Stefania Ulivi per corriere.it
verdone totti
Francesco chiama, Carlo risponde. «Mai dire mai. Mi divertirebbe molto fare una cosa con lui. Ma dobbiamo farci venire un’idea super comica. Creare un contrasto esilarante. Chissà…».
È stato Totti a lanciare la palla, nell’intervista a 7 (leggi qui) in edicola il 12 marzo, ma in parte anticipata ieri. Alla domanda di Walter Veltroni - «Tante volte, nel passato, ho detto a te e a Carlo Verdone che dovreste interpretare insieme un remake di In viaggio con papà, il film che Carlo girò con Sordi. Allora giocavi, ora lo faresti?», il campione giallorosso ha riposto, secco: «Se Carlo se la sentisse, perché no?».
totti verdone
Mai dire mai, dunque, replica Verdone (che ha appena pubblicato un nuovo libro, La carezza della memoria, leggi qui), per la gioia dei tanti che ancora non si sono ripreso dall’addio del capitano romanista all’Olimpico il 28 maggio 2017. Verdone, accanito tifoso giallorosso, è uno di loro, non ha mai nascosto il disappunto per la gestione dell’ultima stagione del numero 10 della Roma.
«Spalletti poteva farlo uscir meglio, in maniera più dignitosa. In fin dei conti è un uomo che ha dato tanto alla Roma, agli spettatori, al calcio, agli incassi dello stadio, è diventato come un simbolo. Tenerlo in panchina nelle ultime partite, nell’ultimo campionato, fargli giocare soltanto 3 minuti o 4 minuti mi sembrava una cosa un po’ cattiva, ecco», commentò allora.
Invasione di campo, ben accolta
totti verdone
Ormai è storia (e materia di fiction tv come la serie «Speravo de morì prima», in arrivo su Sky e Now Tv dal 19 marzo) e ora è il Pupone a invadere il campo del popolare regista. Vederli insieme sarebbe un invito a nozze per il pubblico, romano e non solo. Come accadde, con le dovute differenza, con la coppia Verdone & Sordi ai tempi di In viaggio con papà nel 1982.
Un’operazione voluta e costruita da Albertone, quasi un passaggio di testimone tra due icone della romanità, incarnazione, entrambi, dell’anima della città eterna. Una commedia a alto tasso sentimentale, ritratto di due tipi umani in cui i due si calarono alla perfezione. Spregiudicato, guascone il padre Armando, ingenuo e tenerone il figlio Cristiano. Il primo pronto a godersi una vacanza con la giovane amante Federica, il secondo tutto preso dalla sua battaglia per la salvaguardia del gabbiano, atteso in Corsica dal resto della sua comunità di attivisti. Dove sarà costretto a accompagnarlo il padre, in un viaggio che, per entrambi, diventerà una scoperta.
totti verdone
Lo spunto arrivò da Rodolfo Sonego (lo ha raccontato nel libro di Tatti Sanguineti, Il cervello di Alberto Sordi) che firmerà la sceneggiatura con Sordi e Verdone. «Se volete una storiella per domattina, è quella di un ragazzo che passa per Roma e rompe le palle al padre. Sono due esseri soli, due solitudini che si sommano assieme e non ne esce fuori niente».
Ne uscirà un film pieno di improvvisazioni. Capitasse davvero, Totti & Verdone sul set, di certo non mancherebbero i fuoriprogramma. «Io non recito, sono me stesso. Mi viene naturale, mi viene facile – ha detto il calciatore a Veltroni – Sono quelle cose che hai dentro e che non pensi e non sai di avere». Se c’è uno capace di tirarle fuori è Carlo. Mai dire mai.
Verdone totti
TOTTI
Walter Veltroni per Sette- Corriere della Sera
Il 19 marzo uscirà su Sky la serie Speravo de morì prima dedicata alla fase finale della storia sportiva di Francesco Totti. La fiction ha un andamento che oscilla, secondo me virtuosamente, tra un registro realista e uno onirico, tra il racconto e la fiaba. Il personaggio di Totti si presta.
Campione indiscusso e enfant du pays, Totti ha la storia del figlio del popolo romano che ha faticato, rinunciato per amore della maglia giallorossa alle lusinghe del Real Madrid dove avrebbe forse vinto tutto, del ragazzo di Porta Metronia che non ha mai voluto lasciare la sua città, con la quale sembra avere un rapporto simbiotico.
FRANCESCO TOTTI CASSANO
Ha un grande senso dell’umorismo, Francesco, e dei tempi comici che sono figli di un’intelligenza pronta, naturale, che solo chi non frequenta l’anima del popolo di Roma può non riconoscere. Totti ha vissuto un anno sulle montagne russe. La celebrazione del documentario di Alex Infascelli e ora la serie con Pietro Castellitto. Ma, in primo luogo, la morte di suo padre, lo “sceriffo” di casa e poi l’essere stato raggiunto dal virus che ha cambiato la vita di tutti. Cominciamo da qui.
Hai avuto il Covid in maniera seria, come l’hai vissuto?
FRANCESCO TOTTI
«È stato abbastanza aggressivo, con me. Ho avuto una polmonite bilaterale, febbre a quaranta, tosse continua ed ero stanco, non avevo fame. Sono stati ventiquattro giorni molto duri. Avevo la saturazione a 89-90 e in quell’occasione ci sarebbe voluto il ricovero, però ho rifiutato. Avevo paura, per quello che era successo a mio padre due mesi prima. E allora ho cercato di stare il più possibile a casa ed andare avanti a cortisone, antibiotici, eparina. Con i farmaci sono riuscito ad uscirne, ma è stata veramente dura».
Come passavi le tue giornate?
«Sul letto, da solo, in balia del tempo. Non guardavo niente, non avevo voglia, non reagivo, tossivo minuto dopo minuto. È stato un incubo durato quasi un mese». Hai avuto paura? «Dopo dieci giorni di punture, antibiotici, cortisone, vedevo che non c’era miglioramento. Sì, allora ho temuto».
TOTTI
I ragazzi si sono spaventati?
«I ragazzi sì, si sono spaventati, anche loro tutti positivi, per fortuna asintomatici. Ilary, le tate, il giardiniere, tutti. Tutti quelli che mi circondavano l’hanno preso». Hai un’idea di come lo hai contratto? «No, sinceramente no. Tra foto, autografi, amici, non sai chi possa essere stato».
Quanto ti manca tuo padre?
«Tanto, troppo. Penso che ogni figlio coltivi il timore della perdita del padre. È una figura molto importante, dà sicurezza. Insegna e rassicura, guida e accompagna. Ora lo misuro da padre, nel rapporto con Cristian, specialmente, ma anche con le bambine. Un padre si sa che c’è, comunque. Se è un buon padre.
pietro castellitto francesco totti speravo de mori' prima PH Iacovelli-Zayed
E il mio lo era, eccome. Anche non vedendolo, anche non sentendolo, però sapevo che lui c’era e questo era importante, ero certo che il suo sentimento per me stava sempre lì, in lui. Sapevo che c’era sempre quella figura che in qualsiasi momento poteva aiutarti, soccorrerti, consigliarti, sempre rendersi utile. Invece adesso sento un grande vuoto, mi sento catapultato in prima fila, con le spalle meno coperte».
totti tv boy
Che tipo era tuo padre?
«Mio padre poteva sembrare un uomo chiuso, non esternava, era un tipo molto taciturno. Invece, per chi lo conosceva, per chi l’ha frequentato, era una persona, non lo dico perché era mio padre, fantastica. Fantastica perché aiutava tutti, aiutava gli amici, anche chi non conosceva, era sempre presente, sempre disponibile. Aveva, come anche la serie racconta, un grande senso dell’umorismo, che mi ha trasmesso. Con poche parole, come sanno fare i romani veri, sistemava le cose. Era riservato, generoso, acuto. E sempre disponibile per la famiglia. Un gran padre, che mi manca molto».
Di lavoro cosa faceva?
totti
«Lui inizialmente faceva il falegname con mio zio e poi è andato a lavorare in banca, al Mediocredito».
Lui, taciturno, con te che rapporto aveva to aveva? Anche con il tuo lavoro, con il calcio?
«Uguale. È sempre stato taciturno, da quando ho iniziato sui campetti al giorno dell’addio, dall’inizio alla fine. Come ho detto non esternava mai, ma io vedevo con lo sguardo l’amore che provava per me. Però in alcuni momenti non me l’ha dimostrato e io ho fatto lo stesso con lui perché poi, alla fine, siamo due persone con un carattere abbastanza forte.
totti spalletti
Abbiamo entrambi sbagliato a non esternare il nostro amore, il nostro modo di essere, non abbiamo fatto vedere a noi stessi e agli altri il bene di un padre verso il figlio e del figlio verso il padre. Io vedo tante persone, tanti bambini o ragazzi che abbracciano il papà, lo baciano, riescono a manifestare i loro sentimenti, a fare dell’affettività non solo un sentimento che si prova dentro di sé ma anche un gesto, un calore.
totti ilary
Io anche se lo volevo, lo sognavo, lo desideravo in verità, per orgoglio o timidezza, lo facevo poco. Quello è stato il mio rammarico principale. L’ho scritto anche nella piccola lettera che gli ho indirizzato quando è venuto a mancare: “Scusa per tutte le volte che non ho capito, per tutte
le volte che non ti ho detto ti voglio bene, scusa per gli abbracci mancati, per le parole non dette, per gli sbagli che ho fatto, ma soprattutto grazie perché sei stato un padre e non smetterai mai di esserlo”.
Adesso, quando i miei figli lo fanno con me mi sento l’uomo più felice del mondo. E comunque so, perché ci sono passato, che se anche non lo fanno, vorrebbero, come lo desideravo io».
Tu li abbracci i tuoi figli?
«Sì».
Sei un padre molto affettuoso?
totti ilary
«Sì, sotto questo punto di vista sono diverso da mio padre. Lui ed io eravamo uguali, perciò nessuno dei due faceva il primo passo. Non abbiamo espresso tutto l’amore che provavamo l’uno per l’altro. Non riesco a perdonarmelo».
Qual è l’ultima volta che hai sentito o visto tuo padre?
«L’ho visto due mesi prima che andasse via. C’era il lockdown totale. Ci parlavamo al telefono, solo al telefono».
Quanto ti è pesato non esserci in quei momenti?
massimo annibali francesco totti
«Ho fatto di tutto per essere vicino a lui in quel momento, però non era possibile. Ho cercato in tutto e per tutto di vederlo, perché sapevo che quando entri in quel tunnel, può essere l’ultimo viaggio. Speravo di sbagliarmi però, quando vie ni risucchiato in quel vortice, tutto precipita rapidamente. Non posso pensarlo intubato, solo».
Che impressione ti ha fatto quando sei tornato a casa la prima volta e lui non c’era?
francesco totti
«Ho ripensato a tutti gli anni che ho vissuto con lui, perché ogni volta che entravo a casa sua, stava sempre sulla sedia o sul divano, quello era il posto suo. Non vederlo là mi ha fatto un effetto devastante, la casa sembrava vuota. Inizialmente volevo sedermi al suo posto, però non ci sono mai riuscito. Adesso sì: le ultime volte che sono andato a casa ho trovato il coraggio di mettermi dove stava sempre lui. Quel posto sul divano è il testimone della nostra staffetta».
mi chiamo francesco totti
Che differenza c’è tra il modo in cui tu educhi i ragazzi e il modo in cui sei stato educato tu?
«Io educo i ragazzi con lo stesso metodo e gli stessi valori che mi hanno insegnato i miei genitori. L’ho trasferito a loro. Sono cresciuto con il rispetto e l’educazione verso gli altri che mi hanno insegnato mia madre e mio padre e questo cerco di trasmettere ai ragazzi».
Il leader della tua famiglia è tua madre Fiorella. Il capo vero è lei, è sempre stata lei
«Come tutte le donne».
In casa tua chi è il capo?
«Il capo, in generale, dovrei essere io. Ma il capo attuale, in verità, è Ilary».
Che caratteristiche ha Fiorella? Come la descriveresti?
enzo francesco totti
«Lei è un sergente. Un tedesco. Vuole sapere tutto, deve gestire tutto, deve essere sempre al centro dell’attenzione. Ha un bel caratterino, un carattere forte. Le voglio un bene dell’anima e le sono grato, sempre».
Sei mai andato in conflitto con lei?
«Non dico spesso, ma quasi. Litigare con lei però è difficile, quasi impossibile. Lei è sempre sicura di avere ragione e allora conviene lasciar passare la cosa. Fin quando non le dai ragione, lei non si ferma. È un caterpillar».
Ti ricordi una frase di tuo padre che ti è rimasta impressa?
Totti tatuaggio by gabriele donnini
«Mi ha sempre detto che a calcio ero una pippa. Non la cancellerò mai dalla mente. Sicuramente lo faceva apposta. Per spronarmi, per non farmi dare delle arie, non farmi essere spaccone o presuntuoso. Ecco, questo è un altro rammarico che mi porto dentro: prima di non vederlo più gli avrei chiesto: “Papà, perché mi dicevi sempre così?”.
Questa è la domanda che gli avrei voluto fare».
Ilary è stata molto importante nella tua vita, ti ha stabilizzato, ti ha aiutato a crescere.
enzo totti
«Sì, Ilary oltre a essere mia moglie e la mamma dei miei figli, è una donna straordinaria: una ragazza semplice, di buona famiglia, con valori, rispetto degli altri. Una persona che in qualsiasi momento è sempre presente, mi ha fatto crescere in tutto e per tutto. Ti dico la verità, senza di lei non sarei riuscito in questo modo, a livello familiare. Quello che le scrissi sulla maglietta il giorno del derby è vero: “sei unica”».
Torniamo un attimo al giorno dell’addio. Allora ti immaginavi che saresti stato come sei oggi?
«No, sinceramente. Pensavo di aver fatto un percorso straordinario, una carriera incredibile. Però immaginavo che quel giorno sarebbe stato l’apice, poi l’attenzione e la passione della gente sarebbe andata scemando. Di solito non dico che le persone dimentichino ciò che hanno fatto determinati giocatori, però è naturale che il tempo consumi e ingiallisca un po’ tutto.
enzo francesco totti
Invece con me succede il contrario, non riesco a capirne la motivazione. Forse perché adesso mi guardano con un altro occhio: prima ero il capitano della Roma, potevo essere antagonista, ero amato, ero odiato. Invece adesso mi fanno sentire come una leggenda di tutti e ovunque vada, in Italia o in Europa, mi gratificano di un amore sincero, come non avrei mai pensato succedesse. Neanche quel giorno, tra le lacrime dell’Olimpico».
Rivedi quelle immagini ogni tanto?
«Purtroppo sì, perché spesso vengono rimandate in onda su Sky o altrove. Dico sempre a me stesso che prima della lettura della lettera devo smettere, cambiare canale e invece poi non ci riesco. È più forte di me, è una cosa mia, un film della mia vita e del mio amore per il calcio, per la Roma, per Roma e non posso voltare pagina. Così finisce che lo guardo per intero e – non so se dovrei provare vergogna – ogni volta mi commuovo».
enzo francesco totti
Guardando la serie televisiva hai scoperto qualcosa di te stesso che non sapevi?
«Nel documentario ero io che raccontavo, per me era più facile identificarmi. E comunque mi sono riconosciuto. Come anche nella serie, che era più difficile perché è finzione, invenzione e io non ero più l’io reale ma un attore che doveva fare quello che facevo io. Un meccanismo che mi ha fatto capire alcune cose del mio carattere, del mio modo di fare che solo l’occhio degli altri ti può mostrare con sincerità e schiettezza».
Tipo?
«Il modo di agire, lo sguardo, alcuni comportamenti con l’allenatore, con i compagni. Cose che ricordi di aver fatto, perché alla fine sono cose tue, ma che la finzione ti mostra, dall’esterno, mentre le facevi. Come se ci fosse una telecamera capace di filmare tutta la tua vita».
A Pietro Castellitto che consiglio hai dato? Ti sei riconosciuto in lui?
riccardo enzo francesco totti
«Se ti devo dire la verità, non gli ho dato nessun consiglio. Tante chiacchierate, tanti momenti trascorsi insieme in cui lui mi studiava. Per me è riuscito ad essere non dico quasi perfetto, ma sempre giusto nei momenti giusti. Mi sembra che abbia interpretato, non solo capito, chi sono e come sono.
Non era facile, sono uno che tutti conoscono e il mio modo di parlare, di camminare, di correre, di giocare al calcio, i mei tempi di espressione tutti li conoscono e tutti possono raffrontarli con quelli raccontati sullo schermo. Pietro per me si è preso una bella bega, sono curioso di sapere cosa gli dirà la gente per strada. Però per me è stato eccezionale, non ha sbagliato niente. Un bravo ragazzo e un ottimo attore».
C’è qualcosa che vorresti dire a Spalletti dopo il conflitto e dopo tutto questo tempo?
ENZO FRANCESCO TOTTI
«No, per me è stata chiusa nel momento in cui lui è andato via e io ho smesso di giocare. Per me lì c’è stata la chiusura definitiva. È inutile dire che ci sarebbero altre cose da sottolineare o da fare. Non servirebbe a niente, ormai è successo. Ha sbagliato lui, ho sbagliato io, ha sbagliato la società, non so chi ha sbagliato. Ormai è successo, è passato. Mettiamolo nel dimenticatoio, giriamo pagina».
Quanto ti dispiace non essere più dentro la Roma?
«Tantissimo. Tantissimo perché per me era non dico la seconda casa ma quasi la prima. Sono cresciuto là e morirò lì dentro. Per me era impensabile un giorno cambiare strada e andare via da Trigoria. Ma stavo con le spalle al muro, non potevo sottrarmi, dovevo prendere questa decisione. Drastica, brutta, però ho dovuto farlo per rispetto a me stesso. E ai tifosi».
Cosa ti piacerebbe fare in questa nuova Roma, quella di Friedkin?
ENZO TOTTI
«Sinceramente non ci ho mai pensato e non ci sto pensando. Adesso ho intrapreso questo nuovo lavoro, il management dei giovani talenti, e quando parto con una nuova avventura, cerco di portarla a termine. Ora lasciare alcune persone per strada e ritornare nella Roma mi sembrerebbe scorretto nei confronti di questi ragazzi. Poi tra due, tre, cinque, dieci anni, chissà. Nella vita mai dire mai. Quando ci sarà l’occasione di incontrarsi con loro ne parleremo con serenità, con tranquillità».
Fino adesso non ti hanno chiamato?
«No, fino adesso non c’è stato alcun contatto».
Com’è cambiato il calcio dai tuoi tempi?
totti capello
«È cambiato in tutto e per tutto. Più che altro sono cambiati i giocatori. Prima c’erano più giocatori tecnici, c’era più classe, più estro, più scuola non solo di tattica ma dei fondamentali.
Era diversa la testa dei giocatori. Sono successe tante cose: prima l’arrivo dei social che ha fatto sbarellare e rendere più individualisti i giocatori, poi questa anomalia di un campionato col Covid e senza pubblico. Ma il problema è più di fondo, stanno sparendo i campioni. Prima tu andavi allo stadio e sapevi che, qualsiasi squadra venisse a giocare all’Olimpico o in un altro stadio, c’erano sempre da ammirare uno, due, tre giocatori fuoriclasse che ti avrebbero fatto divertire. Ora ci sono meno campioni e più giocatori costruiti».
IL FALLO DI TOTTI A BALOTELLI
È stata resa nota un’analisi che dice che, per i ragazzi di oggi, novanta minuti della partita sono troppo lunghi. A loro basterebbe vedere gli highlights…
«Intanto diciamo che novanta minuti non sono mai, perché reali al massimo sono la metà: tra falli, calci d’angolo, sostituzioni, perdite di tempo è assai difficile che un match duri novanta minuti. Bisogna cercare di riavvicinare il tempo regolamentare a quello reale di gioco. Però certo una partita di solo mezz’ora sai che palle! Finirebbe subito…».
Non ti pare che ci sia meno passione, un po’ di disamore per il calcio?
«Diciamo che ormai l’amore, ma soprattutto la passione per le squadre di calcio non c’è più con la stessa intensità di prima. Non c’è più perché sembra finito il tempo di quelli che veramente pensavano prima alla squadra e poi a sé stessi. Ma forse è giusto, il calcio oggi è questo ed è giusto che sia così».
PIETRO CASTELLITTO NEI PANNI DI FRANCESCO TOTTI
Qual è l’errore più grande della tua vita?
«In un percorso di quasi trent’anni di errori se ne fanno tanti. Diciamo il calcio a Balotelli e lo sputo a Poulsen. Quelle sono state le cose più brutte che potessi fare, cose non da me. Tuttora non riesco a capire come possa aver compiuto gesti simili. Forse lo può capire o spiegare solamente chi è stato in campo. È un’altra dimensione, una condizione in cui si possono vivere anche stati d’animo e comportamenti che non ti appartengono».
Com’è stare senza il pallone?
totti
«Stare senza il pallone sarebbe un lutto, per me. Ma proprio per il fatto che non so stare senza, ho deciso di avviare un’esperienza lavorativa nel mondo del calcio. Ormai quello è il mio lavoro, la mia passione, il mio divertimento, il mio sfogo. Nessuno potrà togliermelo.
Quando hai smesso era il momento giusto o sei stato costretto dalle circostanze? «Sapevo che prima o poi avrei dovuto smettere. Bisogna essere realisti. A quaranta anni è pure difficile arrivare e continuare a giocare al livello giusto. Però nel mio caso sono stato costretto.
cristian totti francesco totti
Neanche costretto, come se avessero voluto mettere un punto, tirare una riga e cancellare. Senza parlarmene, senza rendermi partecipe. Una soluzione si poteva trovare, insieme. Avrei voluto smettere in un altro momento. Avrei voluto essere io a prendere la decisione, perché quando arrivi a quell’età è anche giusto smettere.
POULSEN TOTTI FOTO MEZZELANI
Però in quel momento stavo bene fisicamente, stavo bene di testa, non pretendevo niente perché io non ho mai preteso niente da nessuno, non volevo giocare a tutti i costi. No, facevo parte del gruppo e se ogni tanto si riteneva opportuno che io potessi scendere in campo sarei stato pronto, come sono sempre stato. Ma girarmi le spalle e non darmi la possibilità di far vedere che ancora potevo dire la mia mi è dispiaciuto, molto».
Tre nomi: Mazzone, De Rossi, Cassano. Mazzone com’era?
«Mazzone per me è stato un secondo padre perché mi ha cresciuto e l’ho incontrato nel momento più complicato che un giovane possa trovare in una crescita calcistica e umana. Lui mi ha insegnato valori, comportamenti, ha fatto emergere i miei talenti. Mi ha gestito a trecentosessanta gradi».
ilary e francesco totti a montecarlo 5
Daniele?
«Daniele, gran giocatore, è stato un fratello, è sempre stato mio tifoso. Quando giocavo lui faceva il raccattapalle e, come ha detto lui, sono sempre stato un suo idolo. Siamo cresciuti quasi insieme. Mi dispiace che abbia fatto il capitano per così poco tempo. Gli ho fatto un po’ da tappo, ma non è stata colpa mia».
E quel genio sregolato di Cassano?
«Cassano è stato il giocatore con il quale mi sono divertito più di tutti, abbiamo fatto delle cose impensabili, da circo. Però per me lui si è espresso al trenta, quaranta per cento delle sue potenzialità. Diciamo che si è messo accanto alcune volte delle persone che non gli hanno fatto del bene.
totti pardo
Spesso ha sbagliato i modi e i tempi di certe scelte. Gliel’ho sempre detto: se lui mi avesse ascoltato un po’ di più, avrebbe fatto la mia stessa trafila, cioè sarebbe rimasto a Roma per vent’anni, di sicuro. A Roma la gente era innamorata di lui. Cavolate o non cavolate, carattere non carattere, lui in campo era quello che era. Un fenomeno».
TOTTI VERDONE VELTRONI FEDERICA PELLEGRINI
Cristian è forte?
«Cristian, tanto ora non ci ascolta, è bravino. Forte è un parolone però lo vedo che migliora anno dopo anno. Adesso si sta sviluppando, sta crescendo sia fisicamente che mentalmente. È fortunato perché ha il papà che è obiettivo e sincero. Non sono il classico papà che dice devi fare il calciatore perché sei il più forte di tutti. No, il contrario».
Come tuo padre con te…
«Esatto. Se io vedo che non può e non ha la possibilità di arrivare fino in fondo ci mettiamo seduti e ci facciamo una bella chiacchierata a quattr’occhi, da padre a figlio».
Se tu potessi domani mattina rivivere una giornata della tua vita, quale sceglieresti?
totti vieri
«Rivivrei la giornata successiva alla partita dello scudetto. Per quello di incredibile che è successo a Roma. Non tutta la giornata, solo la sera dopo il fischio finale e tutto quello che è venuto dopo».
Compreso il Circo Massimo
«Sì, certo».
vianello totti
Da sindaco dovetti organizzare due volte dei festeggiamenti al Circo Massimo: per lo scudetto giallorosso e per il mondiale del 2006. Tu a quale dei due sei più affezionato?
«Sono due serate che mai avrei pensato di vivere da protagonista. Pensa se me lo avessero detto da bambino, mentre giocavo per strada a Porta Metronia.
Era un sogno, e alla fine ci sono riuscito. Sono due serate indescrivibili, raccontarle non è facile. Dire quello che provavi, la sensazione, la gente, essere campioni d’Italia, essere campioni del mondo. Nella vita il treno passa una volta sola, o ci monti o non ci monti. Fortunatamente sono riuscito a farli, quei viaggi incredibili».
totti
Quanto ti diverti a recitare?
«Sul set mi diverto. Sai qual è la cosa principale? Io non recito, sono me stesso. Mi viene naturale, mi viene facile. Infatti gli autori, i cameramen, queste persone abituate con gli attori veri, quando stanno con me pensano “Sai che palle! Quanti ciak ci vorranno per fare una scena...”. E invece è buona la prima. Chiunque mi ha detto che sembro un attore nato. Sono quelle cose che tu hai dentro e che non pensi e non sai di avere».
totti de rossi
Tante volte, nel passato, ho detto a te e a Carlo Verdone che dovreste interpretare insieme un remake di In viaggio con papà, il film che Carlo girò con Sordi. Allora giocavi, ora lo faresti?
«Se Carlo se la sentisse, perché no?»
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totti ilary blasi e francesco totti 6 francesco totti CAPODANNO ALLE MALDIVE - FRANCESCO TOTTI E ILARY BLASI MAZZONE TOTTI MAZZONE TOTTI CAPODANNO ALLE MALDIVE - MAURO ICARDI - EZIO GREGGIO - PIEFRANCESCO FAVINO - FRANCESCO TOTTI