DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Da https://www.milanofinanza.it/
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta considerando la possibilità di smantellare il colosso tech Google. A riportare la notizia è Bloomberg. Un’ipotesi che arriva dopo la sentenza di un giudice federale, che ha stabilito che le pratiche dell'azienda violano le leggi sul monopolio e ostacolano la concorrenza. Il Dipartimento di Giustizia ha, comunque, fatto sapere che non sono state ancora prese decisioni ufficiali.
«Il Dipartimento di Giustizia sta valutando la decisione del tribunale e valuterà i prossimi passi appropriati in linea con le indicazioni del tribunale e il quadro giuridico applicabile per i rimedi antitrust», ha detto un rappresentante dell'agenzia. Intanto, le azioni di Alphabet Inc., la società capofila di Google, sono scese di circa l'1% nel trading after-hours martedì. Gli investitori temono, quindi, che lo smembramento possa avere un impatto negativo sul gruppo.
Bloomberg ha riferito che se l'agenzia governativa decidesse di smantellare l'azienda, i segmenti più probabili da separare sarebbero il sistema operativo Android e il browser Chrome. Il Dipartimento di Giustizia sta anche considerando la possibilità di ordinare la vendita di AdWords, la piattaforma di vendita pubblicitaria di Google, ha detto Bloomberg. Il notiziario ha inoltre riferito che l’ente statale americano probabilmente cercherà di vietare i contratti esclusivi che hanno permesso a Google di diventare il motore di ricerca predefinito per molti utenti tramite smartphone.
L’agenzia di stampa ha riferito anche di altre opzioni che sarebbero sul tavolo del Dipartimento, tra cui «costringere Google a condividere più dati con i concorrenti e misure per impedirgli di ottenere un vantaggio sleale nei prodotti di intelligenza artificiale». Google ha dichiarato che intende fare ricorso contro la sentenza del tribunale.
L’ANTITRUST USA STANA IL MONOPOLISTA GOOGLE MA TRUMP PUÒ SALVARLO
Stefano Mannoni per Mf-Milano Finanza
Mi rendo conto che non è elegantissimo esordire un articolo rivendicando uno stentoreo «l’avevamo detto!». Eppure questa punta di vanità sembra concessa date le eccezionali circostanze della vicenda, ossia la clamorosa sentenza sul caso Google appena pubblicata.
Che, come avevano predetto il sottoscritto e Guido Stazi nel saggio del 2021 “Sovranità.com” avrebbe potuto essere uno degli sbocchi dello sforzo decennale da parte di un possente movimento antitrust per ricondurre il potere delle piattaforme tecnologiche entro limiti democraticamente accettabili. Non solo: molto ha contato il dialogo transatlantico tra istituzioni della concorrenza (…)
Il caso ha voluto poi che la fortuna arridesse anche nella scelta del giudice federale incaricato del caso, Amit P.Mehta, nominato da Obama nel 2014 (…)
Nelle 277 pagine di motivazione il giudice Mehta assesta a Google un colpo tremendo accertandone la natura e il comportamento monopolistico nel mercato della ricerca generalista, dove l’azienda si sarebbe assicurata una posizione di assoluto vantaggio sui concorrenti pagando 26 miliardi di dollari gli apparati in cui il suo motore come installazione predefinita.
“Gli accordi di distribuzione di Google”, spiega la motivazione, “appaiono aver ragionevolmente contribuito a privare Microsoft degli incentivi ad allargare il suo investimento nel motore di ricerca”. E non è finita qui; grazie a questa insuperabile recinzione Google ha potuto esigere prezzi sovracompetitivi nel sottomercato delle pubblicità testuali: “Il costo per clic per un text ads è cresciuto nel corso del tempo… e Google attraverso ritocchi appena percettibili alle sue aste ha incrementato i prezzi dei text ads senza timore di perdere inserzionisti”. (….)
Attenzione però: la politica potrebbe riservare soprese. Se Trump vincerà le elezioni potrebbe essere tentato di rinunciare al caso. In fin dei conti i Repubblicani, che hanno guadagnato consensi nella Silicon Valley grazie alla promessa di un passo indietro delle istituzioni dal mercato, sarebbero nel loro se perorassero la fine della stagione dell’interventismo antitrust. Google non è molto popolare presso i Repubblicani ma bisognerà attendere le donazioni che dalla Silicon Valley affluiranno nelle casse di Trump e Vance… (…)
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