Estratto dell’articolo di Paolo Condò per “la Repubblica”
domenico berardi
Nel corso della sua lunga e onorata carriera Arjen Robben ha segnato 255 gol, buona parte dei quali in un modo che è diventato una griffe: sinistro dal limite a rientrare sul palo lontano. Con la rete che è costata all'Inter la prima sconfitta stagionale – un sinistro dal limite a rientrare sul palo lontano – Domenico Berardi è salito a quota 147, e considerato che non ha ancora 30 anni è possibile che a fine carriera i suoi numeri risultano anche migliori di quelli del modello originale.
Con una differenza non lieve. Robben arcuava il suo magico sinistro al Bayern dopo averlo sviluppato nel Chelsea e nel Real Madrid. Berardi continua a farlo al Sassuolo (questa è la dodicesima stagione).
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domenico berardi e marcus thuram - inter sassuolo
Berardi è da sempre stella e simbolo della squadra: ha avuto allenatori di qualità (Di Francesco, De Zerbi, ora Dionisi), compagni di talento (Locatelli, Raspadori, Frattesi) e una quantità di offerte inevase.
Fino a un certo punto ha detto no lui (alla Juve, tra l'altro) perché preferiva la vita in provincia. Vinto un Europeo da protagonista, Domenico si è chiesto se non valesse la pena farsi forza e lasciare l'Emilia per un club metropolitano, ma a quel punto è stato il Sassuolo a bloccarlo chiedendo cifre congrue – Berardi è il miglior attaccante italiano con Chiesa – ma elevate per il nostro mercato.
andrea pinamonti domenico berardi
Negli ultimi due anni l'ha chiesto Pioli per il Milan, l'ha proposto Mourinho alla Roma, l'ha indicato Sarri per la Lazio, ci ha provato la Fiorentina, l'ha trattato con un'offerta seria l'Atalanta. Ad agosto si è rifatta viva la Juve, ma senza i denari necessari: vedremo a gennaio.
In attesa di potersi testare ad alto livello — fino a quando non succede in molti continueranno a ritenerlo un fenomeno di provincia — Berardi imperversa. Sabato ha battuto la Juve, mercoledì ha sconfitto l'Inter a San Siro, entrambe le volte con gol alla Robben. Quando sta così bene si muove come una tigre nell'arena, colpisce sostenuto da una squadra che con Dionisi ha battuto Juve e Milan l'anno scorso e tutte e tre le grandi metropolitane due anni fa. Se trova spazi nei quali lanciarsi, il Sassuolo a volte è irresistibile.
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domenico berardi in gol contro il milan
L'inchiodata dell'Inter ha permesso a quasi tutte le inseguitrici di guadagnare terreno, e il Milan le si è affiancato. Nulla di sorprendente, ma molte crisi emerse nei turni precedenti sono state derubricate a mal di pancia: giusto così, in una competizione il rendimento degli avversari incide nel giudizio sul tuo. A lungo l'anno scorso il Napoli ha fatto sembrare degli incapaci tutti gli altri.
Pioli ha ampliato il turnover — tema del momento — giudicando Cagliari la tappa facile del segmento che proseguirà con Lazio e Dortmund, e ha avuto ragione ottenendo risposte interessanti: Okafor non è un 9 ma all'occorrenza lo sa fare, Adli in mediana non è così male come il lungo ostracismo faceva pensare, Pulisic a sinistra vale il doppio che a destra (ma c'è Leao!) e la coppia di mezzali composta da Loftus-Cheek e Reijnders è di valore internazionale.
Dietro al Milan pedala di nuovo la Juve, per quanto non bella con il Lecce, mentre il Napoli è uscito dallo psicodramma dei cambi e dei social — sinceramente: ma si può? — con una prestazione eccitante, e nella quale Kvara ha finalmente recitato se stesso nella parte del ragazzo (ex) sconosciuto che va in campo e lascia tutti a bocca aperta. La sensazione visiva è che il chiarimento tra squadra e tecnici abbia prodotto un ritorno (tattico) al futuro.
napoli udinese garcia osimhen
Un punto in più del Napoli ce l'ha ancora l'Atalanta, che sta facendo trascorrere senza troppi danni il periodo di assenza delle punte titolari. Ieri la Fiorentina aveva la chance per un salto in alto a livello Juve, ma la quantità di palle-gol speperate le ha lasciato in mano un pareggio insulso. Nemmeno quello a Genova per la Roma, che viene scavalcata dalla Lazio e si ritrova ultima e staccata nella classifica delle grandi.
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Al di là di ogni discorso tattico, è stato impietoso il confronto fra un Genoa deciso ed energico e una Roma dolente, smarrita, frenata dal terrore di ulteriori infortuni. Mourinho di recente ha spiegato come certi giocatori di qualità siano alla portata del club perché fisicamente a rischio. Forse qualche asino sano in più non avrebbe fatto male.
MEME SULLO SPOT DELL ESSELUNGA E LA SCONFITTA DELLA ROMA CON IL GENOA - GENOA ROMA 4 napoli udinese