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    VALERIA LA PAZZA - MA QUANTO E' BRILLA LA BRUNI TEDESCHI? "IL DISCORSO AI DAVID SEMBRAVA TEATRO PIU’ CHE UNA SERATA TV. ORA VOGLIO RIDERE DELLA VITA - IO E MICAELA RAMAZZOTTI SIAMO COME STANLIO E OLLIO - LA DEDICA ALLA POVERA PSICANALISTA? MI METTO NEI SUOI PANNI, ASCOLTARE LE LAMENTELE PER DECENNI DEVE ESSERE NOIOSISSIMO" - VIDEO


     
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    Arianna Finos per la Repubblica

     

    VALERIA BRUNI TEDESCHI VALERIA BRUNI TEDESCHI

    Alla notizia che il suo discorso da migliore attrice ai David è diventato virale Valeria Bruni Tedeschi scoppia in una risata che non finisce più: «Volevo solo ringraziare. E però, sinceramente, anche divertirmi». È appena tornata a Parigi.

     

    Cos' è successo sul palco?

    «Tutto è partito in platea, quando le scarpe si sono impigliate nel vestito prima di salire sul palco, un incidente che mi ha messo nella condizione di clown. Cadere, scivolare, è oro per un attore. Quell' incidente ha trasformato il momento in qualcosa di più teatrale che mondano».

     

    Sembrava "La pazza gioia" dal vivo.

    «Sì. Un filo si è teso di nuovo tra me e il personaggio di Beatrice: è lei che non ha il controllo delle situazioni, io in genere sì. Ho cercato di dire tutto ciò che avevo scritto nel tempo più breve, ho cercato di non lasciarmi andare. E poi c' era stato il discorso di Benigni la mattina al Quirinale sull' importanza quasi etica dell' allegria che mi ha dato la musica della giornata, un discorso molto più importante del mio».

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    Una gioia, la sua sul palco, che era quasi un' ebbrezza...

    «Un misto tra la felicità di dire e l' autoderisione. Una cosa che fa bene a tutti, perché ci fa sentire per un momento nella stessa barca. E questo regala euforia. Perciò mi diverte di più paragonarmi a Stanlio e Ollio che a Thelma e Louise. Mi dà più ossigeno, mi sembra meno presuntuoso e più divertente».

     

    Quando ha scritto il discorso?

    «Qualche giorno fa. Volevo evitare di balbettare ringraziamenti sul momento e avevo in mente il bel discorso di Paolo Sorrentino agli Oscar, così elegante, anche se più serio e conciso del mio. Così mi sono lasciata andare, mettendo insieme persone, idee, momenti della vita che mi venivano in mente liberamente. Un miscuglio tra il mio mentore Virzì, mia madre, mia sorella, mia zia e Chopin, che in comune hanno il fare parte della mia vita».

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    La dedica a Basaglia?

    «In seconda media, alla scuola italiana a Parigi, ci dissero sarebbe arrivato colui che aveva chiuso i manicomi in Italia. Nel mio immaginario infantile vedevo questi malati che uscivano per strada...Poi c' è stato l' incontro con Basaglia, importante, reale. In La pazza gioia il rapporto con le vere pazienti è stato una ricchezza, un soffio di verità».

     

    Con l' amica Barbara vi siete più viste?

    «No. Ci siamo perse. Ma volevo raccontare il momento in cui qualcuno fa un gesto di amicizia nei tuoi confronti e la tua solitudine svanisce. Di chi quando ti senti perso, nel buio, ti dice una parola amica per pura empatia. Questo è il miracolo dell' umanità di cui parla Simone Weil. Una nozione seria, ma che ha a vedere con l' umorismo. La sala dei David era piena di empatia».

    Ha ringraziato gli uomini che l' hanno amata e quelli che l' hanno abbandonata.

    «Le emozioni negative possono diventare positive, creative. L' essere abbandonati fa parte dell' esperienza umana e di ciò che possiamo raccontare in un film. La pazza gioia è pieno di senso dell' abbandono, le protagoniste sono state abbandonate, nell' infanzia e nell' età adulta. Il dolore comune le rende amiche. Ci abbiamo lavorato tanto con Micaela Ramazzotti, il premio ha senso insieme a lei».

    Ha citato "Gena Rowlands e suo marito".

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    «Perché mi piace Gena Rowlands. Perché i film di John Cassavetes mi danno voglia di lavorare come attrice e regista, m' ispirano come coppia, sullo schermo e nella vita. Di solito si nomina il marito e poi la moglie, mi piaceva fare il contrario».

     

    Il legame speciale con Anna Magnani?

    «Ha la capacità di rimettermi in sintonia con me stessa, darmi la nota giusta. Anna Magnani mi dà il gusto della verità».

     

    E Fabrizio De André?

    «La sua morte mi ha reso disperata. Ricordo di essere caduta in un baratro di disperazione come se fosse morto qualcuno della mia famiglia. La sua voce calda, le sue parole, l' intelligenza, la leggerezza».

     

    Ha avuto paura delle proprie emozioni?

    «Ho pensato che non ho più l' età, né il tempo, di avere paura delle mie emozioni. Ho avuto voglia, per una volta, di non aver paura».

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    E la povera psicanalista?

    «Mi metto nei suoi panni, è sempre la stessa: ascoltare le lamentele di una persona per decenni deve essere noiosissimo».

    Gli ultimi menzionati sono i suo duei figli.

    «Per un senso di protezione, sono le persone più fragili e importanti».

     

    Cosa ha fatto, scesa dal palco?

    «Con Paolo e Micaela siamo andati a fumarci una sigaretta. Abbiamo riso, parlato, bevuto champagne un po' come gli attori che vanno dietro le quinte. La sensazione di un momento di teatro, più che di una serata televisiva ».

     

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