DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Federico Ercole per Dagospia
Nella tempesta dei troppi mondi elettronici di questa tarda estate, giocare ad un “picchiaduro” riporta alla concretezza, al videogame inteso come attività ludica e non come esperienza. Tra lo spazio di Starfield (quando vi avrò trascorso tutte le ore che merita scriverò a proposito), le epopee di Sea of Stars e di Baiten Kaitos, il metallo pesante di Armored Core e i burattini horror di Lies of P, sono tornato quindi ad una materialità del gioco con Mortal Kombat 1 assieme all’amico ed esperto di “fighting game” Jacopo Tagliasacchi, con il quale sono nate le prossime riflessioni.
Mortal Kombat è un gioco simbolo degli anni '90, nato dall'immaginazione forse puerile ma senza dubbio genuina e ispirata di Ed Boon e John Tobias; il “picchiaduro”della defunta software house Midway incarnava le pulsioni adolescenziali del pubblico dell'epoca, mostrando sinistri ninja assassini, mitologiche creature barbariche di un “Altromondo” e nerboruti attori hollywoodiani in scontri violentissimi. Si trattava di combattimenti senza la geometria marziale, la velocità e l’eleganza di uno Street Fighter, lotte lente e farraginose ma valorizzate ed esaltate dalle crudeli “fatality”, mosse segrete talmente truculente da alimentare lo scandalo e portare alla creazione dell'ESRB (Entertainment Software Rating Board), il sistema di regolazione dei videogiochi per età consigliate ancor oggi in vigore negli Stati Uniti.
Tanti di noi, bambini o ragazzi in quel periodo, hanno agognato almeno una volta quel titolo vietatissimo dai genitori e inviso alla stampa, un po' come Bart nel celebre episodio dei Simpson sul videogioco “Tempesta di ossa” , palese parodia dell'opera Midway. E se si riusciva ad ottenerne una copia la si giocava di nascosto, lontano dagli occhi della famiglia, convinta magari che si stessero calcando i ben più rasserenanti (ma paradossalmente maturi) prati di uno Zelda a Link to the Past o di un Mario All-Stars.
UN NUOVO MORTALE INIZIO
Oggi la serie esiste sotto l'etichetta Warner Bros Games che ha permesso negli anni di ottenere licenze per “ospiti” celeberrimi tra i personaggi selezionabili, come John Rambo, Robocop, il Joker e, nelle espansioni future di questo Mortal Kombat 1, super-eroi violentissimi e sui generis come Il Patriota (dalla serie “the boys”), Omniman (dal fumetto “Invincible”) e Peacemaker (personaggio DC con il volto di John Cena), oltre alle fattezze di Jean-Claude Van Damme e Megan Fox per i lottatori Johnny Cage e Nitara.
Non è però solo nelle partecipazioni famose che risiede l'attrattiva di MK1 di NetherRealm, uscito per XBox, Switch, PlayStation e PC: in questo episodio assistiamo alla rinascita del suo universo narrativo dopo decenni di fitte e complesse vicende che iniziavano ad essere un bagaglio addirittura ingombrante, soprattutto per i neofiti ma non solo.
In seguito alla disfatta della malvagia dea Krona, Liu Kang, storico protagonista ora assunto a divinità del fuoco, ricostruisce l'universo partendo da zero, dando origine ad una mitologia familiare e allo stesso tempo diversa, raccontata lungo una campagna dalla forte impronta cinematografica che intervalla filmati sorprendentemente arguti nella scrittura a scontri violentissimi coi vari personaggi.
La narrativa lega in maniera efficace e corale tutti i protagonisti: in un gioco “a specchio” Liu Kang è ora il maestro di un giovane e futuro dio del tuono Raiden, Cage è un attore al tramonto della carriera che maschera la disillusione con continue battute di (scarso) spirito, Shao Kahn è un ambizioso generale intento ad ordire oscure e pericolose cospirazioni.
Sono ventitré i lottatori selezionabili, tutti graziati da un’arte e da una tecnica che esaltano i modelli poligonali con le loro vesti rinnovate, più eleganti e sobrie rispetto al passato.
La mano di bianco “stilistica” si estende anche al modo di giocare: i combattimenti sono più reattivi, diversificati, sviluppati con maggior enfasi sulle combo aeree e ulteriormente stratificati tramite il sistema dei “cameo”. Sono infatti selezionabili, oltre al proprio lottatore, dei personaggi di supporto (fonte di grandi richiami dalla storia della serie) che permettono manovre di contrattacco, l'estensione delle combinazioni di colpi e soluzioni strategiche inaspettate.
Anche gli sfondi sui cui si stagliano le battaglie hanno subito cambiamenti, perdendo interazioni contestuali ma guadagnando in bellezza visiva, con combinazioni di colori sgargianti piuttosto estranee alla serie. Da templi shaolin immersi in rigogliosa flora purpurea a sinistri laboratori di tortura ingombrati da sacchi di carne umana riassemblata, è facile essere distratti dalla sovrabbondanza e bellezza dei dettagli che animano le ambientazioni, rischiando di farsi perforare dal celebre uncino di Scorpion mentre si studia la profondità di campo della Foresta Perduta o si contano gli innumerevoli ninnoli presenti nella villa hollywoodiana di Johnny Cage.
BOTTE LOCALI E ONLINE
Oltre alle sfide in rete, Mortal Kombat 1 offre svariate opzioni per una fruizione solitaria e locale, orientando il genere verso le sue origini, quando la compagnia non era possibile una compagnia o un antagonismo virtuale. Oltre alla già citata è riuscita “modalità storia” c'è la bizzarra sezione “invasioni”, una sorta di “gioco di ruolo” su tabellone in cui il propio personaggio sale di livello dopo ogni scontro e ottiene ricompense per “personalizzarlo” ulteriormente. Sono inoltre presenti le immancabili torri, con sfide di crescente difficoltà.
Mortal Kombat funziona molto bene, una specie di “party game” violento quanto inoffensivo e spassoso, un gioco ideale per serate con gli amici, per inorridire e ridere insieme dopo le sempre più impressionanti e disgustose “fatality” elargite o subite che siano.
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