Fabrizio Massaro per www.corriere.it
giovanni angelo becciu
«Porci». Così il cardinale Angelo Giovanni Becciu avrebbe appellato i magistrati vaticani che indagavano sugli investimenti della Segreteria di Stato da lui diretta, parlando con il suo ex braccio destro, monsignor Alberto Perlasca, secondo quanto lo stesso monsignore ha riferito agli inquirenti.
Lo avrebbe detto dopo aver saputo proprio da Perlasca che in un suo interrogatorio si era accennato ai soldi fatti avere dal cardinale alla sedicente agente segreta Cecilia Marogna, anche lei imputata nell’inchiesta vaticana. C’è anche questo nei quasi 500 pagine della richiesta di citazione a giudizio presentata dai magistrati il 1 luglio.
giovanni angelo becciu papa francesco bergoglio
Emerge fra l’altro che Becciu per tutelarsi maggiormente nelle conversazioni utilizzava anche la chat criptata Signal, che suggerì anche a Perlasca di scaricare. Becciu, imputato è imputato per peculato, abuso d’ufficio e subornazione, cioè l’istigazione nei confronti di monsignor Alberto Perlasca — per anni il suo braccio destro nella Sezione affari generali della Segreteria di Stato, a dire falsa testimonianza.
Il memoriale di Perlasca
Perlasca lo riferisce nel memoriale che ha presentato ai promotori di giustizia. Il caso Marogna arriva sul tavolo dei magistrati dopo una segnalazione nell’aprile 2020 da parte della Nunziatura di Lubiana relativa alla manager cagliaritana e alla sua società Logsic, pochi giorni prima che Perlasca venisse sentito dai promotori.
la casa di becciu postata dalla marogna
«Due giorni dopo l’interrogatorio – scrive Perlasca — andai dal Card. Becciu e gli riferii tutto quello che mi aveva detto il magistrato. Lui rimase molto turbato che si fosse parlato di questo argomento (disse: che porci!), e mi rimproverò aspramente per aver mantenuto nel telefonino i messaggi che lui mi aveva inviato e che avrei invece dovuto cancellarli. Io gli dissi che non ne vedevo il motivo, dal momento che lui mi aveva detto che l’operazione era stata voluta dal Santo Padre e quindi io pensavo di agire correttamente. In quella circostanza, mi disse di conoscere quella donna, che era del Dis. Mi disse di sapere che sarebbe stata costituita una società, ma che non sapeva che era stata costituita in Slovenia».
Le chat su Signal
In un interrogatorio successivo, Perlasca racconta che quando riferì a Becciu delle domande «sulla vicenda della Slovenia, egli effettivamente rimase molto contrariato (…) Mi fece scaricare l’applicazione Signal precisandomi che attraverso tale applicativo le chat si autodistruggono in maniera indelebile dopo poco tempo.
becciu
Poi quando gli dissi di aver appreso che gli inquirenti avevano accertato che le somme inviate per la liberazione della suora erano andate almeno parzialmente per spese voluttuarie, egli rispose che l’indomani avrebbe telefonata alla signora affinché reintegrasse quanto prelevato indebitamente». Quanto riferito da Perlasca, sottolineano gli inquirenti vaticani, «è particolarmente significativo se si considera che all’epoca, fine mese di aprile 2020, Angelo Becciu, come evidenziato, non era nemmeno sospettato di aver avuto concorso nella commissione di alcun reato».
L’intervento del cardinale
Cecilia Marogna e Becciu
Sottolineano gli inquirenti che Becciu, dal 2011 al 2018 Sostituto alla Segreteria di Stato, di fatto il numero tre della gerarchia vaticana, non entra subito nell’inchiesta. sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato. L’indagine è stata portata avanti dai promotori a partire dall’estate 2018 in seguito a una doppia denuncia dello Ior e del Revisore generale della Santa Sede. Il ruolo del cardinale comincia a delinearsi a maggio 2020, come «autore di gravissime iniziative di interferenza con le indagini in corso in concomitanza con momenti delicatissimi delle stesse», scrivono i promotori Gian Piero Milano, Alessandro Diddi e Gianluca Perone nella richiesta di citazione a giudizio.
ALBERTO PERLASCA
Le pressioni attraverso il vescovo di Como
Perlasca — che era inizialmente indagato ma non è tra i rinviati a giudizio — avrebbe subito da Becciu pressioni per ritrattare facendo leva sull’autorità del superiore di Perlasca, il vescovo di Como Oscar Cantoni. A far scattare la contestazione è una lettera inviata il 10 marzo 2021 da Perlasca agli inquirenti vaticani nella quale «denunciava, sostanzialmente, la gravissima pressione subita per il tramite del Vescovo di Como, Oscar Cantoni», per indurlo, «paventando condanne per falsa testimonianza, a ritrattare quanto da lui dichiarato ai magistrati».
Giovanni Angelo Becciu
Perlasca ha detto «di essere certo che il vescovo di Como avesse ricevuto la richiesta del Cardinale» in tal senso. «Il messaggio che mi è stato fatto pervenire — spiega Perlasca nell’interrogatorio - è che se non ritratto io posso essere condannato ad una pena di almeno sei mesi perché tutto ciò che ho dichiarato è una menzogna». Alla domanda se fosse certo che il vescovo di Como avesse ricevuto indicazioni da Becciu sul punto, il prelato risponde: «Non ho motivi di dubitare della sincerità di ciò che Sua Eccellenza Cantoni mi ha riportato».
Il vincolo di obbedienza
francesca chaouqui
Ascoltato dagli inquirenti ad aprile scorso, Cantoni avrebbe poi confermato la circostanza riferita da Perlasca. «Non può sfuggire la particolare gravità dell’accaduto oltre che per le ricadute sulla genuinità della prova, anche per lo strumento impiegato da Becciu il quale, al fine di indurre Mons. Alberto Perlasca a ritrattare le sue dichiarazioni, ha tentato di utilizzare le leve dei doveri di obbedienza gerarchica», sottolineano i magistrati vaticani, richiamando le dichiarazioni dello stesso Perlasca sul punto: «Voglio specificare che il Cardinale Becciu si è rivolto a sua Eccellenza Cantoni perché nei miei confronti esiste un rapporto di tipo gerarchico e di obbedienza ed è proprio per questa ragione che ho ritenuto di informare l’Autorità Giudiziaria di ciò che è successo. Non oso pensare in quale imbarazzo mi sarei trovato laddove Sua Eccellenza Cantoni anziché riportarmi il messaggio proveniente dal Cardinale Becciu nei termini in cui sono stati da me rappresentati, mi avesse imposto una ritrattazione».
ALBERTO PERLASCA
Il bonifico alla coop: «Mi hanno insegnato a non chiedere spiegazioni»
Perlasca mette inoltre a verbale il 30 agosto 2020 che Becciu gli aveva chiesto di fare un bonifico da 100 mila euro a una cooperativa in Sardegna, perché era in difficoltà: «Dal momento che non mi aveva detto nulla, era segno che io non dovevo sapere. A noi hanno insegnato così: se il superiore non ti dice, è segno che tu non devi sapere (né domandare)». La cooperativa era la Spes, guidata dal fratello del cardinale Antonino Becciu.
Per aggirare i controlli antiriciclaggio, Becciu stesso — racconta Perlasca — propose di trasmettere l’importo alla Caritas di Ozieri con causale «opere di carità del Santo Padre». Perlasca dice che non sapeva che servissero per la fabbrica di birra del fratello di Becciu. Il cardinale inoltre avrebbe «caldeggiato» anche il concerto di beneficenza offerto da Claudio Baglioni, scrivono i magistrati.
MONSIGNOR ANGELO BECCIU
La testimonianza di Francesca Chaouqui
L’ormai famoso investimento da 200 milioni di dollari nel palazzo londinese di 60 Sloane Avenue, effettuato attraverso il fondo Athena di Raffaele Mincione, ha una storia alle spalle: un progetto di investimento in una piattaforma petrolifera offshore in Angola.
A parlare per prima con i magistrati è Francesca Immacolata Chaouqui, già componente della Cosea, che nel 2013 doveva esaminare e proporre iniziative di riforma finanziaria a papa Francesco. Chaouqui, dichiaratamente avversaria di Becciu, si presenta spontaneamente alla Gendarmeria subito dopo l’avvio dell’inchiesta, il 28 ottobre 2019: «Con il pontificato di Papa Francesco, l’attuale Card. Becciu, che all’epoca era Sostituto della Segreteria di Stato», mette a verbale Chaouqui, «ritiene che la Santa Sede dovesse investire il proprio denaro e pertanto chiede a Mons. Perlasca e a Tirabassi dî cercare un interlocutore capace di condurre uno. studio di fattibilità per un investimento in Angola, Paese nel quale Mons. Becciu era stato Nunzio Apostolico.
francesca chaouqui foto di bacco
Infatti questo investimento, denominato Falcon Oil, detenuto dalla società Stardust limited, fu proposto direttamente a Mons. Becciu e riguardava un hub petrolifero che avrebbe dovuto rendere una percentuale di guadagno tra l’8 e il 10%».
I giornalisti «compiacenti»
Inoltre — evidenziano i promotori — Perlasca ha sottolineato la particolare abilità del superiore nel gestire la comunicazione per veicolare notizie verso giornalisti compiacenti». C’è un episodio che pare confermarlo: «Al momento giusto bisognerà fare una bella campagna stampa!!», scrive a gennaio 2020 Becciu in un messaggio inviato a Enrico Crasso, il gestore segreto delle finanze vaticane «Anzi lei potrebbe farla subito. Chieda al suo avvocato se è il caso di sbugiardare subito i nostri magistrati!».
LA LETTERA DI ENRICO CRASSO A ANGELO BECCIU
La difesa del cardinale: una macchinazione ai miei danni
«Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza».
Si difende così pubblicamente il cardinale Becciu dopo la notizia del rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta legata allo scandalo del palazzo londinese. «In questi lunghi mesi — scrive il cardinale attraverso il legale Fabio Viglione — si è inventato di tutto sulla mia persona, esponendomi ad una gogna mediatica senza pari al cui gioco non mi sono prestato, soffrendo in silenzio, anche per il rispetto e la tutela della Chiesa, a cui ho dedicato la mia intera vita.
fabrizio tirabassi enrico crasso gianluigi torzi
Solo considerando questa grande ingiustizia come una prova di fede riesco a trovare la forza per combattere questa battaglia di verità. Finalmente — dice Becciu — sta arrivando il momento del chiarimento, ed il tribunale potrà riscontrare l’assoluta falsità delle accuse nei miei confronti e le trame oscure che evidentemente le hanno sostenute e alimentate».
ENRICO CRASSO