
FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI…
DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - SE AMATE “DARK SOULS” E “CASTLEVANIA” NON PERDETEVI LE TENEBROSE, GOTICHE MERAVIGLIE DI “MANDRAGORA WHISPERS OF THE WITCH TREE”. UN’AVVENTURA IN DUE DIMENSIONI E DISEGNATA A MANO CHE PALPITA DI ARTE, INGEGNO E PASSIONE. UNA MIMESI, DERIVA E VARIAZIONE DI GRANDI CLASSICI CHE DIMOSTRA COME IL TALENTO E L’AMORE PER LE FONTI E PER LA PROPRIA OPERA POSSA ANCORA DARE RISULTATI SORPRENDENTI… - VIDEO
Federico Ercole per Dagospia
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Piove nelle lande martoriate dall’orrore di Faelduum, gocciolano dai cieli neri e tormentati cascate d’acqua per bagnare le foreste, i castelli e i ruderi delle terre oscure, fantasy e medievali in “due dimensioni e mezzo” che si devono percorrere per porre fine al caotico tendere risolutivo di un’entropia maledetta.
Cade un liquido infernale e celeste insieme mentre la voce effimera di una strega defunta risuona nella mente, preludiando assieme alla pioggia quell’epica caratteristica del lungo e tormentato viaggio di Mandragora Whispers of The Witch Tree.
Piove, come all’inizio di tante avventure indimenticabili da Legend of Zelda A Link to The Past in poi.
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Si tratta di un’epica truculenta di mostri, violenza, distruzione, inganni e morte che all’inizio può illudere di essere già stata esperita tante volte ma che nel videogame del piccolo team di sviluppo ungherese Primal Game Studio per PlayStation, XBox e PC risulta declinata in una maniera unica, forse perché condizionata dalla passione, da un amore per la propria opera e per le sue fonti di ispirazione che emana da ogni panorama disegnato a mano: Dark Souls, Bloodborne, The Witcher, Castlevania Lords of Shadow, sono queste le origini tematiche ed estetiche di Mandragora.
Panorami, forme, architetture, meccaniche ludiche, suggestioni e ricordi di tanti altri giochi qui trasfigurati in una sorprendente dimensione bidimensionale e pittorica che per valore artistico può essere comparata solo a Hollow Knight di Team Cherry e ai due Ori di Moon Studios.
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Inoltre questo così tetro Mandragora possiede una sua retorica narrativa lenta e verbosa, ma mai noiosa o superficiale, che è distante dall’ ermetica dei “Souls”, dalle fantasie vampiresche e “anime” dei Castlevania, ribadendo così l’unicità di un videogame che si erge già tra i giochi più ispirati degli ultimi anni e che sarà destinato a diventare un’opera di culto, quando i giocatori si accorgeranno del suo valore e saranno risolti alcuni “bug” che sembra si verifichino su PC. Invece per oltre 50 ore su PlayStation 5 non è avvenuto nessun inconveniente.
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LA STREGA NEL CERVELLO
Si comincia con i quadri narrativi e non interattivi di un sacrificio. La grande strega ritenuta responsabile del terrore diffuso per il mondo è torturata a morte davanti al popolo da un ambiguo prelato reggente. Ma l’inquisitore che sarà protagonista dell’epopea ha pietà dell’essere sofferente e lo trafigge con la sua lancia come fece Longino sul Golgota; così l’anima defunta della strega inizia a sussurrargli nel cervello, insinuando verità che cominciano a minare la sua fede e la devozione all’ordine.
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Si muovono dunque i primi passi per spazi in 2.5D dalla struttura non troppo canonica di classici “Metroidvania” la cui mappatura è strutturata ad arte, favorendo un’esplorazione che è ardua finché non si sbloccano “miyazakiane” scorciatoie. Il “level design” di Mandragora è eccezionale, pari alla beltà con la quale sono disegnate le sue lugubri ambientazioni silvane, i borghi decaduti, i monti nevosi, le catacombe o i castelli insanguinati di vampiri. Ci sono mostri innumerevoli che siano umani, bestiali o provenienti dall’altrove, anche questi disegnati con arte: licantropi, banditi spregevoli, ragni, draghi, spettri, giganti, demoni, succhiasangue d’ogni guisa…
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C’è orrore ovunque, tranne nella carovana di esuli che si forma attorno all’accampamento del protagonista, nel quale si aggregano personaggi utili e interessanti, motori di missioni secondarie e gratificanti: un fabbro non violento e pietoso, una canaglia cartografa, un giovane alchimista, una confusa ma simpatica creatrice di gioielli magici, una sensuale tessitrice, un cuoco nervoso. Ecco, lì si percepisce una “vera” e calda comunità accogliente.
Molto riuscita, tra il suono gutturale e minaccioso delle creature, o quello della natura e dell’innaturale, è la colonna sonora di Christopher Antoniou eseguita dall’Orchestra Filarmonica di Praga.
MAZZATE E MAGIE
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Risulta originale in Mandragora anche il sistema di potenziamento del protagonista. All’inizio è disponibile solo una classe, votata al combattimento corpo a corpo, ma dopo il venticinquesimo livello sarà possibile sbloccare le altre, più votate verso l’incanto, magie potenti che semplificano assai e forse troppo il gioco, tanto che chi preferisce una sfida sempre ardua potrebbe optare di continuare ad utilizzare spade, spadoni, coltelli o mazze contro l’esercito di nemici e i numerosissimi “boss”. Non esistono invece archi o balestre, ma la maggior parte di magie colpisce a distanza.
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Comunque ogni potenziamento, l’acquisizione di un nuovo spadone, di un’armatura leggera o pesante, è frutto di soddisfazione e garantisce effetti evidenti nella progressione e nell’esplorazione. Saranno fondamentali per esplorare a fondo ogni angolo di quest’immenso mondo, un rampino e il consueto “doppio salto”, oltre che una campana magica che renderà possibile viaggiare nei reami dell’Entropia, dove il gioco si fa più “platform”.
Da giocare assolutamente se amate i “Souls” e i loro epigoni o se per voi l’esplorazione celebrale e non lineare dei “Metroidvania” è un’occasione per ritrovare se stessi nel disordine del mondo. Mandragora Whispers of The
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Witch Tree è un videogame esaltante, riflessivo e mai frenetico anche se sempre acceso dall’azione. Un esempio di come l’essere umano sappia “prendere il suo meglio dove lo trova” con risultati assai più fecondi di qualsiasi intelligenza artificiale, creando il nuovo da ciò che è stato, usando la fantasia, le doti creative e la passione invece che solo i calcoli e l’imitazione velleitaria dello pseudo artista con il pennello ingannevole dell’AI.
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