Claudio Antonelli per “la Verità”
La moral suasion è tanto più forte quanto esercitata nel silenzio. Così ieri mattina i vertici delle fondazioni bancarie si sono riuniti e hanno raggiunto un consenso unanime attorno al nome di Giovanni Gorno Tempini. A lui il compito di essere il prossimo presidente di Cassa depositi e prestiti. A spingere in questa direzione Giuseppe Guzzetti, ex numero uno dell' Acri, e Giovanni Bazoli, presidente emerito di banca Intesa. Solo con la certezza di individuare un uomo di fiducia, i due baluastri della finanza cattolica avrebbero dato l' ok alle dimissioni di Massimo Tononi dal vertice di Cdp.
Giovanni Gorno Tempini Giiseppe Guzzetti Paolo Morerio e Carlo Messina
Non tanto per un aspetto formale (tocca alle Fondazioni nominare il presidente), ma perché ritengono il vertice della Cassa troppo delicato per non essere presidiato e blindato al 100%.
Così con la scelta di ieri, Tononi (che da mesi mostra sofferenza pe rl' incarico) potrà dare lasciare domani in occasione del consiglio di amministrazione.
Probabilmente già oggi ci sarà un confronto con il ministero dell' Economia, azionista di maggioranza di Cdp, per concordare sul nome di Gorno Tempini, anche se non è prevista alcuna osservazione in merito dalle parti di via XX Settembre.
Per il banchiere bresciano si tratta di un ritorno in Cassa che ha il sapore della rivincita. Gorno Tempini aveva già guidato Cdp tra il 2010 e il 2015 ed era stato messo alla porta dall' allora premier, Matteo Renzi, con il ribaltone che portò al vertice di Cassa il tandem di Claudio Costamagna e Fabio Galli. Ora tornare a Roma da presidente e non più da ad, per Gorno Tempini significa mettere a frutto (ancor più della tornata precedente) oltre trent' anni di relazioni.
Una carriera partita nel 1987 dagli uffici di Jp Morgan per passare poi a banca Intesa con diversi incarichi e ruoli. Scala pure numerose poltrone in Caboto, torno per tre anni all' area Finanza e Tesoreria di Intesa, mentre dopo i cinque anni in Cdp si occupa di molte gatte da pelare subentrando a Benito Benedini in Fiera Milano. Il suo arrivo al vertice della fiera più importante d' Italia viene benedetto sia da Roberto Maroni che da Giuseppe Sala.
matteo renzi e claudio costamagna
A indicare la trasversalità degli apprezzamenti. Per capire ora quali margini di manovra avrà in Cdp bisogna aspettare il primo cda con le relative deleghe. Il potere di un presidente si misura in fondo anche da quelle e di conseguenza dalla capacità di bilanciare la forza dell' amministratore delegato.
Sicuramente per il senatore semplice di Scandicci, la nome del manager bresciano è una sberla in pieno volto. Per Renzi sarà molto difficile esercitare suggerimenti o pressioni per tutte quelle controllate che stanno sotto il cappello della Cassa. Gorno rappresenta un mondo che con il segretario di Italia Viva nulla ha a che fare. L' unico momento in cui la sfera renziana (per tramite di Pier Carlo Padoan) e quella dei vecchi della finanza cattolica si sono incontrate è stato per il salvataggio delle banche Venete.
BAZOLI GUZZETTI
L' allora ministro dell' Economia, appreso il fallimento della garanzia di Unicredit per il salvataggio di Pop Vicenza, chiama a raccolta Giuseppe Guzzetti e i due convengono della necessità di affidare al fondo Atlante tutta la pratica. Da lì la situazione si avvita e i problemi si sommano e si intersecano. Soprattutto Padoan e Renzi tentennano di fronte all' Unione europea (Dgcomp) e si macchiano di una grave colpa. Non avere imposto a Bruxelles tempistiche favorevoli alla stabilità dell' Italia. Quanto è successo dopo è ormai storia.
Oggi basta rileggerla per capire quanto il mondo di Rignano e quello della finanza cattolica non potranno mai più riavvicinarsi o avere punti di contatto. Ancor peggio che perdere 4,5 miliardi di euro (tanto è stato il flagello che si è abbattuto su Atlante) è perdere la faccia di fronte ai correntisti e al mondo bancario e di questo non sembra nemmeno che Renzi si sia scusato.
gallia costamagna padoan
A questo punto attendiamo la nomina ufficiale, mentre nel cda di domani non risultano altre nomine, tanto meno la sostituzione del leghista Valentino Grant volato all' Europarlamento. Contrariamente a quanto avevamo scritto. Grant non si è mai dimesso. Dunque resta a occupare un posto che il Pd desidera con ardore. E non risulta che qualcuno possa imporgli le dimissioni.