Ugo Magri per la Stampa
DI MAIO SALVINI MATTARELLA
Di spifferi e indiscrezioni sul Colle ne arrivano una quantità, il weekend non ha fatto eccezione per cui Sergio Mattarella quasi certamente un' idea già se l' è fatta dei nomi che Cinque stelle e Lega andranno a sottoporgli. Ma adesso contano gli atti formali, cioè gli impegni pubblici da registrare a verbale nello studio alla Vetrata. Per cui il Presidente attenderà stamane che i protagonisti si facciano vivi per confermargli «siamo pronti».
Se ciò avverrà, come è altamente probabile, le delegazioni dei due partiti verranno convocate nel pomeriggio a riferire. E in quella circostanza finalmente verrà tolto il velo che copre il futuro premier, rivelandolo agli occhi dell' Italia. La storia dei veti che Mattarella sarebbe pronto a mettere, agitata dal solito Salvini con poco garbo istituzionale, lassù non trova riscontri.
MATTARELLA E SALVINI
Anzitutto perché il Capo dello Stato è consapevole delle difficoltà che costellano la via dell' accordo; alcuni suoi consiglieri sospettano che qualche protagonista non veda l' ora di tirarsi indietro, preoccupato dal grande passo, e magari coltivi la tentazione di rompere in extremis scaricandone la colpa sul Quirinale. Ecco spiegato come mai, ai toni accesi del leader leghista, da quelle parti nessuno replica, all' insegna dei nervi saldi.
PERICOLO RATING
Ma c' è un altro motivo per cui Mattarella (che pure gradirebbe un premier in grado di discutere da pari a pari con Macron e con la Merkel) difficilmente metterà veti sul nome suggerito dai due partiti, perfino se si trattasse di una figura sconosciuta al grande pubblico come il giurista Giuseppe Conte: senza svalutarne il potenziale ruolo, in questo preciso momento storico sembrano altre le postazioni più esposte del futuro governo, quelle su cui si accenderanno tutti i riflettori.
MATTARELLA E LUIGI DI MAIO
In particolare la casella decisiva, che farà pendere il giudizio dei mercati finanziari, della Bce e delle istituzioni europee, coincide senza dubbio con il dicastero dell' Economia. Anche su quella poltrona circolano un sacco di voci.
L' ultima, di fonte leghista, vedeva ieri sera in pole position un anziano economista di estrazione lamalfiana, Paolo Savona, che di recente ha cavalcato in maniera molto decisa la fuoriuscita dall' euro: dunque una figura di studioso che, a dispetto dell' anagrafe, viene da molti associata al «governo del cambiamento» quale alfiere della campagna contro i vincoli di Bruxelles.
giuseppe conte
Impossibile dire in che modo reagirebbero, prima ancora di Mattarella, le agenzie di rating, da ultimo piuttosto silenziose sebbene in grado di condizionare pesantemente le sorti della nazione: se abbassassero per sventura di un paio di punti il loro gradimento, già rasoterra, sui nostri Btp, la Banca centrale europea e lo stesso Mario Draghi dovrebbero sospendere l' acquisto dei titoli italiani, e le nostre banche sarebbero costrette (secondo certi warning piovuti da Francoforte e dintorni) a restituire oltre 100 miliardi.
UN UNICO INTERLOCUTORE
draghi euro
Dunque non si può scherzare. Oltre a Di Maio e a Salvini, i quali verranno sentiti separatamente, è possibile che irrompa nelle consultazioni uno sgradito ospite:Mr Spread. Nessuno se lo augura, tantomeno al Quirinale. Mattarella sembra fermamente deciso a seguire l' unica procedura possibile nei passaggi più delicati: quella prescritta dalla Costituzione.
Dove all' articolo 92 sta scritto che il Capo dello Stato nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri. Dunque il primo passo sarà appunto l' incarico di governo, chiaramente «con riserva». Da quel momento l' interlocutore di Mattarella sarà, appunto, l' incaricato. È con lui che discuterà tanto del programma quanto della squadra. Non allo scopo di azzerare il dibattito sulle cose da fare culminato nel famoso Contratto, ma perché ai fini della Costituzione conterà solo ed esclusivamente il discorso del nuovo premier in Parlamento con gli impegni lì elencati.
luigi di maio salvini
Idem per quanto riguarda la spartizione delle poltrone: gli accordi intercorsi tra Di Maio e Salvini, destinati entrambi a fare i ministri, sono patti legittimi tra soggetti privati. I quali interpretano la volontà popolare ma, come sta scritto all' articolo 1 della nostra Magna Charta, viene esercitata «nelle forme e nei limiti della Costituzione». Compito di Mattarella sarà farli rispettare.