Valerio Berruti per “Affari & Finanza - la Repubblica”
È proprio il futuro che non dà pace all' automobile. Tutti vogliono correre avanti ma poi servono i profitti. Le azioni devono salire e il business marciare veloce come una supercar. E così si punta sui veicoli autonomi e sempre connessi ma anche su generazioni di uomini con nuove visioni del futuro. In grado di cavalcare i sogni ma senza perdere vista la Borsa.
MARK FIELDS
E allora via. Bruciare il passato diventa il mantra del presente e qualche manager comincia a farne le spese. Nei giorni scorsi è toccato all' amministratore delegato della Ford, Mark Fields, velocemente messo da parte, anzi licenziato ("fired", bruciato come brutalmente suggerisce il termine usato dai giornali americani) in nome del mancato profitto. In qualche modo anche la prima vittima del ciclone Tesla che nei mesi scorsi ha superato per capitalizzazione prima la Ford e poi la stessa GM.
Sorpasso che ha un valore simbolico nel mondo dell' automobile, effettuato da un personaggio del calibro di Elon Musk, capace di sedurre velocemente gli investitori proprio per la sua visione di futuro e per i suoi progetti. Non certo per i risultati, almeno per ora. La partenza di Fields è dunque un segnale evidente per chi è al timone di una multinazionale dell' auto che la professionalità e la capacità di gestione mostrata fino ad aggi non saranno più sufficienti in futuro. E che, dunque, dopo Fields ci potrebbero essere altre "vittime".
DONALD TRUMP MARK FIELDS
CENTO ANNI DOPO
Comunque, la Ford non poteva certo restare a guardare. Il suo fondatore, oltre un secolo fa, aveva reso accessibile alla classe media l' automobile e ora proprio Musk promette di fare altrettanto con quella elettrica, soprattutto con la futura Model 3, berlina da 35 mila dollari. Quindi bisognava agire ed anche al più presto. Ecco dunque la prima mossa del gruppo di Dearborn: rimescolare tutto e scrivere il futuro all' insegna dell' innovazione.
Soprattutto promuovere un manager, Jim Hackett, che in passato ha trasformato gli uffici d' America prevedendo la fine dei cosiddetti "cubicoli" a favore di spazi di lavoro aperti e condivisi e che è stato in grado persino di rilanciare e portare alla vittoria un team universitario di football dalle scarse performance. Insomma «un uomo a suo agio in vari campi», come l' ha definito Bill Ford, il pronipote di Henry che 114 anni fa fondò il gruppo automobilistico.
JIM HACKETT
E così fuori Mark Fields, 56 anni, chiamato al vertice del gruppo appena tre anni fa (luglio 2014) e dentro Jim Hackett, che di anni ne ha 62. Quindi non proprio un rinnovamento generazionale. Fields paga un periodo di gestione a dir poco difficile e cosa più importante, gli vengono messi in conto la caduta del titolo, ora sotto del 40 per cento rispetto al 2014 e l' utile crollato nel primo trimestre di quest' anno del 30 per cento. Ma paga anche il fatto che nello stesso periodo proprio la Silicon Valley ha messo una marcia in più sul fronte della mobilità accelerando sul car sharing, le auto autonome e quelle a zero emissioni. Territori che la "sua" Ford ha percorso in lungo e in largo ma con pochi risultati.
A tutti, infatti, Fields aveva promesso un nuovo corso che avrebbe trasformato l' azienda da costruttore di automobili in produttore di mobilità, settore con un giro d' affari doppio rispetto a quello delle sole quattro ruote. Motivi per i quali Bill Ford ha deciso di cambiare tutto e puntare su un visionario «per rienergizzare il business».
Ford ibrida
Hackett avrà praticamente carta bianca per replicare e ampliare ciò che da circa un anno stava già facendo all' interno di Ford. A marzo dell' anno scorso, infatti, proprio a lui venne affidata la nuova divisione "Ford Smart mobility", pensata per progettare, costruire e investire nei servizi legati alla nuova mobilità in competizione diretta con Uber e altre app che stanno rivoluzionando il trasporto urbano. Un ruolo dove il manager ha gestito l' acquisizione di Chariot, start-up di San Francisco per il ride sharing, e l' investimento da un miliardo di dollari in Argo Ai, un' altra start-up per la guida autonoma focalizzata sull' intelligenza artificiale.
«Abbiamo bisogno di velocità nel processo decisionale», ha detto Bill Ford che si aspetta da Hackett azioni forti per reinventare e infondere nuova energia al business di famiglia. «È lui il ceo giusto per guidare il gruppo durante questa fase di trasformazione per l' industria dell' auto e della mobilità. È un vero visionario che porta un approccio unico, basato sulla leadership umana, sulla nostra cultura, i nostri prodotti e servizi, che sprigionerà il potenziale delle nostre persone e del nostro business».
bill ford
IL PREDECESSORE INGOMBRANTE
Di certo, nella "delusione" nei confronti di Mark Fields molto ha giocato l' ombra del suo predecessore Alan Mulally, l' uomo della provvidenza chiamato da Bill Ford alla vigilia della crisi del 2007 per salvare l' azienda dal fallimento che ha invece colpito GM e Chrysler. Personaggio sicuramente più brillante e comunicativo e soprattutto stimato sia in azienda che fuori, tanto da essere considerato un manager autorevole sia dall' amministrazione Trump che da quella precedente di Obama.
Da lui, gli azionisti dopo la riorganizzazione, i conti messi a posto e il mercato Usa con il vento in poppa, si aspettavano scintille. E invece Nemmeno la performance dell' immortale F150 (il pickup icona, da quarant' anni leader assoluto delle vendite di veicoli negli Usa) e l' uscita dal rosso dei conti europei ha stimolato la Borsa che probabilmente si è sentita tradita nelle grandi aspettative del "dopo Mulally".
GESTIRE LA RIORGANIZZAZIONE
tesla model s
Adesso si va a capo con un uomo d' azienda che ha l' incarico di gestire la riorganizzazione (quanto "lacrime e sangue" ancora non si sa) per spingere i conti e convincere gli investitori. Non è una novità per l' ultimo grande gruppo ancora a conduzione familiare che ha dimostrato in tutta la sua storia una capacità decisionale non comune fra i colossi globalizzati. Guardata un po' più da lontano la questione Ford-Fields si presta ad essere inserita come "caso di scuola" della evoluzione dell' industria della mobilità e dell' imbarazzo del mondo dell' auto tradizionale a considerare il proprio futuro.
Oggi, per chi costruisce automobili guardando avanti, mancano molte delle certezze che hanno sostenuto questo business per oltre un secolo. È facile immaginare con quanti dubbi si discuta dei piani per i prossimi dieci o venti anni, stretti fra le prospettive elettriche, la guida autonoma e un mercato che intanto assorbe quasi cento milioni di veicoli "normali" ogni anno.
elon musk tegole fotovoltaiche
L' imbarazzo fra le necessità correnti e gli enormi investimenti per il futuro è reso ancora più acuto se si devono tenere d' occhio i conti per far contenti gli azionisti. E qui il mondo dell' auto, con i suoi margini risicati, non può che provare una profonda invidia per i giganti della new economy che macinano successi a Wall Street indipendentemente dai conti.
Lo stesso Elon Musk ha candidamente ammesso che Tesla fino ad ora ha prodotto soprattutto perdite, ma nessuno oggi sembra preoccuparsi se la sua "città del sole" (la Solar City per la produzione di batterie e componenti elettrici) sarà un vero business o se nel 2022 la sua SpaceX andrà su Marte o meno. Per loro è soltanto futuro. E il futuro piace così tanto agli investitori.