Lettera di Daniele Macchini - Medico di Bergamo - a “la Verità”
lombardia ospedali
Dopo aver pensato a lungo se e cosa scrivere di ciò che ci sta accadendo, ho ritenuto che il silenzio non fosse da responsabili. Capisco la necessità di non creare panico, ma quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora chi se ne frega delle raccomandazioni e gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto rabbrividisco.
Bene, la situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente. Uno dopo l' altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso. Hanno tutt' altro che le complicazioni di un' influenza. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno. Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo.
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Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Ora però è arrivato quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l' altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell' unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell' intervento chirurgico c' è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale.
Ora, spiegatemi quale virus influenzale causa un dramma così rapido. Perché quella è la differenza (ora scendo un po' nel tecnico): nell' influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell'arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il virus distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie permette ai batteri normalmente residenti nelle alte vie di invadere bronchi e polmoni provocando casi più gravi. Il Covid-19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria Sars perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L' insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave.
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E mentre ci sono sui social ancora persone che si vantano di non aver paura ignorando le indicazioni, protestando perché le loro normali abitudini di vita sono messe «temporaneamente» in crisi, il disastro epidemiologico si va compiendo. E non esistono più chirurghi, urologi, ortopedici, siamo unicamente medici che diventano improvvisamente parte di un unico team per fronteggiare questo tsunami che ci ha travolto. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo.
ospedale luigi sacco milano 1
I risultati dei tamponi arrivano uno dopo l' altro: positivo, positivo, positivo. Improvvisamente il pronto soccorso è al collasso. Le disposizioni di emergenza vengono emanate: serve aiuto in pronto soccorso. La schermata del pc con i motivi degli accessi è sempre la stessa: febbre e difficoltà respiratoria, febbre e tosse, insufficienza respiratoria. Gli esami, la radiologia sempre con la stessa sentenza: polmonite interstiziale bilaterale.
Tutti da ricoverare. Qualcuno già da intubare e va in terapia intensiva. Per altri invece è tardi. La terapia intensiva diventa satura, e dove finisce la terapia intensiva se ne creano altre.
CORONAVIRUS A MILANO
Ogni ventilatore diventa come oro: quelli delle sale operatorie che hanno ormai sospeso la loro attività non urgente diventano posti da terapia intensiva che prima non esistevano.
Ho trovato incredibile come si sia riusciti a mettere in atto in così poco tempo un dispiego e una riorganizzazione di risorse così finemente architettata per prepararsi a un disastro di tale entità. Quei reparti che prima sembravano fantasmi ora sono saturi, pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Il personale è sfinito.
Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato. Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa. È da due settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli. Mi accontento di qualche videochiamata.
il centro di milano durante l'emergenza coronavirus 3
Perciò abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non è colpa vostra, lo so, ma di chi vi mette in testa che si sta esagerando. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Siamo dove le vostre paure vi potrebbero far stare lontani. Cercate di fare in modo di stare lontani. Dite ai vostri familiari anziani o con altre malattie di stare in casa. Portategliela voi la spesa per favore.
Noi non abbiamo alternativa. È il nostro lavoro.