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    CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA – VALENTINA GIUNTA, UCCISA A COLTELLATE DAL FIGLIO DI 15 ANNI, VIVEVA DA DUE ANNI NEL TERRORE E AVEVA SUBITO RIPETUTE MINACCE E AGGRESSIONI DAI FAMILIARI DEL COMPAGNO. TANTO CHE AVEVA VENDUTO CASA PER ALLONTANARSI INSIEME AI FIGLI DA QUEL CONTESTO CRIMINALE – È DA QUESTA DECISIONE CHE È SCATURITA LA REAZIONE ASSASSINA DEL RAGAZZINO, CHE AVEVA IDEALIZZATO IL PADRE, UN BALORDO CHE ENTRAVA E USCIVA DAL CARCERE – LA CUGINA DELLA VITTIMA: “SAPEVAMO CHE PRIMA O POI IL RAGAZZO LE AVREBBERO FATTO DEL MALE”. E ACCUSA GLI ASSISTENTI SOCIALI…


     
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    1 - VALENTINA UNA MORTE ANNUNCIATA

    Laura Anello per “La Stampa”

     

    valentina giunta valentina giunta

    Viveva nel terrore, Valentina. Minacce, aggressioni, insulti, messaggi anonimi. Tanto da avere venduto la casa di famiglia nel quartiere di San Cristoforo e avere affittato un alloggetto dove sperava di portare presto i suoi due figli per sottrarli al destino che le sembrava scritto.

     

    Via, da quei vicoli dove tutto era successo, da quella casa in cui era andata a vivere con il padre dei suoi figli, Angelo, il compagno che dal 2016 entrava e usciva dal carcere, prima accusato di avere sparato a un pregiudicato, poi sfuggito per miracolo alla vendetta del figlio di quell'uomo che lo aveva riempito di proiettili, e dopo ancora condannato per essere stato a capo dell'organizzazione che rubava e rivendeva auto in mezza Sicilia.

     

    valentina giunta valentina giunta

    Operazione Wax, l'avevano chiamata gli investigatori, e il compagno ne sarebbe stato il bersaglio principale, assieme al padre Matteo. Una struttura criminale complessa, gente che nelle intercettazioni parlava un dialetto strettissimo pieno di frasi in codice. I poliziotti erano «i tedeschi».

     

    E invece Valentina Giunta, che voleva sottrarre i due figli a quel destino, proprio dal maggiore di quasi 15 anni è stata colpita e uccisa a coltellate sulle scale della casa già venduta, nella via Salvatore di Giacomo dove è nato il boss mafioso Nitto Santapaola, la casa della famiglia ormai a pezzi in cui lunedì sera era andata a chiudere gli scatoloni per il trasloco dell'indomani.

     

    Il giovane ha confessato davanti al giudice che ha convalidato il fermo e ha disposto il trasferimento in un istituto penitenziario per minori. Ha fatto trovare i vestiti sporchi di sangue (sequestrati) e ha raccontato quel che tutti sapevano: l'amore incondizionato per il padre, che era il suo modello, il suo esempio, il suo mito. Quel padre che riempiva di parole di dedizione e fedeltà sul profilo Facebook, quel padre che riempiva di fotografie il suo album di ragazzino, quel padre che lo baciava sulla bocca come faceva con il fratello più piccolo, suggello di appartenenza, di intimità, di potere.

     

    il figlio di valentina giunta il figlio di valentina giunta

    Lei, Valentina, è morta a soli 32 anni, unica donna di una famiglia tutta al maschile, donna che soccombe a un destino di morte che sentiva sempre più vicino, tra denunce per maltrattamenti all'ex compagno - due, ritirate - l'ostilità della famiglia di lui e soprattutto il conflitto lacerante con quel figlio maggiore amatissimo che però aveva scelto la legge del padre. «Siamo forti», «Ti aspetto», «Sei il mio leone», «Sei la mia vita», scriveva su Facebook il figlio al padre, lui che aveva scelto di vivere dalla nonna, la suocera che Valentina odiava, sicura che lo avesse plagiato.

     

    Un destino scritto. I familiari temevano per la sua vita e avevano cercato di convincerla a trasferirsi in Germania. «Sapevamo che rischiava - dice la cugina, Cristina Bonanzinga -. Avevamo paura, la incitavamo ad andare via». Una donna, una madre, sola contro tutti, come un'eroina della tragedia greca. Una donna che vuole ribellarsi all'ambiente in cui è immersa, una donna - per usare un termine di Leonardo Sciascia - che voleva sottrarsi al «contesto».

     

    «Valentina Giunta - dice il suo avvocato, Salvatore Cannata - viveva da anni nella paura che qualcosa di grave le sarebbe potuto accadere. Ci sono stati vari episodi di violenza, anche gravi, che hanno visto come persone offese lei e la sua famiglia e come protagonista attiva la famiglia del suo ex convivente. Le responsabilità di questa terribile vicenda non si possono limitare al solo fatto di sangue che si è verificato la sera del 25 luglio».

     

    valentina giunta con il figlio valentina giunta con il figlio

    Già, perché è stato lunedì scorso che il figlio ha affrontato la madre nell'ennesimo litigio, la madre che provava a proteggerlo. E questa volta nelle mani il ragazzo aveva un coltello. Alla polizia è arrivata una telefonata anonima, una voce femminile, ma quando gli agenti sono arrivati era troppo tardi. Il primo sospetto, quello che fosse stato il compagno, è stato subito smentito dal fatto che fosse in galera: così poi lo sguardo è caduto sul figlio maggiore che intanto era scappato e che è stato ritrovato l'indomani mattina.

     

     Lontane, per lui adesso, le merende alla Nutella e i dolciumi che mostrava orgoglioso su Facebook con parole di gratitudine, manicaretti preparati dalla nonna, la custode dei valori paterni, l'unica donna della famiglia cui si rivolgeva con amore. Oggi verrà conferito l'incarico per l'autopsia. Ma secondo il medico legale, Valentina è stata colpita «con un'arma da punta e taglio al collo, al fianco e alla spalla sinistra che le ha cagionato la lesione di grossi vasi sanguigni con shock emorragico, che ne ha determinato la morte». Un'arma impugnata da un figlio poco più che bambino.

     

    2 - «LE DICEVO SCAPPA CON ME SAPEVO CHE PRIMA O POI QUEL FIGLIO CHE LEI AMAVA LE AVREBBE FATTO DEL MALE»

    Lara Sirignano per il “Corriere della Sera”

     

    valentina giunta con la cugina cristina valentina giunta con la cugina cristina

    Di Valentina, Cristina sapeva tutto: segreti, problemi e l'incubo degli ultimi mesi vissuti nel terrore di essere uccisa. «Cercava di farsi forza, ma aveva paura. Era costretta a guardarsi le spalle, a vivere tra minacce e aggressioni e con la consapevolezza che il rapporto con il figlio più grande era ormai compromesso», racconta Cristina.

     

    «Quando mi hanno detto che era morta ero a Pavia, prima di partire le avevo chiesto di venire con me, ma voleva sistemare le ultime cose legate alla vendita della casa. Mi ha detto che ci sarebbe stato tempo per stare insieme». E invece Valentina, accoltellata e uccisa dal figlio quattordicenne lunedì notte, il tempo non l'ha avuto. «Devo fare i conti con tutta la rabbia che ho dentro - dice la cugina con la voce rotta - perché quel che è successo era prevedibile, ce lo aspettavamo: perciò non la lasciavamo mai sola. C'erano stati tanti, troppi segnali, sapevamo che prima o poi il ragazzo o la famiglia del padre le avrebbero fatto del male».

     

    valentina giunta big valentina giunta big

    E così è stato. M., il figlio maggiore, l'ha raggiunta nella casa che la vittima aveva deciso di lasciare per allontanarsi da un contesto terribile e l'ha ammazzata con quattro coltellate. Il compagno, da anni in carcere per furti d'auto e tentato omicidio, le impediva di rifarsi una vita: «La minacciava con messaggi anonimi che le faceva arrivare da cellulari che non siamo mai riusciti a rintracciare - raccontano alcuni familiari - e la suocera aveva ormai plagiato totalmente il figlio più grande che aveva sviluppato un odio profondo nei confronti della madre e non accettava che potesse rifarsi una vita andando via con il fratello minore. Negli ultimi tempi, però, anche il piccolo stava cominciando a cambiare. Riferiva ai parenti del padre tutto quello che Valentina faceva, chi incontrava. Mia cugina cercava di fargli capire che era pericoloso, ma forse perché è ancora bambino, non si rendeva conto dei rischi».

     

    valentina giunta 6 valentina giunta 6

    Poi i danneggiamenti: l'auto rigata, l'appartamento distrutto da una spedizione punitiva dei parenti dell'ex a cui aveva assistito anche il figlio maggiore, che da mesi ormai era andato via di casa e aveva lasciato la scuola. E otto mesi fa le violenze. «Mio zio, il padre di Valentina - racconta la cugina - era stato pestato a sangue dai familiari del genero e M. aveva visto la scena senza far nulla. Lo avevano portato in ospedale col setto nasale rotto».

     

    A quel punto Valentina, convinta dai suoi, aveva sporto denuncia, salvo ritirarla poco dopo. Come aveva ritirato quella fatta dopo gli sms anonimi di minacce. Amava il figlio, aveva paura per sé e per i suoi familiari - la sorella 15 anni fa era stata accoltellata da una parente dell'ex compagno - e si sentiva sotto assedio, circondata da nemici in un quartiere, San Cristoforo, dove il degrado e la violenza sono a ogni angolo, dove i vicini si giravano dall'altra parte facendo finta di non sapere. Il quartiere dove aveva conosciuto quello che poi sarebbe diventato il padre dei suoi due figli.

     

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    «S' era innamorata che era solo una ragazza, era stata la classica fuitina, ma lui è stato sempre possessivo - racconta Cristina -. Non l'ha fatta neppure venire al mio matrimonio e per poter avere una foto insieme sono andata vestita da sposa a casa sua prima delle nozze e me la sono fatta fare». «Appena maggiorenne ha avuto il primo figlio con il quale per anni tutto è andato bene, ma nell'ultimo periodo era totalmente cambiato - ricorda -. Si è schierato dalla parte del padre che idolatrava e che intanto era finito in carcere».

     

    Dopo la denuncia seguita all'aggressione del padre, il tribunale dei minori ha aperto un procedimento per valutare la capacità genitoriale di Valentina e del compagno e la giovane donna è stata sentita dai servizi sociali. «Le hanno detto che il ragazzo poteva continuare a stare con la nonna paterna perché gli voleva bene», racconta Cristina. «Valentina ha cercato di spiegare che non era un ambiente sano e che il ragazzo non andava più a scuola, ma non è accaduto nulla. Come può un assistente sociale fare un errore del genere?», si chiede.

     

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    Quando parla di M. le trema la voce. «Vogliamo risposte dalla giustizia», dice dopo aver saputo della convalida del fermo del cugino, finito in cella poche ore dopo l'omicidio. E a chiedere giustizia, attraverso il loro legale, l'avvocato Salvo Cannata, sono anche il padre e la sorella della vittima. «Noi abbiamo due obiettivi- spiega - salvare il figlio minore di Valentina da un contesto deviato e deviante e accertare la verità fino in fondo, capire cioè come un ragazzino sia arrivato a nutrire un odio simile per la madre e chi, anche solo psicologicamente, abbia armato la sua mano».

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