Gianluca Paolucci per la Stampa
zonin popolare vicenza
La signora R. M. S. nel 2014 decide di vendere le sue azioni di Banca Popolare di Vicenza. Sono già tempi difficili: alcuni azionisti cercano di vendere da oltre un anno senza successo. Qualcuno dovrà attendere 654 giorni prima che la sua domanda venga esaminata dal consiglio. Ma la signora ha un' idea geniale: scrive direttamente a Gianni Zonin, presidente della banca. La segreteria di Zonin scrive all' allora responsabile della rete, che due settimane dopo risponde mettendo in copia anche l' allora direttore generale Samuele Sorato: "Criticità risolta con l' individuazione di una soluzione gradita alla controparte, che ringrazia per l' attenzione".
La vicenda è ricostruita in un documento della Consob che chiosa così: "La segnalazione della segreteria del sig. Zonin risulta l' unica evidenza che motiva l' operazione". Non è l' unico caso di venditore "raccomandato" che riesce a uscire prima del collasso della banca.
popolare vicenza 2
Antonino Crisafi è un personaggio piuttosto conosciuto a Vicenza. Ex ufficiale dei Carabinieri, è diventato imprenditore e scrittore e ostenta grande confidenza con Emanuele Giustini, ex responsabile della divisione mercati di Bpvi, da tempo indagato. Il 14 gennaio del 2014 scrive proprio a Giustini, lamentandosi di non aver ancora ricevuto risposta alla richiesta di vendita di 960 azioni (60 mila euro di controvalore, al prezzo massimo di 62,5 euro per azione) presentata appena un mese e mezzo prima, a fine novembre. Una settimana dopo è lo stesso Giustini a rispondere: "Carissimo Antonino, tutto risolto". Anche in questo caso l' intervento del top manager della banca è l' unica giustificazione rintracciata per la vendita, annota la Consob.
Antonino Crisafi
Com' è possibile che in quella che allora era l' ottava banca italiana, con 120 mila soci e azioni diffuse tra il pubblico e quindi in teoria sottoposte a precise regole per gli scambi e le compravendite, servisse la "raccomandazione" per vendere le azioni? Lo spiega un altro documento, un audit interno di quest' anno che ricostruisce gli aspetti operativi del mercato delle azioni, spiega come e perché fosse possibile tutto questo.
Nonostante fin dal 2011 la funzione compliance avesse richiesto di adottare una procedura informatica per la gestione degli ordini di vendita, questa non è mai stata adottata. Nel 2013 la procedura è stata approvata dal consiglio, è stato comprato il software ma non è mai entrato in funzione.
Il passaggio è cruciale: uno dei tanti rilievi delle autorità alla passata gestione delle Bpvi è proprio la gestione scorretta delle compravendite delle azioni, con soci scavalcati e altri privilegiati. Solo che, proprio per come era organizzato il "mercato", ricostruire il tutto è praticamente impossibile, anche per la Guardia di finanza che da tempo sta indagando sulle vicende della banca.
ZONIN CON LA MOGLIE
Chi voleva vendere le azioni doveva compilare un modulo cartaceo in filiale. La procedura non prevedeva il rilascio di una copia per il cliente, rendeva possibile la modifica o la riscrittura in qualunque momento e non dava nessuna certezza sulla correttezza dei dati inseriti, annota l' audit. Gli ordini ricevuti dalle filiali venivano poi informatizzati nella sede centrale: "Il registro degli ordini per la negoziazione è un file excel (...) salvato in una cartella condivisa accessibile e modificabile da tutte le risorse" dell' ufficio soci.
"Lo stesso file viene modificato da qualsiasi risorsa in sovrascrittura, non sono archiviate versioni precedenti né viene storicizzata la situazione a date prestabilite". Un gran casino, insomma. Dove chiunque, nei mesi della grande fuga da Vicenza, poteva modificare gli ordini, far passare avanti gli amici e arretrare gli altri. Figuriamoci poi se c' era l' interessamento personale di Zonin.