kevin Di Napoli, prima di passare con il Diablo e Fabietti faceva parte del gruppo Maverick. E nel periodo della transizione, quando Di Napoli aveva appena ricevuto la proposta di cambiare squadra, i rivali erano inferociti. Parlano del debito di Esposito, contratto pochi mesi prima per l' acquisto a credito di droga.
«C' aveva tutti i buffi», dice Perrulli. E Di Francesco: «Dimmi un po' che buffi c' ha? Ancora? Io so che gli ha mandato più de trenta, poi gliene ha dati venti oh, lo so io che glieli ha presi oh, venti e poi dieci, so trenta, tutti de botto». Poi, Perrulli dice che Fabietti ha proposto a Di Napoli di entrare a far parte del suo gruppo criminale, sostiene che il pugile abbia declinato. Ma non sono convinti: «Lui è manovrabile - replica Di Francesco - quando mandarono a chiamà Lorenzo, Lorenzo è venuto da me e mi ha detto: Fa m' ha mannato a chiamà Diabolik. Ndo c... devi annà?». Pochi mesi dopo, in effetti, Di Napoli entrerà a fare parte della batteria di picchiatori del Diablo.
GLI EQUILIBRI
Il 21 aprile 2018, Perrulli e Di Francesco si lamentano del fatto che i rivali vogliano rompere i loro equilibri.
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«Si stanno attizza' Kevin a rompere gli equilibri con Marco - dice Di Francesco - allora tirano fori sto discorso che dice mo se incarogniscono perché stanno a tené tutto tranquillo». E parlando del piano per accaparrarsi le loro piazze di spaccio, Di Francesco aggiunge: «Però c' è qualcosa de infame che e guardie, che vorrebbe fa sti giochi così». E Perrulli: «E per poi fa incomincià a lavorà altra gente? Eh se hanno sto pensiero, ce l' hanno proprio lontano!». Gli antagonisti starebbero cercando di accaparrarsi tutta la loro batteria: «Vonno fa creà qualche zizzania», dicono i due.
Il 24 aprile, Di Francesco continua a parlare dei rivali, teme che facciano saltare gli equilibri tra clan. «Io voglio creà una pace globale», afferma, riferendosi alle diverse associazioni criminali della città.
Ma Perrulli è preoccupato, teme azioni violente da parte dei narcos di Roma. Di Francesco gli ricorda il loro spessore criminale: «Nun s' avventurano», dice.