Marina Ovsyannikova
Per il mondo occidentale è una sorta di piccola eroina del dissenso interno contro Vladimir Putin, lei che ha osato criticare in diretta lo zar e la sua guerra su uno dei canali più popolari (e filogovernativi) della Russia.
Eppure Marina Ovsyannikova, la giornalista che il 14 marzo si è presentata alle telecamere di Channel One Russia con il cartello «No alla guerra. La propaganda vi mente», vive una situazione paradossale: è disprezzata tanto dai russi quanto dagli ucraini.
I primi la considerano una sovversiva al soldo del nemico — «È una spia al servizio della Gran Bretagna», ha sostenuto il direttore della televisione dove lavorava — i secondi una traditrice in cerca di redenzione dopo aver contribuito a propagare le false verità del Cremlino.
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E, cosa ancora più grave, di averlo fatto pur essendo nata a Odessa. Nel Paese sotto attacco, la reporter è così malvista da essere stata costretta a cancellare, l’1 giugno, una conferenza stampa in programma a Kiev su un tema che pure le è familiare: «Come funziona la propaganda russa».
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Appena si è diffusa la voce, sulle pagine social di Interfax-Ucraina, l’organizzatore dell’evento, sono piovuti centinaia di commenti negativi, tra i quali ha persino cominciato a prender piede l’idea di organizzare una protesta sotto gli uffici dell’agenzia di stampa.
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Sta di fatto che, nel giro di un’ora, la conferenza è stata cancellata. È solo l’ultima di una serie di attacchi che le sono arrivati da più parti: il 14 aprile, alcuni attivisti ucraini hanno chiesto che la giornalista venisse licenziata da Die Welt, il quotidiano tedesco che l’ha assunta dopo che è stata rilasciata dal tribunale di Mosca. Solo una settimana più tardi, le è stato negato il “Premio per la libertà della Germania” come conseguenza di altre proteste.
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Ovsyannikova vive tuttora a Berlino. Ma ha già in programma di tornare a Mosca «perché lì è la mia casa e lì tornerò», ha ripetuto a Non è l’arena ieri sera. Lì abitano i suoi figli, che l’hanno accusata di avere «distrutto la loro famiglia», e l’ex marito, anche lui giornalista per RussiaToday che l’ha denunciata per levarle il diritto a vederli.
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«La mia vita è distrutta, non ho più niente», ha proseguito ai microfoni di La7. Neppure la simpatia dei suoi connazionali, che non le hanno perdonato il suo passato: lo dimostra la secca reazione dell’attivista ucraina Daria Kaleniuk alla notizia che le sarebbe stato consegnato il premio Vaclav Havel per il dissenso creativo: «È una vergogna».
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