Filippo Santelli per “la Repubblica”
BITCOIN
Rieccoci. Si è aperta una nuova falla nella rete dei bitcoin, la valuta virtuale più scambiata del pianeta. Martedì Bitfinex, sede a Hong Kong, terza piattaforma al mondo per monte delle transazioni, ha annunciato che 119.756 “monete” sono state sottratte dai portafogli dei suoi clienti. Ai prezzi correnti fanno 77 milioni di dollari volatilizzati: è la seconda spaccata digitale più ricca della storia, dopo quella da 450 milioni che ha portato nel 2014 alla bancarotta della giapponese Mt. Gox.
«Stiamo collaborando con le autorità per stabilire l’origine dell’intrusione», si legge nel comunicato affisso sulla homepage di Bitfinex, che nel frattempo ha bloccato le operazioni, compresa la possibilità di ritirare il proprio gruzzolo. Generando così un’ondata di vendite su un mercato di suo già parecchio volatile. Il prezzo del bitcoin è precipitato in un giorno del 20%, sotto quota 520 dollari.
bitcoin
La criptomoneta insomma si rivela ancora instabile: «Le tecnologie sono mature per evitare questi incidenti, ma devono anche essere usate in modo appropriato», spiega Antonio Simeone, che con la sua startup Euklid sviluppa algoritmi di trading con tecnologia bitcoin. Bitfinex disponeva di un avanzato sistema multifirma per autorizzare le transazioni, ma pare conservasse tutte le chiavi nello stesso server, alla portata dell’hacker di turno. Leggerezze del genere potrebbe essere il regolatore a prevenirle, dice Simeone, fissando standard minimi di sicurezza.
funerali pagati con i bitcoin
La piattaforma europea Bitstamp per esempio, dopo aver subito un furto da 5 milioni di euro, ha trasferito la sede in Lussemburgo dove ora è il primo istituto di pagamento in bitcoin autorizzato e vigilato. Bitfinex si è già presa la responsabilità dell’errore: «L’incidente non ha mostrato debolezze nella struttura della blockchain», ha detto un rappresentante della società riferendosi alla tecnologia contabile decentrata (quindi meno cara e più sicura) alla base della moneta. Innovazione che anche le maggiori banche mondiali, comprese Intesa e Unicredit, sperimentano all’interno del consorzio R3. Non sarà un furto con destrezza a farle desistere.