Riccardo Bruno per il “Corriere della Sera”
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Sebbene quel record lo inseguissero da tempo, soprattutto da quando, l'anno scorso, lo avevano mancato per un paio di minuti, il tempo finale è quello che conta meno. Eric e Silvia insieme possono vantare la migliore prestazione sulla maratona, ma non li troverete negli annali ufficiali della prova più prestigiosa della corsa.
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Silvia e Eric sono madre e figlio, lei da 17 anni è affetta da sclerosi multipla ed è costretta su una carrozzina. Eric l'ha spinta alla maratona di Barcellona per 42 chilometri e 195 metri, concludendo in 2 ore 53 minuti e 28 secondi, che sarebbe un risultato di tutto rispetto anche se avesse gareggiato da solo.
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«Non ho parole - ha commentato Eric Domingo Roldán, 28 anni -. Probabilmente è il giorno più bello della mia vita. Avevamo un sogno e l'abbiamo raggiunto». Non era solo una sfida personale, Eric è uno sportivo ma in questo caso la gara è un mezzo, il record un pretesto per impegnarsi ancora di più a sostenere la campagna contro la sclerosi multipla. Da cinque anni lui e la madre partecipano alle competizioni con questo scopo, alzando il livello per far sentire più forte la loro voce.
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La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, non è mortale ma è imprevedibile. In genere colpisce tra i 20 e i 40 anni, più le donne che gli uomini, si stima che al mondo ne soffrano 2,8 milioni di persone, un milione e 200 mila in Europa, circa 130 mila in Italia.
Grazie ai progressi della ricerca è possibile continuare a mantenere una buona qualità della vita, per questo Eric e Silvia corrono e raccolgono donazioni per la Fondazione spagnola sclerosi multipla.
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Nel 2020 hanno tentato per la prima volta di entrare nel Guinness alla maratona di Siviglia, finendo pochi secondi dopo le tre 3 ore e due minuti oltre il record. «Proprio in quel momento ho promesso a me stesso e a mia madre che ce l'avremmo fatta» ricorda Eric.
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E così è stato, nonostante un anno complicato. La signora Silvia ad agosto ha contratto il Covid in una forma seria. «Ma questo mi ha motivato ancora di più - dice -. Anche perché abbiamo corso a Barcellona, che è la nostra città. C'erano molti amici e atleti che già conoscevo, stare in mezzo a loro mi ha dato una gioia enorme».
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Eric da atleta dilettante gira il mondo per partecipare a gare su strada o in montagna. Ma è quando corre spingendo la carrozzina che sente che il suo sforzo assumere tutto un altro valore. «Una delle milioni di cose che ho imparato da mia madre - confessa - è che se vuoi qualcosa devi combattere per averla, non sai se avrai una seconda possibilità, devi andare e basta. Se te la senti devi prenderti ogni rischio e accettare le conseguenze, perché si vive una sola volta. Così è fatta mia madre e sono orgoglioso di avere il suo Dna».
Lei sa quanto ha sofferto e prova a rincuorarlo, finendo per dire quello che dicono tutte le mamme: «È cresciuto pensando che potevo non esserci più. Ma sua madre ci sarà sempre». L'anno scorso, al termine di una 10 chilometri, Eric ha scritto sul suo sito: «Per tutto il tempo mia madre ha cantato, è stata lei a spingermi. Ecco il motivo per cui corro con lei, perché può sentirsi libera».