Gianfranco Teotino per “il Messaggero”
IL FALLO DI KJAER SU LLORENTE IN NAPOLI ATALANTA
A questo punto è il caso di parlare di autentica crisi di rigetto. Il sistema immunitario degli arbitri ha incominciato ad attaccare il corpo estraneo trapiantato nel loro apparato decisionale: il Var. Non lo riconoscono come organo proprio. Dopo due anni di difficile coabitazione, adesso sembra stiano cercando di espellerlo. Un rifiuto progressivo e preoccupante. Anche abbastanza inspiegabile, considerata l'utilità dello strumento, adatto non soltanto a evitare palesi ingiustizie, ma pure a facilitare i complessi compiti di una categoria che potrebbe di diritto essere inserita fra quelle esposte a lavori usuranti. E invece no: anziché essere considerato un prezioso supporto, il Var viene sempre più percepito dagli arbitri come mezzo di sottrazione indebita della loro autonomia discrezionale.
IL NODO
Complessa psicologia quella dei direttori di gara. Senza entrare nel merito degli episodi che hanno scatenato le polemiche del mercoledì sera, giuste o sbagliate che fossero le decisioni finali, ciò che accomuna i comportamenti dei fischietti contestati Giacomelli a Napoli, Irrati a Udine, lo stesso Giua a Torino è il loro pervicace rifiuto ad andare davanti al monitor a rivedere le azioni di complessa interpretazione. Questione di buonsenso, non di protocollo.
ANCELOTTI SQUALIFICATO
Avrebbero potuto a ragion veduta confermare le loro scelte, o magari cambiarle, senza timore di essere criticati e, paradosso nel paradosso, avrebbero persino dato maggiore continuità al gioco. Si perde molto più tempo infatti per gli interminabili e misteriosi conciliaboli segreti fra arbitro e assistenti e per le proteste di giocatori e panchine, di quanto se ne perderebbe con una rapida corsetta per andare a verificare di persona le immagini.
llorente kjaer
Il combinato disposto della mancata assegnazione del rigore richiesto dal Napoli, dell'espulsione di Ancelotti (che si è beccato ieri una giornata di squalifica dal giudice sportivo), dell'esplosione anti casta arbitrale di De Laurentiis, del severo cartellino rosso al genoano Cassata allo Juventus Stadium e del rigore concesso a Cristiano Ronaldo ha riportato la discussione sull'antico binario dei favori alla Juve, fornendo lo spunto a un consistente gruppo di parlamentari tifosi del Napoli per presentare nientemeno che un'interrogazione parlamentare al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora.
Primi firmatari: Gaetano Quagliariello (presidente del Napoli Club Parlamento) al Senato e Paolo Russo alla Camera, entrambi di Forza Italia. Ma l'iniziativa è bipartisan, avendo ricevuto l'adesione anche di membri del Pd come Gianni Pittella che strilla sui social «Non privateci della passione per lo sport». Una banalizzazione del male.
ERRORI INACCETTABILI
Il fatto è che la possibilità, offerta proprio dall'introduzione del Var, di correggere gli errori, rende oggi gli eventuali svarioni arbitrali molto meno accettabili, specie laddove resti il dubbio che non sia fatto quel che si poteva per evitarli. Poi è ovvio che le dinamiche proprie del calcio offriranno sempre delle situazioni ambigue, delle decisioni al limite, non sbrogliabili neppure dalle moviole tecnologicamente più perfette. Ma gli arbitri se ne debbono fare una ragione, non sono infallibili, una verifica in più non può scalfire il loro ego. Altrimenti, se continueranno così, l'inserimento fra le regole di ingaggio della possibilità di chiamata al video da parte di allenatori o capitani diventerà non più un'ipotesi da vagliare, ma una conseguenza inevitabile dei loro comportamenti omissivi.
ARBITRI CHE ODIANO IL VAR
llorente kjaer
Alessandro Barbano per il Corriere dello SPort
Se fosse un best seller potrebbe chiamarsi “Arbitri che odiano il Var”. Ma è solo la trama ipotetica di un racconto nell’inconscio del campionato di serie A, segnato dalle polemiche. Però non è un caso che Giacomelli rinunci a consultare le immagini di Napoli-Atalanta, di fronte alle vibranti proteste di tutti gli azzurri. Lui che appena un mese fa ha passato oltre due minuti davanti al monitor di Milan-Fiorentina, rettificando poi in espulsione l’ammonizione di Musacchio per fallo su Ribery. Non è un caso, ancora, che Irrati alzi un incredibile cartellino rosso contro Fazio in Udinese-Roma, rinunciando al beneficio del dubbio. Andando a ritroso, potremmo citare altri episodi che raccontano un ragionamento più o meno segretamente condiviso: gli arbitri si tengono a distanza dal Var, non tanto perché non amino la tecnologia, ma perché rifiutano il controllo di un’autorità esterna al campo di gioco che valuta il loro operato, depotenzia la loro autonomia e li riduce a subalterni dei colleghi posizionati dietro al monitor. In attesa che le regole di ingaggio tra direttore di gara e Var vengano ridefinite in maniera più congrua in sede internazionale, si stanno orientando a sbagliare di testa propria. Ma l’effetto di questa reazione difensiva a volte è disastroso, come dimostra chiaramente l’ultima giornata di campionato. Perché disporre di una tecnologia precisa e rinunciare a usarla è un clamoroso autogol.
napoli atalanta llorente kjaer
Il caso di Napoli-Atalanta è emblematico. Dal fallo di Kjaer su Llorente, non visto da Giacomelli, al gol di Ilicic passano 33 secondi, senza che il gioco si fermi. In questo tempo brevissimo il Var esclude quel “chiaro ed evidente errore” che giustificherebbe una richiesta esplicita all’arbitro di rivedere le immagini. Cosa passa nella testa del signor Banti, che sta davanti al monitor? È probabile che l’azione da lui considerata fallosa non sia quella del difensore atalantino, che sul cross di Mertens indietreggia, disinteressandosi del pallone, e travolge l’attaccante del Napoli, ma piuttosto il gesto di quest’ultimo che, nel tentativo di stoppare, allarga le braccia mentre l’avversario gli piomba addosso a testa bassa. Andrebbe perciò fermato il gioco e punito il fallo di Llorente, magari anche con un cartellino, come prescrive il protocollo Fifa. Ma il gioco va avanti, secondo le indicazioni dell’arbitro e tra le proteste degli azzurri. E l’Atalanta pareggia. A quel punto il Var ha le mani legate: se la palla fosse finita in fallo laterale, o in calcio d’angolo, avrebbe potuto segnalare a Giacomelli il fallo non visto e chiedergli di far riprendere il gioco dall’area di rigore atalantina, dove è avvenuto il contatto tra Kjaer e Llorente. Ma una volta che il pallone è finito in gol, una simile scelta significherebbe penalizzare l’Atalanta. Perciò il Var si astiene.
cassata espulsione
Che cosa passa invece per la testa di Giacomelli? Certamente l’arbitro non vede con chiarezza quanto accade tra Kjaer e Llorente, perché al momento dell’impatto tra i due un altro difensore dell’Atalanta s’interpone sulla linea di visuale. Tant’è vero che non fischia né il rigore né al contrario il fallo dell’attaccante. È probabile che derubrichi istintivamente l’accaduto a un normale contatto di gioco, lasciando che sia il Var a valutare eventuali irregolarità. Quando l’Atalanta va in gol, il silenzio del Var rappresenta per lui il bollino di conferma della sua condotta, la prova che nella decisione di non concedere il rigore non c’è “il chiaro ed evidente errore”, che gli imporrebbe di rivedere le immagini. Certo, di fronte alla protesta unanime di tutti gli azzurri e di Ancelotti, potrebbe assumere la verifica al monitor come una sua personale e opportuna scelta. Ma chi glielo fa fare? In trentatré secondi la classifica della serie A si è rivoluzionata: Juve 26, Inter 25, Napoli e Atalanta 20, Roma 19, Lazio e Cagliari 18 è diventata Juve 26, Inter 25, Atalanta 21, Roma 19, Napoli, Lazio e Cagliari 18. Rimettere in discussione la decisione significherebbe ribaltare il campionato. La bollinatura del Var rappresenta il più rassicurante ombrello sotto il quale proteggere i propri dubbi ed espellere Ancelotti. E se c’è errore, che sia il Var a sbagliare.
Questo è il conflittuale dualismo che racconta il calcio europeo 2019-2020. E che induce gli inglesi, con i loro soliti rimedi pratici, a limitare l’impiego del Var quasi esclusivamente all’accertamento del fuorigioco. Ma una cosa è certa: la tecnologia si governa solo se viene riconsegnata alla responsabilità del direttore di gara. Magari concedendo ad allenatori o capitani di richiedere la verifica delle immagini su due decisioni per tempo ritenute dubbie, come avviene con il cosiddetto “challenge” nella pallavolo. Possibilità che non intacca la signoria dell’arbitro, a cui spetta ovviamente la lettura delle immagini e l’ultima parola. È una proposta che varrebbe la pena di discutere, magari partendo dall’Italia.