Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera”
ZUCCHERO
Le origini sono le stesse. Le paludi del blues. Per i Rolling Stones sono state le basi su cui innestare il rock bianco. Zucchero ha portato quella tradizione black nella canzone italiana. «Alla classica domanda, Beatles o Rolling Stones?, ho sempre risposto convinto Stones. Ancora oggi è così anche se poi ho imparato ad amare i Beatles. Degli Stones mi piace quel suono crudo e marcio che attinge dalla cultura afroamericana», dice Zucchero.
ZUCCHERO
Ieri ha aperto il concerto della più grande rock band della storia a Gelsenkirchen, in Germania. Sensazione?
«È stato un onore essere stato scelto da loro per la seconda volta come gladiatore che incita il pubblico per l'arrivo dell'imperatore».
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Unica doppietta italiana. La prima volta fu nel 1999, a Imst in Austria: ricordi?
«Suonai dopo Bryan Adams e prima di loro. Li incontrai nel backstage, avevano una grande tenda con un biliardo e un juke box. Loro erano tranquilli, io un po' in ansia... ci siamo bevuti un drink e facendo quattro chiacchiere si era creata chimica».
Con Jagger si è rivisto...
«L'estate scorsa in Toscana. Era ospite del conte della Gherardesca a Castagneto Carducci e sono stato invitato alla festa di compleanno di Mick. Quando è arrivato ho fatto una delle mie solite battutacce: "I' ve heard about you", ho sentito parlare di te. E lui "anche io". E si è rotto il ghiaccio».
ZUCCHERO
Quindi?
«Dopo cena qualcuno del pubblico mi ha riconosciuto e mi ha chiesto di cantare. Ho preso una chitarra dallo studio di Jagger e ho fatto "Con le mie lacrime", la versione di "As Tears Go By" che gli Stones incisero in italiano. Lui mi ha seguito, se la ricordava. E poi ho attaccato con "Senza una donna". Mick conosceva la cover di Paul Young, ma sbagliava e diceva "Senza Madonna"».
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Lo ha corretto?
«No, e come fai a dirglielo? Ho chiuso con "Diamante": aveva il figlio piccolo in braccio e gli ho visto gli occhi lucidi, gli sarà arrivato qualcosa al di là del testo».
Chi è invecchiato meglio dal primo incontro?
«Sicuramente Jagger, io me la gioco con Keith... Mick si tiene in forma, non beve, fa ginnastica e salta ancora come un grillo. Sarà perché vengo dall'Emilia, ma non ho quella mentalità... Prima o poi dovrò convincermi a fare movimento, ma non saranno di sicuro sport fighetti, al limite taglierò la legna».
Non si allena per un tour mondiale come quello di cui sta per chiudere la prima fase e che la terrà in giro fino alla prossima estate?
«Dopo due anni di fermo, avevo voglia e necessità di andare su un palco. Mi ricarica ogni sera come una centrale elettrica anche senza una preparazione fisica. Anzi, mi sento meno stanco rispetto al passato. Negli Stones vedo lo stesso fuoco nonostante l'età, mentre altri colleghi lo hanno perso e vanno avanti».
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La generazione trap è criticata perché in molti sembrano non averlo nemmeno agli inizi questo fuoco: concerti in playback e insulti ai fan se non si scatenano come nel caso di Rhove.
«Manca il mestiere. La gavetta ti insegna l'abc del mestiere, come costruire una scaletta, come adeguarsi alle reazioni del pubblico. Io l'ho imparato agli esordi, quando suonavo nelle sale da ballo».
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Dopo un tour così lungo ha paura del vuoto del ritorno?
«È il mio pensiero. Voglio continuare a fare a musica ovunque ci sia qualcuno che me lo richiede, ma adesso non ho voglia di fare dischi. Deve venirti l'esigenza di scrivere e stare un anno e mezzo fuori dal resto del mondo».
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I Rolling Stones non fanno album di inediti dal 2005, il precedente è del '96... Hanno un repertorio tale da non avere bisogno di novità...
«Non ho paura di buttare fuori pezzi deboli, sono il primo censore di me stesso. In questo momento preferisco stare alla finestra e vedere se cambia qualcosa. C'è una deriva musicale e io ho bisogno di musica più complessa che faccia venire la pelle d'oca. Altrimenti vado avanti così, a suonare dal vivo».
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