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    VIAGGIO NELLA "WUHAN D’ITALIA": BAR CHIUSI, SCUOLE DESERTE E MESSE SOSPESE. DILAGA LA PSICOSI DEL CORONAVIRUS - TRE COMUNI SONO NEL MEZZO DELLA ZONA DI CONTAGIO: CODOGNO, CASALPUSTERLENGO E CASTIGLIONE D’ADDA. 50 MILA PERSONE IN ISOLAMENTO – LE TESTIMONIANZE: “VAI A CASA, MI HA DETTO IL CAPO TENENDOSI A DISTANZA” - LA FARMACISTA DI CODOGNO: “SONO ALLA RICERCA DI UNA MASCHERINA ANCHE PER ME” - VIDEO


     
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    Andrea Nicastro per corriere.it

     

    casalpusterlengo casalpusterlengo

    Cameraman e fotoreporter sono scatenati a caccia di lodigiani con la mascherina sulla faccia, ma vallo a spiegare agli imbufaliti clienti del Bar Heaven di Castiglione d’Adda. «Vadi via», dice uno forte in grammatica. «Avvoltoio», infierisce un altro col cerchietto tra i capelli. «Appestato», è la diagnosi del terzo. L’unica signora dell’amichevole gruppo cerca di giustificarli: «Lei non è il primo giornalista che passa di qui, sa? E certe scene danno il voltastomaco.

     

    Dei suoi colleghi con la telecamera hanno visto la ragazza del Pizza Connection qui di fronte e le sono saltati addosso perché aveva la mascherina. Ha paura? Conosce qualche malato? E quella, come un’attrice, ha spalancato gli occhioni e ha mormorato qualcosa tipo: siamo nel centro dell’inferno. Appena smesso di filmare, però, la terrorizzata ha sollevato la mascherina e si è accesa una sigaretta. Ma dai! Il coronavirus non la faceva più tremare? Se questo è il clima che volete creare le fabbriche non riapriranno più» (ecco cos’ il Covid-19).

     

    INFERMIERI ALL OSPEDALE DI CODOGNO CON MASCHERINE MA SENZA GUANTI INFERMIERI ALL OSPEDALE DI CODOGNO CON MASCHERINE MA SENZA GUANTI

    Tre comuni sono al centro della zona di contagio: Codogno, Casalpusterlengo e Castiglione d’Adda, ma, in tutto, sono almeno dieci i paesi coinvolti nell’allerta rossa: 50 mila persone. Bar e ristoranti chiusi per ordinanza di Comuni e Regione. L’invito è di restare in casa, limitare i contatti. Niente messe, niente sfilate di carnevale, niente partitella della domenica o concerto della banda. Qualche filiale di banca, a metà mattina, aveva già chiuso gli sportelli, così le fabbriche e i supermercati. Ma ora sarà una settimana di serrata per tutti: attività commerciali, produttive e scuole. Chi lavora fuori dalla zona rossa, è assente giustificato. Chi si sente male non vada in ospedale. Saranno i sanitari ad andare da lui, fare il tampone ed emettere il verdetto: contagiato da coronavirus sì/no.

     

    Nei paesotti attorno c’è chi accarezza l’idea di isolarli con la forza. Non si sa mai. Noa Spirito, 18 anni, racconta che nella sua chat c’è chi assicura che arriverà l’esercito a bloccare tutti, «come nel film “L’esercito delle 12 scimmie”». Loris di anni ne ha qualcuno in più e lavora per una ditta che gestisce le macchine automatiche delle merendine e dei caffè. «Niente nomi, per carità, se no mi licenziano davvero, però questa devo proprio raccontarla. Stamattina sono passato in sede che è nella provincia di Milano, a 30 chilometri da qui, per riempire il furgone, ma non mi hanno neanche fatto entrare. Vai a casa, mettiti in ferie, mi ha detto il capo tenendosi a distanza. Se i clienti sanno che sei di Codogno e qualcuno si ammala, come ci giustifichiamo?». In fondo hanno solo anticipato l’ordinanza regionale.

    il contagiato di codogno - coronavirus il contagiato di codogno - coronavirus

     

     ma per la verità di mascherine ce ne sono in giro pochissime. «Abbiamo venduto vagoni di disinfettanti per le mani — spiega la dottoressa Martina Visigalli della Farmacia Navigli nel centro di Codogno — le protezioni per il viso invece le abbiamo finite da settimane. Lo vede il cartello? Esaurite». A Casalpusterlengo, un papà sale in auto con due bimbe: tutti con la loro brava mascherina di cartoncino rigido. Sa che quelle senza filtro non servono a nulla? Lo sguardo in risposta è di terrore. Nella scuola media di Castiglione d’Adda, la dirigente Tiziana Raino cerca di tenere i nervi saldi. «Seguiamo le indicazioni del ministero. Fino a giovedì dovevamo far lavare spesso le mani e segnalare chi, volontariamente, riferiva di viaggi in Cina negli ultimi 14 giorni. In poche ore tutto è cambiato. Appena sentito dei contagi nel Lodigiano almeno il dieci per cento delle mamme ha ritirato i bambini».

     

    PRONTO SOCCORSO OSPEDALE CODOGNO PRONTO SOCCORSO OSPEDALE CODOGNO

    Quando gli studenti «superstiti» escono alle 13 e 40 c’è chi respira nel gomito, chi si nasconde nella felpa, chi corre via. «Sono di Napoli e mio marito è calabrese. Da giù ci hanno tempestato di telefonate: siete in quarantena? Vi mandiamo da mangiare?», sorride nervosa la professoressa Lidia Romano. Non sa ancora che l’isolamento durerà almeno una settimana.

     

    Nella villetta di Castiglione d’Adda dove abitano i genitori del primo malato, mamma Francesca e papà Moreno, sono chiusi dietro le persiane. «Settimana scorsa era a cena da noi», inizia la mamma, ma il marito la interrompe. «Siamo in quarantena, non possiamo parlare, finiamo nei guai». Ma voi state bene? «Sì, per adesso sì».

     

    Lì vicino c’è la palestra Masterfit dove si allena, poco lontano il bar Picchio dove si incontra con i compagni della squadra di calcio, pochi chilometri ancora e c’è la sede della Croce Rossa dove ha frequentato un corso quando aveva già il coronavirus in corpo e altri 10 minuti di auto per arrivare all’Unilever dove lavora. Tutti luoghi, tutti compagni e colleghi che devono essere controllati e, se il caso, isolati. «Per il momento ne abbiamo individuati e contattati più di 250», dice il vicesindaco di Castiglione Stefano Priori, esausto. E il problema è che i malati sono già 14, ognuno con il suo circolo di amicizie e frequentazioni da controllare.

     

    OSPEDALE CODOGNO LODI OSPEDALE CODOGNO LODI

    Al Teo Bar, ristorante pizzeria all’angolo, ci si prepara a chiudere, tanto ordinanza o non ordinanza di clienti non c’è traccia. La cameriera è rassegnata, il pizzaiolo mostra nel telefonino la foto del ragazzo. «Che ragazzone sportivo. Speriamo ce la faccia». Tutt’e due sono cinesi. Nella patria d’origine non tornano da anni, ma il coronavirus è arrivato comunque alla porta del loro locale. «Dovremo chiudere per un po’, ma meglio evitare che il contagio si allarghi. Anche giù in Cina lo fanno».

     

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