Angelo Paura per il Messaggero
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I quasi 27 miliardi di dollari incassati da Alphabet con la pubblicità e i risultati sopra le attese del primo trimestre del 2018 non bastano (gli utili sono saliti del 73% a quota 9,4 miliardi di dollari).
Perché a Wall Street prevalgono le preoccupazioni, che hanno spinto il titolo del colosso a chiudere in rosso. Il gruppo proprietario di Google, YouTube, Gmail e altro ancora, deve dare spiegazioni su molti fronti: l'aumento delle spese, la crescita degli utili per azione non del tutto convincente e ancora la questione della privacy e dell'uso dei dati personali, in particolare in Europa dove tra un mese esatto entrerà in vigore il General Data Protection Regulation (GDPR).
LA SPINTA
Alphabet ha presentato dati molto buoni soprattutto per un motivo: per la prima volta ha inserito nel conteggio anche i guadagni fatti grazie agli investimenti in altre aziende, tra cui c' è Uber. Bene, togliendoli si passa da 13,33 dollari a 9,93 dollari ad azione, che nonostante sia sopra i 7,73 dollari dello stesso periodo del 2017, ha battuto di poco le attese, ferme a 9,30 dollari ad azione.
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Ma a preoccupare per l'andamento futuro del gruppo sono anche le spese, che nel trimestre chiuso il 31 di marzo sono salite di molto. In che modo? Google ha usato 7,3 miliardi di dollari per spese in conto capitale, il triplo rispetto a un anno fa e molto più della metà del totale dell'intero 2017, quando erano state di 13,2 miliardi di dollari. Dentro a questi numeri c' è l'acquisto del palazzo del Chelsea Market di New York (2,4 miliardi di dollari) ma anche i costi per espandere i data center e per i cavi sottomarini. Il direttore finanziario, Ruth Porat, ha cercato di chiarire la questione sostenendo che gli investimenti sono fondamentali per sostenere «le previsioni di crescita», ma non ha convinto il mercato, che almeno sul breve periodo è spaventato.
SUNDAR PICHAI
A questo denaro si aggiunge anche la crescita del costo per acquisire traffico, passato da 4,62 miliardi di un anno fa a 6,28 miliardi, in aumento del 24%. In pratica Alphabet deve usare buona parte dei soldi che guadagna con la pubblicità per pagare Apple, ad esempio, e avere così la certezza che i possessori di un iPhone usino Google come motore di ricerca principale.
Ma il vero tema dei prossimi mesi è sicuramente la questione della privacy. In Europa entrerà in vigore una delle leggi più dure a livello mondiale sul trattamento dei dati, che potrebbe mettere in crisi il modello di business con il quale i colossi tech hanno guadagnato miliardi negli ultimi dieci anni: sfruttando i nostri dati personali, spesso senza chiederci il permesso. Anche in questo caso, l'amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, ha rassicurato gli investitori, dicendo che il gruppo è iper-pronto e che le leggi «avranno un piccolo effetto». C' è tuttavia chi critica Google, in particolare gli editori.
ALPHABET - GOOGLE
Sostengono che stia cercando di costruire una serie di scudi e così continuare a gestire i dati come ha fatto finora, senza rinunciare alle pubblicità mirate, un mercato che vale 20 miliardi di dollari l'anno.
Google infatti non vuole perdere per nessuna ragione il controllo sulle informazioni degli utenti: secondo diverse analisi ne raccoglie molte di più rispetto a Facebook e vuole continuare a usarle per fare denaro. Il rischio è ovviamente alto. Chi non rispetterà il GDPR dovrà pagare una multa del 4% sui suoi ricavi globali.
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