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    VATTI A FIDARE DEI MEDICI - BALLERINA OPERATA PER UNA SCOLIOSI FINISCE IN SEDIA A ROTELLE: “UN ERRORE IMPERDONABILE. E L’OSPEDALE MI HA FATTO PURE UN’OFFERTA RIDICOLA COME RISARCIMENTO DANNI” - IL MEDICO A PROCESSO


     
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    Giulio De Santis per il “Corriere della Sera”

     

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    La fantasia come terapia per curare le ferite della sua disgrazia. «Prendo una matita, un foglio bianco, e disegno la prima immagine che mi appare in mente». 
     

    Federica ha appena 21 anni, il sorriso fresco della sua età, gli occhi azzurri. Parla con dolcezza, nonostante la sua vita sia stata drammaticamente spezzata in un prima e in un dopo per colpa di un errore medico. Fino al pomeriggio del 26 giugno 2012 lei era la Federica giovane promessa della danza italiana, capace all’età di soli dodici anni di fregiarsi del titolo di vicecampionessa del mondo. 
     

    Poi, alle quattro di quel giorno di tre anni fa, entra al Policlinico di Tor Vergata per curare una scoliosi. L’ingresso in sala operatoria è alle sette di sera. Quando riapre gli occhi alle undici di notte, la giovane étoile è artisticamente morta, per sempre. «Mi sveglio dall’operazione e il primo gesto che faccio è muovere le gambe. Il mio desiderio è tornare a ballare il giorno dopo.

     

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    D’altronde non ho fatto altro da quando avevo cinque anni. Penso che mi abbiano insegnato a danzare i miei genitori, anche loro ballerini, quando ero nel grembo di mamma...». Però, al risveglio... «Niente! La gamba destra non risponde. Provo in tutti i modi a scuoterla, a punzecchiarla, a massaggiarla», ricorda oggi con una smorfia amarissima. 
     

    In quell’istante è nata l’altra Federica, quella che adesso dipinge ritratti e insegna la danza seduta sulla sua carrozzina. Una nuova vita cominciata nel peggiore dei modi possibile. «I primi tre mesi nessuno mi ha detto la verità — ricorda Federica —. All’inizio non usavo nemmeno il braccio destro, però i medici m’illudevano che un giorno sarei tornata a ballare. Soltanto quando ho cambiato dottore, mi è stato detto cosa era successo: perforamento del midollo spinale. La mia gamba destra mi ha lasciata sola quel giorno. Un errore imperdonabile, gravissimo! E pensare che il Policlinico Tor Vergata mi ha fatto un’offerta ridicola come risarcimento danni». 
     

    MEDICI PRIMARI MEDICI PRIMARI

    L’ingresso nella nuova realtà è avvenuto in compagnia di papà Giovanni, il giorno che sono andati insieme a ritirare la sedia a rotelle fornita dall’Asl. «Appena mi sono accomodata ho sentito il cuore stringermi. Ero abituata a volteggiare in aria e mi sono trovata in una gabbia con due ruote». Poi è venuta la riabilitazione, sempre con il supporto del papà, impiegato statale, che in questi tre anni ha sfruttato ogni permesso per accompagnarla a nuotare e fare esercizi. «L’Asl mi rimborsa 54 sedute l’anno. Le altre 300 le devo pagare con i miei soldi. Chi è disabile vive imprigionato in un labirinto di barriere.

     

    disabile disabile

    Ho dovuto rinunciare ad andare all’università perché muoversi tra un’aula e l’altra è impossibile. Nella scuola dove ho imparato grafica pubblicitaria hanno costruito le rampe solo perché un giorno hanno dovuto chiamare i pompieri per portarmi a terra quando sono rimasta chiusa nell’ascensore al terzo piano». 
     

    Nel deserto attraversato con la sua sedia a rotelle ogni tanto c’è un’oasi di leggerezza a pochi passi da casa, a Rocca Priora. «È la scuola di danza di mia madre. Si chiama Lucy Dance. È qui che ho imparato a ballare a cinque anni. La raggiungo per assaporare il profumo del mondo che amerò sempre. Mi piace insegnare ai giovani. Certo, talvolta li devo abbandonare perché vorrei essere sul parquet accanto a loro. Allora mi sento arrivare un groppo in gola. Ma poi, faticosamente, passa».

     

    La vita di tutti giorni ha ripreso il ritmo. «Guido una macchina adattata alla mia disabilità. Il sabato sera esco per andare a mangiare una pizza. E ora sta cercando lavoro come grafica». Il momento che però predilige è sola nella sua stanza. «Allora prendo le matite colorate e comincio a disegnare. Spazio con l’immaginazione. È la mia cura preferita». 

    BALLERINA IL CIGNO NERO BALLERINA IL CIGNO NERO

     

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