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angelina jolie in maria callas di pablo larrain
Marco Giusti per Dagospia
Ma vi dico subito che Angelina Jolie è bravissima sia ad aprir bocca quando canta la vera Callas, dice che ci ha messo sette mesi a saperlo fare come lei, sia a interpretarla nella sua vita sofferente, perché ne fa una grande star hollywoodiana. Più di Fanny Ardant, che fu la Callas di Zeffirelli, Angelian Jolie sa come dividere Maria dalla Callas e poi rimetterle insieme. Ne coglie anche gli aspetti meno simpatici e più ossessivi.
Non ci sono, a differenza di “Callas Forever” né un Jeremy Irons come giornalista né un Gabriel Garko, ma ricorderete tutti che all’epoca, come disse Lucherini, se lo contesero tra teatro e cinema Luca Ronconi e Zeffirelli, pazzi di lui. No. Non c’entrava nulla Gabriel Garko. E infatti qui non c’è un personaggio alla Garko. L’unica concessione che Steven Knight e Pablo Larrain, arrivati al terzo film assieme su grandi personaggi tragici femminili, dopo “Jackie”, 2016, e “Spencer, 2021, fanno a una trama amorosa di qualche peso è la storia con Aristotele Onassis, interpretato qui dall’attore turco, fantastico e identico, Haluk Bilginer.
angelina jolie in maria callas di pablo larrain
I due autori si permettono anche di mostrare la Callas al capezzale di un Onassis morente, mentre sta arrivando Jackie (ci crediamo? Mah…) e lui, il “bruto” greco le dice che il loro è stato vero amore, mentre quello con Jackie è stato solo un matrimonio. Se in “Jackie” e “Spencer”, uno sceneggiatore esperto come Steven Knight aveva trovato il modo di costruire una drammaturgia forte sugli eventi che spiegasse anche i personaggi e le loro scelte, in “Maria” lo stesso Knight non trova, dalla realtà, un vero appiglio narrativo per far funzionare il racconto.
pierfrancesco favino angelina jolie in maria callas di pablo larrain
E la storia, passionale ma sfortunata, con Onassis sembra più un pretesto che un grande snodo di racconto. Anche i personaggi che girano attorno alla Callas non hanno grande spessore. E, francamente, non capisco perché umiliare i due attori italiani più in vista del momento, cioè Pier Francesco Favino e Alba Rohrwacher, nei ruoli, da caratteristi, dei camerieri. Ferruccio (infatti sembra Ferruccio Amendola…) col mal di schiena perché sposta i pianoforti per casa e Bruna, bravissima nelle omelette. Boh?! Ma perché?
angelina jolie in maria callas di pablo larrain
Meglio chiamare, che so, Andrea Pennacchi e Michela Cescon, avrebbe avuto più senso. E meglio, ovviamente, il cammeo di Valeria Golino come sorella della Callas. Che ha un ruolo vero. Un po’ sprecato anche Kodi Smit McPhee come regista del documentario. Per fortuna più il cast si confonde con la scenografia, più che viene fuori la presenza assolutamente di culto e straculto di Angelina Jolie in versione Callas. E la colonna sonora, strepitosa, delle sue esecuzioni negli anni acquista valore.
angelina jolie in maria callas di pablo larrain
Come fa a non piacerti un film che si apre con l’“Ave Maria” di Schubert cantata a Bruna la cameriera mentre fa l'omelette e chiude con “Vissi d’arte vissi d’amore” cantata dalla Callas prima di morire? E come fa a non commuoverti la folle aderenza della Jolie al personaggio, degna di una Bette Davis in un vecchio biopic della Warner? Non credo che, con Isabelle Huppert presidente di giuria, la Jolie abbia grandi possibilità di vittoria, ma penso che ne abbia parecchie per la corsa all’Oscar. Quando esce? In Europa, il 25 febbraio in sala, quindi in periodo Oscar, ma in America uscirà solo su Netflix.
angelina jolie in maria callas di pablo larrain
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