Fabio Postiglione per il “Corriere della sera”
marina addati
È stata in carcere per due anni e dieci mesi con l' accusa di aver provato ad uccidere le sue figlie, una di tre mesi e l' altra di tre anni, somministrando nel latte antiepilettici, barbiturici, benzodiazepine. Per i pubblici ministeri delle Procure di Roma e Napoli e per quattro periti soffriva della sindrome di Polle, un disturbo mentale che spinge un genitore a infliggere un danno fisico ai figli per farli credere malati e attirare l' attenzione su di sé.
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Ma un genetista nominato dalla difesa l' ha scagionata. Le due bambine potrebbero avere una mutazione genetica per la quale non riescono a espellere in modo corretto e velocemente i principi attivi dei medicinali, e il loro accumulo è tale da far pensare a un avvelenamento.
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Per questo, prima il Tribunale di Roma, il 29 ottobre scorso, poi quello di Napoli, il 22 novembre, hanno assolto con formula piena Marina, una mamma di 32 anni napoletana, che il 16 gennaio del 2017 era finita in carcere dopo aver partorito la terza figlia (e che per questo non ha potuto nemmeno allattarla). Ora è libera e aspetta di poter riabbracciare le figlie che nel frattempo sono state affidate a una comunità protetta: pende la decisione della Procura dei minorenni di sospensione della patria potestà.
«Ogni notte guardavo le sbarre della cella dov' ero rinchiusa: un dolore che nessuno potrà mai cancellare. Per difendermi avevo solo le mie parole», ha raccontato Marina che ripensa a quando, alcune settimane dopo l' arresto, l' avevano dovuta trasferire dal carcere di Pozzuoli per il tentativo di linciaggio di alcune detenute.
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Secondo le relazioni dei medici del Santobono di Napoli e del Bambino Gesù di Roma gli omicidi delle figlie si sarebbero dovuti realizzare in maniera subdola: con dosi eccessive di medicinali antiepilettici.
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La prima delle figlie di Marina a essere ricoverata è Vittoria, di appena tre mesi. Arriva al pronto soccorso dell' ospedale napoletano a novembre del 2015 con vomito, diarrea, cianosi, irrigidimento del corpo. Alcuni medici riconducono tutto a una forma di epilessia. Iniziano la cura con uno sciroppo a base di barbiturici e un altro medicinale a base sedativa e ammonio.
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Dosi massicce che non portano a nulla perché Vittoria il 29 gennaio del 2016 finisce in coma per i farmaci in corpo. La terapia le viene sospesa, ma un mese dopo mostra ancora tracce di sedativi e ammonio. I medici non hanno dubbi: la bimba è stata avvelenata dalla mamma, che viene segnalata al Tribunale dei minorenni.
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La bimba guarisce e torna a casa. A novembre del 2016 l' altra figlia di Marina, Asia, tre anni, dal Santobono viene trasferita al Bambino Gesù a causa di una violenta crisi respiratoria. Nel suo corpo i medici capitolini trovano benzodiazepine e anche questa volta accusano la mamma.
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Ma l' avvocato Domenico Pennacchio ha dimostrato che quelle tracce di sedativi erano il principio attivo del medicinale usato in rianimazione a Napoli, che il corpo della bimba non era riuscito ad espellere per la probabile mutazione metabolica e genetica. «Cerco giustizia, ma ora più di tutto fatemi riabbracciare le mie figlie», dice Marina.
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