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    PERCHÉ LE ZEBRE HANNO LE STRISCE? GLI ZOOLOGI SONO ARRIVATI ALLA CONCLUSIONE CHE IL MANTO BIANCO E NERO DEGLI ANIMALI SERVE PER MIMETIZZARSI DAI GRANDI E PICCOLI PREDATORI! – LE STRISCE “CONFONDONO” SIA I PERICOLOSI LEONI, CHE LE VOGLIONO AZZANNARE, CHE I PIÙ PICCOLI INSETTI. IN PRATICA IL LORO PELO È UN REPELLENTE NATURALE PER I TAFANI, ZANZARE E MOSCHE... 


     
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    Estratto dell’articolo di Alessandro Saragosa per “il Venerdì di Repubblica”

     

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    Ora è ufficiale, le zebre sono gli unici animali al mondo ad aver inventato un tipo di mimetismo utile al tempo stesso contro i grandi e i piccoli predatori: dai leoni ai tafani, si potrebbe dire. Sì, parliamo delle loro strisce, sulla cui esatta funzione gli zoologi dibattono da decenni, arrivando ad almeno 18 spiegazioni diverse: dall'uso come identificazione personale (sono in effetti uniche per ogni individuo), fino a un'azione rinfrescante (i colori alternati creerebbero correnti d'aria intorno al corpo).

     

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    La spiegazione più gettonata fra gli zoologi, però, è che le strisce, rompendo il profilo del corpo, confondono leoni, leopardi e iene, soprattutto quando le zebre si muovono in branco, rendendo difficile capire dove finisca un individuo e ne cominci un altro.

     

    E se è vero che a noi un animale a righe bianche e nere contro il verde o arancio della savana pare tutt'altro che mimetizzato, è vero anche che la visione a colori dei grandi predatori non è dettagliata come la nostra. Per cui la teoria del "mimetismo a strisce" resta la preferita.

     

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    Adesso, però gli zoologi Tim Caro e Martin How, dell'Università di Bristol, hanno finalmente dimostrato che con le strisce le zebre hanno evoluto uno dei sistemi più raffinati del mondo animale per eludere l'attacco non dei grandi predatori, ma dei più piccoli: gli insetti che succhiano il sangue.

     

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    Per confermare che l'ipotesi "repellente per insetti" fosse giusta, i ricercatori inglesi hanno ripetuto in modo più approfondito un test che avevano fatto nel 2019, mettendo a un cavallo una gualdrappa che imitava le strisce di una zebra, e constatando che su di esso si posavano meno tafani che sul suo normale manto. L'esperimento indicava un effetto, ma non spiegava perché le strisce respingessero gli insetti. […]

     

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    Le analisi ottiche delle varie superfici mostrano che a contare nell'effetto repellente per i tafani è il tasso di contrasto della superficie: più è alto e meno gli insetti lo amano. "Questo è coerente con il modo in cui i tafani trovano le prede usando il loro apparato sensoriale: a distanza le individuano seguendo il loro calore, quando sono più vicini si dirigono verso la massa scura contro lo sfondo, e poi scelgono con i loro occhi composti, che non hanno una grande risoluzione, il punto di atterraggio.

     

    Ma se la superficie è coperta di piccole strutture ad alto contrasto, siano esse quadretti o strisce, il tafano pare non riesca a determinare bene cosa sia sfondo e cosa sia animale, e spesso, disorientato, rinuncia e vola via". È insomma come se la zebra avvicinandola si "dissolvesse" agli occhi del tafano. […]

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