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    IL CAMALE-CONTE SI È PRESO IL M5S: "CI AVEVANO DATO PER MORTI E SI SONO SBAGLIATI" - SENZA DI MAIO, RAGGI E DI BATTISTA, CON BEPPE GRILLO ASSENTE, PEPPINIELLO APPULO HA FINALMENTE CREATO "IL PARTITO DI CONTE" (GRAZIE A TA-ROCCO CASALINO): "LA SCISSIONE E' STATA LA NOSTRA SALVEZZA" - LE ACCUSE AGLI SCISSIONISTI DI DI MAIO "CHE HANNO SEGUITO LE SIRENE DEL SISTEMA” E GLI ATTACCHI ALLA "CASTA" E A DRAGHI (“CI HANNO CHIESTO DI SCEGLIERE TRA CONDIZIONATORI E PACE… BEL SUCCESSO”) - VIDEO


     
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    1 - CONTE "AL GOVERNO HO SCONFITTO L'AUSTERITÀ DI MAIO? HA SEGUITO IL SISTEMA"

    Federico Capurso per “la Stampa”

     

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    Quando si spengono le luci sul palco e piazza santi Apostoli, a Roma, inizia a svuotarsi delle bandiere del Movimento 5 stelle, si ha come l'impressione che Giuseppe Conte abbia davvero, per la prima volta, in mano il partito. C'è l'ultimo saluto della folla alla vecchia guardia, giunta al secondo mandato: Roberto Fico, Paola Taverna e Alfonso Bonafede, gli ultimi simboli rimasti a legare quello che i Cinque stelle erano e quello che stanno diventando. 

     

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    Non ci sono Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, ormai distanti dai lidi contiani, e non viene avvistata Virginia Raggi, che sembrava poter essere la sacerdotessa dell'ortodossia grillina, contraltare di Conte, e invece non è mai riuscita a emergere fuori dai confini della Capitale. Ma manca soprattutto lui, Beppe Grillo, il fondatore. Per la prima volta non sale sul palco di chiusura di una campagna elettorale e nemmeno invia un video di benedizione, come era solito fare in quest' ultimo periodo di auto-isolamento dalla politica. 

     

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    Si limita a far filtrare all'agenzia LaPresse la sua vicinanza al Movimento: «L'Elevato è nella quarta dimensione, ma c'è, anche a distanza, con l'entusiasmo di sempre, al fianco di Giuseppe e di tutta la comunità quantica del M5S». Conte non può essere scontento di avere per sé i riflettori e ringrazia «Grillo che ha combattuto le battaglie per tutti noi». Coniuga il verbo al passato. Le ha combattute, non le combatte più.

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    Ora c'è lui e solo lui. E anche se le piazze non sono più un termometro affidabile del consenso, una folla è pur sempre una folla. «Buon segno», dicono i big che si aggirano sotto il palco e che non hanno più i musi lunghi di inizio agosto. Anche Conte sembra galvanizzato: «Ci avevano dati per morti - dice -. Questa piazza però mi sembra sintomo di buona salute. Ancora una volta si sono sbagliati». 

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    Rivendica i successi della sua leadership: «Siamo stati la vera forza riformatrice del Paese». Poi attacca la destra, «che non farà più la flat tax, l'ha detto Crosetto» e lancia un'ultima staffilata a Mario Draghi: «Ci ha chiesto di scegliere tra la pace e i condizionatori, ma la pace non si è vista e ora dovremo scegliere se tenere accesi i riscaldamenti questo inverno: un bel successo», conclude sarcastico. Invoca la pace in Ucraina, ma non torna sulla frase che il giorno prima aveva scatenato polemiche («Zelenzky e gli Stati Uniti inseguono una vittoria militare distruttiva della Russia»).

     

    Conte si prepara a tornare all'opposizione. Assapora le barricate che un tempo hanno fatto la fortuna dei grillini. E lascia scorrere libere, quindi, le vecchie spinte populiste che avevano reso i Cinque stelle i campioni dell'antipolitica. Schernisce i giornalisti, poi attacca la casta (anche se non la chiama così) «che voleva alzare gli stipendi a chi guadagna 10 mila euro al mese». Sostiene di aver dato, durante la pandemia, «una pedata alle ricette dell'austerità» europee e punta il dito contro chi voleva il Mes per portare in Italia «la troika» di Bruxelles. 

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    Tornano vecchie parole d'ordine seppellite da cinque anni di governo e di responsabilità. Torna il «noi e loro», i rivoluzionari contro «quelli della vecchia politica». Ne ha anche per Di Maio e chi lo ha seguito: «Compagni che ci hanno lasciato perché hanno ascoltato le sirene del sistema. Un elemento di chiarezza - dice - e la nostra salvezza». Così, alla fine, dalla piazza si rialza il coro: «Onestà, onestà». Non basta: «Fuori la mafia dallo Stato». Quello stesso Stato che i Cinque stelle hanno rappresentato per dieci anni e governato per quattro.

     

    2 - CONTE INCITA I SUOI: CI DAVANO PER MORTI MA LA SCISSIONE È STATA UNA SALVEZZA

    Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”

     

    La piazza grida ancora come un tempo «onestà, onestà», ma sul palco i vessilli targati M5S passano in secondo piano, sono spariti per lasciare spazio allo slogan della campagna elettorale: «Dalla parte giusta». Il Movimento in trasformazione dà voce anche ai big come Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede, esclusi dalla candidatura per via della «tagliola» del tetto dei due mandati, ma è sempre più un partito che ha le sembianze del suo leader, Giuseppe Conte.

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    L'ex premier prende la parola in piazza Santi Apostoli a Roma e subito lancia una stoccata: «Ma che succede? Ci avevano dato per morti, questa piazza però mi sembra sintomo di buona salute, ancora una volta si sono sbagliati».

     

    Il presidente M5S si fa forte delle voci che vogliono il Movimento in crescita e chiama al voto chi ha intenzione di disertare le urne: «Domenica è un giorno importante, dobbiamo rivolgerci agli indifferenti». Conte parla di «voto di portata storica» e coglie l'occasione per attaccare Draghi e i suoi sostenitori: «Con quale via d'uscita stiamo affrontando questa guerra? Qual è la strategia? Vogliamo un negoziato di pace o no?», si domanda. Poi lancia l'affondo: «Il governo dei migliori ha chiamato a una scelta: o pace o condizionatori.

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    Ma la pace è scomparsa dai radar, abbiamo dovuto spegnere i condizionatori e non sappiamo se potremo accendere i riscaldamenti per il prossimo inverno. Che gran successo». Il copione si ripete poco più tardi con Michele Gubitosa, che attacca ancora l'esecutivo. Applausi.

     

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    Sullo schermo in piazza viene proiettato un filmato che tocca la storia stellata: ci sono Beppe Grillo (grande assente per la prima volta: nemmeno un contributo video da parte del garante) e Gianroberto Casaleggio, c'è Alessandro Di Battista e persino Stefano Rodotà (che vinse le prime «Quirinarie» del M5S). Nessun riferimento a Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, fondatori dell'associazione che regge l'attuale Movimento. I veleni, come da tradizione, permangono. 

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    Conte precisa: «Quel giorno quando sono uscito da Palazzo Chigi in tanti hanno applaudito, alcuni si sono commossi, ma c'erano anche tanti furbi che si sono sfregati le mani. Li abbiamo mandati via. Siamo ancora qui, più forti e determinati di prima».

     

    E sulla scissione aggiunge: «È stata la nostra salvezza, non vogliamo il male di nessuno, buona fortuna a chi è andato via e più determinazione per noi». Il leader poi si toglie qualche sassolino con i dem: «Avevamo costruito un progetto politico identitario, progressista, autenticamente democratico. 

     

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    Abbiano convinto il Pd a sottoscrivere il programma per non avere mai più inceneritori, poi sapete come è andata. Quando si dice che abbracci convintamente e lealmente la transizione ecologica...». C'è tempo per una carrellata di temi: il no all'austerità, il cashback per colf e badanti, la riduzione dell'orario di lavoro. Poi il finale sulle note di Viva la vida dei Coldplay: «Ringrazio la mia compagna e mio figlio, se la sono passata un po' male in questi giorni, non mi hanno mai visto», dice. E ancora: «Tutti insieme potremo vincere».

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