Alberto Vitucci per “la Stampa”
VENEZIA - PIAZZA SAN MARCO
San Marco ancora sott'acqua. Non sono bastati sei miliardi di euro per il Mose, commissari straordinari e promesse al mondo lanciate dagli ultimi governi. L'autunno si avvicina, e la Basilica è ancora indifesa. Tra un mese sarà già autunno, e la stagione delle acque alte non promette nulla di buono. Un allarme ribadito nei giorni scorsi dagli scienziati dell'Ipcc: il livello del mare si alzerà di mezzo metro almeno nei prossimi decenni.
E San Marco è in pericolo. Nell'inverno scorso la Basilica è andata sott'acqua anche due volte al giorno. Succede quando la marea supera i 76 centimetri sul medio mare. Evento diventato ormai quasi quotidiano. Fino a 88 centimetri funziona un sistema di difesa locale. Ma poi l'acqua del mare invade la cripta, allaga i mosaici, corrode i marmi antichi e le basi delle colonne. Le immagini valgono più di qualsiasi commento.
Basilica di San Marco allagata
«La situazione è drammatica, e nessuno interviene», accusa il procuratore di San Marco Carlo Alberto Tesserin. Per salvare la Basilica la Procuratoria ha offerto già tre anni fa un progetto di difesa con barriere in vetro, autorizzato dalla Soprintendenza, capace di difendere il monumento da tutte le maree. Costa 3 milioni e mezzo di euro, una goccia rispetto al mare di soldi del Mose, che ha fatto spendere finora 6 miliardi di euro.
Perché non si interviene? Elisabetta Spitz, commissario del Mose nominata nel novembre del 2019 dal governo Conte all'indomani dell'Acqua alta eccezionale che aveva sommerso la città, aveva bloccato il progetto, firmato dal proto di San Marco Mario Piana e dall'ingegnere idraulico Daniele Rinaldo, nel febbraio del 2020. «Inadeguato dal punto di vista architettonico», aveva sentenziato, affidando una consulenza allo studio milanese dell'archistar Stefano Boeri per «migliorarlo».
Basilica di San Marco allagata 2
Ma dopo molti mesi il ministero dei Beni culturali ha bocciato le proposte, rinviando al progetto originario. In autunno, altre acque alte e arriva l'approvazione. L'incarico doveva essere assegnato dalle imprese dal Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico dello Stato per la laguna dal 1984. Ma è sull'orlo del fallimento, affidato a un altro commissario, il commercialista Massimo Miani.
«Nessuno ci ha detto nulla», dice l'architetto Piana, proto di San Marco e già vicesoprintendente a Venezia, «così anche i restauri rischiano di essere vanificati, i danni aumentano, i marmi si sgretolano». «Se partissimo oggi», dice Piana, «lavorando giorno e notte potremmo forse concludere l'opera in 3 mesi». Ma il Consorzio da ieri ha esposto un cartello: «Uffici chiusi». I dipendenti sono stati messi in ferie fino al 21 agosto. Eppure i soldi ci sono. Il governo Draghi ha sbloccato 538 milioni di euro necessari a concludere il Mose e ad avviare altri interventi in laguna chiesti dall'Ue.
Carlo Alberto Tesserin
Ma il blocco è totale. Anche il Mose è in grave ritardo. Difficilmente potrà essere mantenuta la data promessa del 31 dicembre per ultimare i lavori. Mancano gli impianti, le manutenzioni, i collaudi e soprattutto non sono state riparate molte criticità. Le 78 paratoie del Mose sono state sollevate con successo nei test invernali. Ma sono prove, perché l'opera non è finita. Se si dovesse ripresentare una situazione critica come quella del 12 novembre 2019 i problemi potrebbero essere tanti.
elisabetta spitz
Ma soprattutto il Mose è stato pensato per le maree eccezionali. Anche se fosse ultimato in dicembre, la Basilica andrebbe sott'acqua con tutte le acque alte fino a 110 centimetri. Cioè la stragrande maggioranza. E' fermo anche il progetto per mettere all'asciutto l'intera piazza San Marco, con un sistema di pompe e blocchi dell'acqua che entra dal mare. Anche qui il progetto è pronto, i soldi ci sono.
Della Piazza all'asciutto si parla dagli Anni Novanta. Il Consorzio Venezia Nuova di Mazzacurati aveva proposto allora un grande progetto da 100 miliardi di lire per sistemare una grande guaina sotto i masegni di San Marco e isolarla dall'acqua. Bocciato perché giudicato pericoloso e non fattibile. Tra i consulenti di quel primo progetto c'era anche Elisabetta Spitz, ex direttore del Demanio e attuale commissaria straordinaria per il Mose.