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    LA FREGATURA NEL DNA - VITTORIO FELTRI SVELA UNA VICENDA DI 33 ANNI FA CHE DIMOSTRA CHE L’ITALIA NON CAMBIA MAI: DOPO IL PAGAMENTO DI 194 MILA LIRE TRAMITE VAGLIA, RICEVETTE UN PREMIO PER UNA PROFESSIONE MAI ESERCITATA - “MI VERGOGNO COME UN LADRO, MI SENTO IN PUNTO DI MORTE. SCAVALCANDO SEGGIOLE, PERITI CONTABILI, STOMATOLOGI E CONSORTI VARIE GUADAGNO IL PALCO E…”


     
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    Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”

     

    I premi non mi erano mai interessati, specialmente perché non ne avevo mai presi. Ma stavolta ce l' ho fatta: mi hanno dato un bel diploma. Intendiamoci, non ho meriti, tranne quello di aver pagato e di non aver fatto nulla perché gli organizzatori si accorgessero che non sono un commercialista, ma un giornalista. Una truffa? Non lo so, giudichino gli esperti. Una beffa? Forse. Personalmente, preferisco limitarmi a raccontare quello che è successo.

    vittorio feltri vittorio feltri

     

    Qualche giorno fa un lettore scrive al Corriere: «Sono due anni che ricevo l' allegata documentazione Per me è tutto un imbroglio, ciò può accadere solo da noi». La documentazione allegata consiste in alcuni dépliant. Sui quali, tra l' altro, si legge: «Con la presente, nel formularle le nostre più vive congratulazioni per il conferimento di questo prestigioso riconoscimento, il più importante ed ambito in campo nazionale ed internazionale, la informiamo che domenica 19 gennaio 1986 alle ore 10,30 presso l' aula magna capitolina alla presenza di illustri personalità politiche e religiose, con l' intervento delle maggiori testate giornalistiche e delle più importanti reti televisive - non esclusa la Rai - il comitato d' onore le conferirà ufficialmente il diploma del Premio Italia per la consulenza economica e commerciale Naturalmente le numerose iniziative approntate per valorizzare la sua partecipazione comportano un simbolico contributo spese pubblicitarie di lire 194.000 più Iva (18%)...».

     

    VITTORIO FELTRI CON IL SUO CAVALLO CROCUS VITTORIO FELTRI CON IL SUO CAVALLO CROCUS

    La carta è intestata così: «Accademia internazionale per le scienze economiche e sociali, sede generale italiana, via Nazionale 163, Roma». La firma è del presidente: Musizza Lucio. Venerdì mattina, quando mancavano tre giorni alla cerimonia, telefono all' Accademia (numero: 06-6784149). Risponde un signore gentile.

     

    LA TELEFONATA

    Gli dico: «Mi chiamo Vittorio Feltri, vi ringrazio per avermi scelto fra chissà quanti candidati. Le espressioni gentili che mi avete dedicato nella missiva mi hanno commosso. Desidero ardentemente ritirare l' attestato. Temevo di non farcela a venire fino a Roma perché avevo degli altri impegni. Ma ora, e mi scuso se ho deciso all' ultimo momento, sono lieto di comunicarvi di essere pienamente disponibile. Sono ancora in tempo?».

    Il rappresentante dell' Accademia non ha indugi: «Ma certo ragionier Feltri, sarà un onore averla con noi. Non ha ancora spedito la scheda di adesione? Non importa, la compilo io, subito, mi dia i suoi dati».

     

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    E io glieli do senza inventare un dato: cognome, indirizzo, numero di telefono.

    Neanche una bugia, soltanto un' omissione: dovrei smentire di essere ragioniere e commercialista, ma non ce la faccio. E lui sul finire della conversazione: «La prego di una cosa, mi mandi direttamente il vaglia telegrafico con l' importo di 194 mila lire più Iva, in modo che il suo nome possa comparire sulla stampa».

     

    Obbedisco. Corro all' Ufficio postale e compilo il modulo, in fondo al quale, nello spazio riservato al mittente, scrivo ragionier Vittorio Feltri, mentendo ancora una volta sul titolo. D' altro canto è necessario. E ieri mattina, come da invito, mi presento con una testimone femminile - non si sa mai - all' Auditorium Seraficum di Roma (EUR), nel collegio della facoltà teologica San Bonaventura. Nell' ampio atrio c' è molta gente, completi grigi da nozze riesumati dal solaio, giacche blu e cravatte vinaccia, abiti di seta turchese, viola e neri con lustrini, scarpe di raso, qualche pelliccetta. Volti tirati per l' emozione. Andirivieni di tele cineoperatori, di hostess, di sconosciuti.

     

    L'atmosfera è elettrica, come in occasione di un premio vero. C' è una scrivania, quella della segreteria: mi accosto con titubanza, convinto di essere scoperto, ma sono pronto a tutto. Mi rivolgo all' addetto, declinando le mie generalità come una recluta, ed esibisco la ricevuta del vaglia. Il giovanotto mi scruta. Per me sono attimi di panico. Penso: «Ecco, hanno fatto un controllo e hanno accertato che non sono un ragioniere, ma un ficcanaso».

    vittorio feltri 1 vittorio feltri 1

     

    Neanche per sogno. Mi consegna una busta con un sorriso. Contiene due biglietti-buono: uno per il ritiro dell' ambito attestato, l' altro per la colazione-festa al Grand Hotel Ritz. Apprendo, inoltre, da un cartoncino-avviso che, se non mi accontento della pergamena, ho facoltà di richiedere - pagando - una statuetta (200 mila), un distintivo (8 mila), un gagliardetto (40 mila), un piatto (60 mila). Scelgo il gagliardetto e il distintivo.

     

    PERSONAGGI NOTI

    Quindi prendo posto nell' Auditorium insieme con gli altri che attendono trepidanti di essere insigniti e di intrufolarsi nella storia di questo Paese. Sul palco, al tavolone delle autorità, siedono in sette. Alcuni hanno facce note: il giornalista Ruggero Orlando (trascorsi non comuni in tv ed ex deputato socialista), Isabella Biagini (soubrette) e Tony Dallara (dall' archeologia canora). Attacca a parlare Orlando: fa un discorso di politica estera stile «bar commercio», coinvolgendo Gheddafi, Andreotti, Spadolini, che non si capisce cosa c' entrino con i ragionieri e i dentisti, (anche i dentisti, di fatto, sono della partita).

     

    vittorio feltri vittorio feltri

    Ma ecco, con un balzo giovanile, entra in scena Silvio Noto, proprio quello di Campanile Sera. Comincia la premiazione. È una processione di poveracci che, rispondendo all' appello, come a scuola si precipitano giù per le scale, fanno l' inchino davanti al tavolone, stringono qualche mano, ritirano il premio e tornano, fra gli applausi che si tributano a vicenda, in poltrona.

     

    Quasi tutti impacciati, alcuni inciampano, le guance di fuoco. Una signora fa un ruzzolone, fatica a rialzarsi: ci vogliono due volontari per rimetterla in piedi. Ovazioni. Arriva il mio turno: mi vergogno come un ladro, mi sento in punto di morte. Scavalcando seggiole, periti contabili, stomatologi e consorti varie guadagno il palco. Lancio uno sguardo alla Biagini che, a titolo di incoraggiamento, mi offre in visione la doppia fila dei suoi denti, non più tanto regolari.

     

    Un tale mi dà il diploma che reca la seguente motivazione: «Quale massima attestazione di merito per la precisa ed accurata valutazione ed applicazione delle norme valutarie dimostrate nell' espletamento di una così importante professione». Un dettaglio: sono giornalista da 23 anni, ho fatto tutt' altri studi che quelli di ragioneria. Ma che importa, oltre ai soldi sborsati come ho descritto, ho scucito - per non essere da meno «dei colleghi» - altre 200 mila per le foto-ricordo (tariffa minima).

     

    IL TOTALE

    vittorio feltri fuma una sigaretta 1 vittorio feltri fuma una sigaretta 1

    Sulla ricevuta (Royal international film) c'è lo stesso indirizzo dell' Accademia: probabilmente, anche la torta è la stessa. In totale ho speso circa mezzo milione. Dal giornaletto che mi hanno regalato - dove campeggia il mio nome - evinco che siamo stati premiati in 300. Fate il conto: l' incasso per gli organizzatori è stato di 150 milioni. Aggiungetene una decina per un' asta estemporanea (dipinti e litografie) e un' altra decina per una lotteria. Qualche lira andrà in beneficenza, ha assicurato il presidente Lucio Musizza: «Ma non crediate che siano buttate via. La suora dell' istituto a cui li devolveremo, vi farà avere una lettera in cui figurerete come benefattori dei bambini bisognosi. Una lettera che vi permetterà di aprire molte porte. A buon intenditore, poche parole».

     

    Me ne vado amareggiato mentre la festa continua. Mi volto verso la platea gremita, mi sembra brava gente, mi chiedo se abbia capito. Un signore, data la circostanza, si è messo in tight. Lo osservo: sarebbe impeccabile se non avesse le calze di lana grigio-orfanotrofio e le scarpe con la para. Stringe la statuetta, il diploma, il gagliardetto, e altre cianfrusaglie. Ha speso più di me: come minimo, 800 mila. No, lui non ha capito.

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