Pierluigi Panza per www.corriere.it
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Quando ancora si dipingeva al lume di candela, quella veneziana divenne la pittura della luce. Il cielo, di fuori, come incollato in un unico foglio cilestrino alla Laguna, impose l’affermarsi di fulgide tele. Lui, che era figlio di un tintore, divenne il più veloce pittore dei colori e della luce di Venezia. E oggi, a cinquecento anni dalla nascita, la città ha deciso di accendere le luci su Jacopo Robusti detto Tintoretto, dedicandogli la monumentale mostra di Palazzo Ducale (che andrà poi a Washington) e accendendo ieri nuove e tecnologiche luci su quell’insuperabile tavolozza-scrigno che è la Scuola Grande di San Rocco.
L’intervento, curato dal lighting designer Alberto Pasetti Bombardella per conto di iGuzzini, è stato inaugurato dal ministro per i Beni e le Attività culturali Alberto Bonisoli. «Sono giorni importanti per la cultura a Venezia — ha dichiarato il ministro alludendo sia alla inaugurazione odierna del Museo M9 di Mestre che al dossier da presentare all’Unesco sullo stato di Venezia —. Qui alla Scuola siamo di fronte a una riuscita collaborazione tra il pubblico e un privato all’avanguardia nel servizio della bellezza».
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«Credo che la tecnologia ci consenta oggi di osservare meglio la grande tavolozza di Tintoretto utilizzando i nostri led invisibili», ha aggiunto Adolfo Guzzini, la cui azienda ha già illuminato l’Ultima Cena a Milano, la Pietà di Michelangelo a Roma e la Cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova. Un orgoglio italiano, come tutti sottolineano, sebbene per il manifesto di presentazione si sia scelto un titolo in inglese, «Light is Back». Tra il 1564 e il 1588 Tintoretto decorò la Scuola Grande con un meraviglioso ciclo di teleri dei quali ora si possono cogliere particolari inesplorati usciti dall’oscurità. Dipinse tutti gli spazi con scene dall’Antico e dal Nuovo Testamento disponendole come in un teatro.
L’oscurità nella quale si trovavano fino a ieri era, comunque, d’autore: era quella delle lampade progettate da Mariano Fortuny nel 1937, quando fu introdotta la luce elettrica nella Scuola. Quella che era per noi una luce d’atmosfera, nel ‘37 era all’avanguardia. La nuova illuminazione si concentra sui teleri della Sala Capitolare, dove non c’è un centimetro lasciato libero da Tintoretto, che dipinse circa 500 metri quadrati. Poiché molti dei 33 teleri sono fissati al soffitto, per vederli i visitatori tengono degli specchi in mano — e questo rende la visita irresistibile al turista e ai ragazzini, alcuni dei quali si stendono a terra per osservare «Mosè e l’acqua che esce dalla roccia».
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Con le nuove luci miniaturizzate sono diventati visibili particolari prima ignoti, specie le trame di tele notturne come l’arresto di «Gesù nell’orto dei Getzemani». La luce che oggi illumina questa «Cappella Sistina veneziana» rende Tintoretto un pittore di luce interiore. È un Tintoretto diverso quello che ci guarda, a «realtà aumentata». L’impianto illuminotecnico utilizzato può mutare a discrezione di chi lo controlla ed è reversibile; quindi, in futuro, potrebbero essere adottate soluzioni diverse, come illuminare tele in sequenze particolari.
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