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The American Academy of Otolaryngology posted information on its website saying that mounting anecdotal evidence indicates that lost or reduced sense of smell and loss of taste are significant symptoms associated with Covid-19 https://t.co/IhO03Id2Bt
— The New York Times (@nytimes) March 23, 2020
1. CORONAVIRUS INFETTA IL CERVELLO. DUE NUOVI STUDI: «PERDITA OLFATTO TRA SINTOMI, ATTACCO AL SISTEMA NERVOSO»
Il coronavirus infetterebbe direttamente il sistema nervoso centrale. L'ipotesi è contenuta in due articoli scientifici, il primo, pubblicato da ricercatori cinesi sul Journal of Clinical Virology ha analizzato i dati ottenuti nel tempo su coronavirus diversi da Sars-CoV-2; il secondo, pubblicato quasi contemporaneamente sul Chemical Neuroscience, propone meccanismi d'azione in grado di spiegare questa potenziale facoltà del virus di infettare il sistema nervoso centrale. La perdita dell'olfatto si è rivelata essere uno tra i diversi sintomi di Covid-19. Ignorato all'inizio della malattia, ormai è stato accertato in diversi paesi colpiti dal coronavirus e potrebbe essere spiegato con la capacità del virus di infettare il sistema nervoso centrale dei malati, in particolare nella zona del cervello deputata alle funzioni olfattive.
ll team guidato da Yan-Chao Li dell'Università di Jilin, in Cina, ha analizzato campioni prelevati nei primi anni 2000 su vittime di Sars-CoV-1, coronavirus cugino di quello attuale. Questi campioni, spiegano gli autori, «hanno mostrato la presenza di particelle del virus nel cervello, trovate quasi esclusivamente nei neuroni». Altri studi, condotti su topi transgenici, modificati per essere sensibili ai coronavirus che colpiscono l'uomo, hanno mostrato che il Sars-CoV-1 o il Mers-CoV (virus responsabile di un'epidemia che colpito il Medio Oriente nel 2012) «possono penetrare nel cervello, probabilmente attraverso i nervi olfattivi, e propagarsi rapidamente ad alcune zone specifiche del cervello, in particolare talamo e corteccia cerebrale».
«L'articolo del team cinese è molto interessante perché si basa su osservazioni cliniche, interpretate usando una sintesi di ciò che sappiamo sui coronavirus», ha spiegato la biologa Christine Prat, del consorzio europeo Virus Archive Global. «Tuttavia, resta ancora molto da capire sull'impatto che alcuni virus possono avere sul sistema nervoso centrale, che è un'area molto particolare: il sistema immunitario infatti non può lavorare lì come nel resto dell'organismo perché deve combattere contro l'infezione evitando di distruggere le cellule neuronali, che non si rinnovano da sole o lo fanno molto poco».
2. CORONAVIRUS, "COME VIRUS CUGINI POTREBBE COLONIZZARE SISTEMA NERVOSO"
"Ad oggi quello che sappiamo è che il coronavirus attacca le vie respiratorie. Ma è sicuro che risparmi altri 'bersagli', come ad esempio il sistema nervoso centrale?". A chiederselo è Luca Steardo, neurologo e neurofarmacologo, cattedratico dell’Università Sapienza di Roma. "Se infatti il Covid-19 si comportasse come i virus 'cugini', ad esempio Sars-CoV1 - osserva l’esperto - darebbe origine anche ad una colonizzazione del sistema nervoso centrale con uno scenario ben più complesso, caratterizzato sia da una invasione dei centri cardio-respiratori, presenti nel troncoencefalo, sia da processi neuroinfiammatori responsabili di gravi conseguenze quali decadimento cognitivo, deficit di memoria e cali di attenzione".
"Oggi siamo costretti a confrontarci con un nemico nuovo e per troppi aspetti ancora ignoto - afferma Steardo - Tentiamo quindi di far ricorso a studi pregressi su agenti virali collegati ad esso da un certo grado di parentela. Se da una parte è certo che le cellule bersaglio primarie per Covid-19 sono quelle epiteliali del tratto respiratorio, dall’altra è difficile ritenere che la penetrazione del virus nell’organismo si mantenga tanto limitata. Dati clinici e preclinici da studi con altri coronarovirus suggeriscono di una loro maggiore invasività tissutale e di un loro evidente neurotropismo.
E' dimostrato - insiste l'esperto - che i CoV, soprattutto quelli appartenenti al sottotipo beta, famiglia del virus che causa Covid-19, invadono frequentemente il sistema nervoso centrale: seppure al momento mancano dirette evidenze, l’alta identità tra i CoV e il virus di Covid-19 lascia presumere che anche quest’ultimo ceppo possa colonizzare il sistema nervoso centrale".
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"La presenza di Sars-CoV1 nel cervello - ricorda l'esperto - si accompagna ad una marcata reazione gliale e a una diffusa morte neuronale, rappresentando lo scenario neuropatologico della neuroinfiammazione - prosegue l’esperto - Le molecole responsabili dell’infiammazione sistemica provocano la rottura della barriera emato-encefalica attivando un conseguente processo neuroinfiammatorio particolarmente grave.
In questi casi, in condizioni di prolungata ipossia, l’esperienza clinica suggerisce che pazienti che abbiano superato una sindrome da distress respiratorio possano presentare poi la comparsa o l’aggravarsi di una sindrome da decadimento cognitivo con insorgenza di delirium, deficit mnestici e attentivi, e danni associati alle funzioni cognitive. E' d’obbligo quindi - continua - una riflessione sui processi neuroinfiammatori e sulla necessità di intervenire, anche preventivamente, su di essi".
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"Da un punto di vista terapeutico la palmitoiletanolamide ultra micronizzata (Pea), molecola lipidica endogena, ha provata efficacia nel restituire alle cellule gliali la loro funzione omeostatica contrastando i fenomeni lesivi a carico del sistema nervoso centrale", conclude Steardo.
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