1. FRANCO SVIZZERO «DA PAZZI»: COSÌ IL BENE RIFUGIO HA PERSO IL 30% IN 3 ANNI (COMPLICI I RUSSI)
Vito Lops per www.ilsole24ore.com del 17 aprile 2018
FRANCO SVIZZERO PRIMA SCHIZZA POI TORNA AI LIVELLI DEL 'PEG'
Strana storia quella del franco svizzero. In un momento di generale confusione sui mercati finanziari - complici i dazi commerciali imposti dagli Usa alla Cina e le tensioni con la Russia sulla delicata questione siriana - lo yen viene giustamente acquistato confermando lo standing globale di valuta rifugio. In altri tempi gli investitori avrebbero diversificato le posizioni “rifugio” anche sul franco svizzero che invece sta soffrendo. E come. Tanto che ieri l’euro ha sfiorato quota 1,2 franchi, una soglia simbolicamente molto forte perché è la stessa che la Swiss National Bank ha difeso strenuamente per oltre tre anni (da settembre 2011 a gennaio 2015), proprio per evitare eccessive rivalutazioni del franco con le inevitabili pressioni deflazionistiche sull’economia.
Oggi il problema è opposto. Nonostante la banca centrale abbia deciso di lasciare fluttuare liberamente sul mercato (a gennaio 2015 la Snb ha annunciato a sorpresa di abbandonare la difesa del cambio euro/franco a 1,2) non ci sono più pericoli di una rivalutazione della difesa elvetica. Anzi da allora ha perso circa il 30% nei confronti dell’euro. Dopo l’annuncio shock del 2015 si posizionò dall’allora artificiale livello di 1,2 (perché mantenuto tale dalla banca centrale) al valore ritenuto corretto dai mercati, ovvero 0,85. Da allora però il franco non ha fatto che perdere terreno nei confronti dell’euro.
RISERVE DI VALUTA STRANIERA IN MANO ALLA BANCA CENTRALE SVIZZERA
Vuoi perché nel frattempo l’economia europea ha ripreso un ciclo espansivo che ha spinto l’euro a rafforzarsi. E adesso, come se non bastasse, a trascinare in giù il franco ci ha pensato indirettamente il presidente degli Usa Donald Trump. Annunciando nuove sanzioni contro la Russia (sul caso Siria) sta spingendo molti oligarchi del Cremlino a fare cassa, riportando a casa gli investimenti e i depositi in quello che per molti può ormai essere definito un “ex paradiso” fiscale. I deflussi di capitale dalla Svizzera, complice la forte spinta che arriva dai magnati di Mosca, stanno avendo un inevitabile impatto sul franco, come visto in forte calo e tornato sull’euro ai livelli di gennaio 2015.
Le reazioni sulla divisa elvetica confermano l’ultima tendenza dei mercati. In questa fase di incertezza geopolitica gli investitori più che abbandonare le Borse (che continuano a viaggiare su multipli importanti ma non da bolla finanziaria) o i bond (che invece sono in bolla complici le esagerate politiche espansive delle banche centrali negli ultimi 10 anni) dimostrano il loro nervosismo sul mercato delle valute. Creando alcuni paradossi.
Come quello che vede in questo momento - Brexit o non Brexit - la sterlina una sorta di bene rifugio. Mentre il franco svizzero pare al momento aver perso questo status. Allo stesso tempo il dollaro, cresciuto molto su scala globale a partire dal 2011, sta mettendo in difficoltà molti Paesi emergenti che da anni - per dare maggiore stabilità alla propria economia - hanno agganciato (attraverso il peg) la loro divisa al biglietto verde. E oggi stanno pensando di tornare al passato, sganciandosi dal dollaro .
thomas jordan banca centrale svizzera
2. L’EXPORT SVIZZERO FESTEGGIA LA GRANDE RITIRATA DEL FRANCO
Carlo Alberto De Casa per www.lastampa.it
Il franco svizzero continua a perdere terreno sui mercati valutari. Dopo quasi 40 mesi il tasso di cambio fra l’euro e la divisa elvetica è tornato a varcare quota 1,20, la soglia artificialmente imposta dalla Banca centrale svizzera fra il 2012 e l’inizio del 2015, prima del drastico apprezzamento del franco, datato 15 gennaio 2015. Festeggia l’export svizzero, che vede aumentare il valore (contabilizzato in franchi) del proprio fatturato in arrivo dal resto d’Europa e dagli Stati Uniti, mentre la notizia non fa piacere agli importatori e ai «pendolari» del lavoro che hanno visto il loro stipendio – tradotto in euro – scendere di oltre dieci punti percentuali nell’ultimo anno.
FRANCO SVIZZERO
Sui mercati valutari la sterlina britannica ha proseguito fino a metà settimana il percorso di rafforzamento, arrivando a sfiorare quota 1,44 nei confronti del dollaro, ad appena 4 punti percentuali dai valori pre-Brexit (1,50). I dati sull’inflazione britannica, scesa al 2,5% dal precedente 2,7%, hanno però ridimensionato le aspettative di intervento della Bank of England. Gli operatori si attendono un solo rialzo dei tassi nel 2018, questo ha fatto perdere oltre il 2% alla sterlina, scivolata sotto quota 1,41 sul finire di settimana.
C’è fermento anche nel comparto delle materie prime, con l’oro che continua a scontrarsi con l’area 1350/1360 dollari, sui massimi degli ultimi 4 anni. Sono tornati anche gli acquisti sull’argento, che ha messo a segno un balzo superiore al 3%, riconquistando i 17 dollari l’oncia. Le parole di Trump sul prezzo del petrolio «mantenuto alto dall’Opec» hanno determinato una flessione del greggio solo temporanea, con la quotazione del Wti che resta sui massimi da fine 2014, oltre 68 dollari al barile.
FRANCHI SVIZZERI