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Elena Meli per il ''Corriere della Sera''
La prostata? «Per carità, io non ce l' ho. È una malattia seria». «È da qualche parte vicino all' intestino». «Ce l' hanno anche le donne». Sono alcune delle risposte date dagli italiani quando è stato chiesto loro che cosa sia questa ghiandola.
Che, no, le donne non hanno.
E non è neppure una malattia ma una ghiandola, appunto, che può ammalarsi.
Quando succede c' è da immaginare che le cose vadano pure peggio, perché stando a un' indagine Doxa per la Società Italiana di Urologia condotta sui maschi over 50 solo uno su due, per esempio, conosce i sintomi del tumore alla prostata: tanti li confondono con quelli dell' ipertrofia prostatica benigna, l' ingrossamento della ghiandola molto frequente con l' andare degli anni.
La ricerca è stata presentata in occasione dell' avvio di Movember, la campagna mondiale di sensibilizzazione sulla salute maschile che si tiene ogni anno a novembre e certifica senza mezzi termini l' ignoranza degli uomini in materia di prostata e di benessere uro-andrologico in generale: gli over 50 per esempio sanno di essere a rischio di carcinoma prostatico, che ogni anno colpisce 35mila italiani facendo 7mila vittime, ma uno su tre non ne ha alcuna paura perché lo giudica più curabile di altri e appena il 4 per cento sa che si può fare prevenzione.
Corollario, gli uomini manco ci pensano a sottoporsi alle visite di controllo. Invece dopo i 45 anni è consigliabile sottoporsi a una visita da urologo o andrologo ed eventualmente all' ecografia. Il Psa (l' esame dell' antigene prostatico specifico) da solo non basta, una piccola quota di pazienti ha il tumore anche se il valore è basso e anche se è alto non indica necessariamente un tumore: serve la visita, temuta ma in realtà molto rapida.
«La prevenzione attraverso la diagnosi precoce è l' arma migliore che abbiamo a disposizione: oltre il 90 per cento dei tumori alla prostata guarisce se si intercetta negli stadi iniziali» spiega Vincenzo Mirone, docente di urologia dell' Università Federico II di Napoli e responsabile comunicazione di Siu, che promuove la campagna Movember in Italia.
Conoscere il proprio livello di rischio è indispensabile, perché, per esempio, la familiarità conta molto (e il pericolo sale anche se in famiglia ci sono donne che hanno avuto un tumore al seno perché sono entrambi carcinomi ormono-sensibili), poi serve non mettere la testa sotto la sabbia: gli uomini non solo non vogliono sentirsi malati, non parlano proprio mai della salute del loro apparato genitale. Un papà su quattro non ne ha mai discusso con i figli maschi, al contrario di quel che accade fra mamma e figlia, visto che le donne instaurano fin da giovanissime una routine di controlli dal ginecologo.
«Il pediatra a 16 anni "lascia" i ragazzini, che però non vanno a parlare di eventuali problemi della sfera genitale con il medico di famiglia - dice Mirone -. Così, visto che manca la visita di leva dove un tempo si riuscivano a intercettare alcuni problemi, tanti arrivano a sposarsi e oltre senza essersi mai fatti visitare, ignari di eventuali disturbi che possono minare la fertilità, inconsapevoli di come funziona il loro apparato urogenitale, all' oscuro del programma di controlli che sarebbero opportuni per mantenersi in salute».
Non a caso l' indagine Doxa segnala che un over 50 su tre non è mai andato dall' urologo, uno su quattro non si è mai sottoposto all' esame del Psa; un' analoga ricerca dell' European Association of Urology su oltre 2.500 persone di cinque Paesi lo ha confermato anche a livello europeo. Gli uomini sanno poco della salute uro-genitale, preferiscono non pensarci, sottovalutano i sintomi.
DIAGNOSTICA DEL TUMORE ALLA PROSTATA
Quindi arrivano pure tardi dal medico: il 43 per cento afferma che non si rivolgerebbe immediatamente al dottore se notasse sangue nelle urine, solo il 17 per cento ipotizza che avere dolori al basso ventre possa essere la spia di qualcosa di serio. E tanti, anche quando iniziano a pensare che forse dovrebbero sottoporsi a una visita, tergiversano a lungo: l' attesa media prima di prendere un appuntamento varia da uno a sette mesi, c' è perfino un 3 per cento che rifiuterebbe la visita nonostante i sintomi.
UROLOGO PROSTATA CONTROLLO ANDROLOGO
Un bel problema, come sottolinea Mirone: «Il tumore alla prostata oggi può essere curato, ma se la diagnosi arriva in tempo. Purtroppo all' inizio spesso non dà sintomi eclatanti: il bruciore alla minzione, il getto ridotto e simili sono segni dell' ingrossamento della ghiandola, quasi mai ci sono in caso di tumore nei primi stadi, quando è più curabile. L' unica strada per una vera prevenzione passa perciò da visite regolari dallo specialista». Prendendo magari spunto dalle donne, che hanno una sensibilità molto più alta in merito ai controlli di routine.
E sono spesso «salvavita» anche per gli uomini, perché non di rado sono loro ad accorgersi se qualcosa non va.
Sottolinea Hein Van Poppel, segretario generale aggiunto dell''European Association of Urology «Le patologie dell' uomo coinvolgono anche la partner, che dovrebbe trasmettere a lui la cultura della prevenzione incoraggiandolo a parlare dei propri sintomi.
La donna è fondamentale, può e deve partecipare alle conversazioni fra l' uomo e il medico». Perché se lui tace, sia almeno lei a spiegare quel che non va.
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