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    “VOGLIO FAR VIVERE I MIEI FIGLI IN UNA TERRA SENZA MAFIA” – IL CORAGGIO DI GIUSEPPE CONDORELLI, IL RE DEI TORRONCINI, CHE SI È RIFIUTATO DI PAGARE IL PIZZO, HA DENUNCIATO, PERMETTENDO L’ARRESTO DI 40 TRA BOSS E IMPRENDITORI CATANESI CHE SI ERANO PIEGATI PER SPADRONEGGIARE CONTRO I CONCORRENTI: “DENUNCIARE È UN OBBLIGO PER L'IMPRENDITORE. OGGI NON CI SONO PIÙ ALIBI. ALTRIMENTI IL MALE NON SARÀ MAI SRADICATO. LE PRIME MINACCE RISALGONO AL 1998 QUANDO UN….”


     
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    Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”

     

    giuseppe condorelli 1 giuseppe condorelli 1

    A leggerlo adesso che li hanno arrestati, quel biglietto lasciato con una bottiglia di benzina davanti all'ingresso della fabbrica può anche far sorridere. Perché sembra tirato fuori da uno dei film di Pif o di Ficarra e Picone.

     

    Con il classico estorsore di mafia pronto a sbandierare la sua ignoranza: «Mettiti a posto ho ti faccimo saltare in aria, cercati un amico». Minacce di morte rivolte a Giuseppe Condorelli, 54 anni, moglie e due figli, titolare della famosissima azienda dolciaria che non produce solo torroncini nel grande stabilimento all'ombra dell'Etna, ma che quei gustosi torroncini pubblicizza da trent' anni con la faccia accattivante di Leo Gullotta.

     

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    È storia di due anni fa. Non ebbe paura? Non ci fu un attimo d'esitazione?

    «Mi chiamò di notte una domenica di marzo il guardiano spaventato davanti a quel "pizzino". Una volata fra le stradine di Belpasso. Ne parlai con mia moglie Serena e andai subito dai carabinieri».

     

    Nel blitz che ha fatto scattare 40 arresti ci sono anche un paio di imprenditori che hanno usato la mafia per battere la concorrenza.

    «Mai un dubbio per me e mia moglie. Noi vogliamo solo fare vivere i nostri due figli di 14 e 15 anni in una terra senza mafia, senza soprusi».

     

    Eccolo il giovane cavaliere del lavoro, erede di un piccolo impero costruito nel 1933 dal padre Francesco, il vecchio saggio pasticciere che in quest' angolo della provincia catanese riuscì a conquistare l'appoggio di Leo Gullotta per una scalata pubblicitaria ed economica oggi specchiata in un impianto da 8 mila metri quadri dove 52 addetti e 40 stagionali producono 200 milioni di pezzi l'anno venduti in 25 Paesi del mondo.

     

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    Un bocconcino prelibato, avranno pensato i mafiosi che forse si sono pentiti di questa tentazione costata cara, visto che ieri mattina dopo due anni di indagini i carabinieri del colonnello Rino Coppola hanno bloccato i 40 boss di vecchi clan locali e un paio di imprenditori che, al contrario di Condorelli, si sono piegati, spadroneggiando però contro i loro concorrenti.

     

    Non era la prima minaccia?

    «Il primo assalto risale al 1998, quando ancora c'era la lira e, rispondendo al telefono, mi sentii chiedere 100 milioni in contanti. Abbiamo subito tanti altri tentativi di estorsione, anche quando mio padre era vivo. Tutto sempre immediatamente denunciato alle forze dell'ordine».

     

    E quei 100 milioni?

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    «Pensavo allo scherzo di un cretino. Misi giù la cornetta. Richiamarono 10 minuti dopo: "L'hai capito che ti facciamo saltare?". Lo dissi a mio padre: "Io vado dai carabinieri". E lui: "Ti accompagno". Per un mese restammo in casa aspettando le altre chiamate, fingendo di trattare, finché li arrestarono in una cabina telefonica appena fuori paese».

     

    Sta dicendo che resistendo si vince?

    «Dico che denunciare un'aggressione, una minaccia, un'estorsione è un obbligo per l'imprenditore che in questa Sicilia devastata non ha solo una funzione economica, perché noi svolgiamo un ruolo sociale, direi etico. Ecco perché occorre trovare il coraggio. Altrimenti il male non sarà mai sradicato e noi costringeremo i nostri figli a muoversi in una realtà sempre peggiore».

     

    Perché tanti invece continuano a subire?

    giuseppe condorelli giuseppe condorelli

    «Ormai ci sono le condizioni per stare dalla parte della legalità, come mi ha insegnato a fare mio padre. Allora forse c'era qualche incertezza. Oggi non ci sono più alibi. Ogni volta che ci siamo rivolti ai carabinieri della vicina Paternò o al comando provinciale dell'Arma l'impegno attorno a noi è apparso subito concreto e visibile. E scatta la mano dello Stato».

     

    Proprio come è avvenuto ieri per Daniele Licciardello, 48 anni, l'estorsore bloccato con il gotha degli Alleruzzo, degli Assinnata, dei Puglisi e di altre famiglie collegate con i più noti boss di Catania che gravitano nell'area di Aldo Ercolano, il cognato di Nitto Santapaola. Vecchi nomi. Vecchie croste di cui liberarsi, assaporando il metodo Condorelli.

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